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Mentre crepiamo voi continuate pure a discutere (e ad aiutare le banche)

Mentre le statistiche ci dicono che il Paese è nel baratro arriva la promessa del Job Act di Matteo Renzi. Ma gli italiani “bamboccioni”, “sfigati”, “choosy” e “lamentosi” stavolta hanno davvero perso la fiducia?
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Qualcuno promise un milione di posti di lavoro. Dal 2008 ad oggi, invece, ne abbiamo persi esattamente un milione. Nel frattempo molti giovani sono emigrati all'estero per crearsi una vita degna, altri invece, soprattutto le donne che hanno avuto dei figli, hanno semplicemente smesso di cercare. L‘annus horribilis, il 2013, ce lo siamo lasciati alle spalle. Ci hanno detto che è tutta colpa della crisi. Ma che presto qualcosa cambierà. Ce lo stanno dicendo da anni. Nel frattempo il sistema-Italia ha bruciato milionate d'euro per sostenere le banche. Oggi se n'è accorta anche la Commissione Europea che giustamente, seppur fuori tempo massimo, chiede spiegazioni al nostro Paese. Insomma: non abbiamo lavoro da offrire ai giovani, non abbiamo prospettive di sviluppo per trattenerli in Italia. Senza voler essere drammatici, stiamo crepando, collassando. Piano piano, con dolcezza. Siamo il «posto bello e inutile» che il professore de "La meglio gioventù" raccontava all'aspirante medico dopo l'esame all'università.

Matteo Renzi promette che il primo provvedimento del suo governo sarà il cosiddetto Jobs Act, ovvero una legge di riforma del mercato del lavoro che metta una pezza ai disastri lasciati dal lavoro portato avanti dal ministro alle Politiche Sociali del governo Monti, Elsa Fornero. Questa è la promessa. Vedremo la sostanza. Ma la vedremo a breve? Per ora, oltre la possente narrazione in Rete, c'è davvero poca carne nel piatto. In compenso si lavora sulle poltroncine da assegnare:i posti di sottogoverno, viceministri, sottosegretari e le nomine dei boiardi di Stato. L'emergenza delle emergenze, quella che distrugge il presente e cancella ogni prospettiva futura, ovvero la mancanza di lavoro, non è stata effettivamente affrontata se non con idee-spot.

Il titolo del quotidiano "Il Mattino" nel 1980 subito dopo il terremoto dell'Irpinia era "Fate presto". Lo ha riutilizzato Il Sole 24 Ore nel 2011 all'epoca del governo Monti e dell'allarme spread. Sono passati oltre due anni. Si è fatto poco e nulla. Perché oggi dovremmo credere che qualcosa cambierà? Perché, visto che i presupposti di base (governo di larghe intese, profonde divisioni delle forze politiche che lo sostengono su temi importanti) restano immutati rispetto ad un recente e fallimentare passato? Perché, visto che nemmeno le forze d'opposizione come il Movimento 5 Stelle sono state nei fatti capaci di combinare nulla, rendendosi protagoniste per lo più di ammuina ed epurazioni? Eppure anche stavolta, anche questa maledetta volta, avremo la pazienza di attendere. Seguiremo, discuteremo, aspetteremo. Senza preconcetti di base. Ma con una crescente sfiducia.
Bamboccioni, sfigati, choosy, lamentosi: chiediamo scusa. Noi italiani siamo fatti proprio male.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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