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Jessica tornerà a scuola: il Tar dà ragione alla famiglia della disabile

Il Tar della Campania ha ristabilito l’ordine e la sentenza parla chiaro: il diritto allo studio non può essere compresso o delimitato, e il provvedimento impugnato faceva esattamente questo. Resta una domanda: perché deve intervenire un tribunale per garantire il rispetto della Costituzione?
A cura di Gaia Bozza
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Il diritto allo studio non può essere compresso, circoscritto, delimitato. E non c'è ministero che tenga. L'ottava sezione del Tar della Campania ha deciso che Jessica Cardamuro deve tornare a scuola. Alla diciannovenne di Bacoli, in provincia di Napoli, le istituzioni scolastiche avevano chiuso le porte del liceo Seneca perché disabile e maggiorenne. Una circolare ministeriale prescrive esclusivamente la scuola professionale serale per adulti ai giovani disabili che abbiano compiuto 18 anni, che non possono iscriversi alle superiori con i loro compagni perché perdono il diritto al sostegno. Ma la Costituzione parla chiaro: se esiste l'articolo 34, che recita "la scuola è aperta a tutti", deve essere rispettato. Una sentenza storica, unica in Italia, che bacchetta il Ministero e insegna la democrazia.

Il primo luglio la famiglia Cardamuro riceve una pessima notizia: Jessica non potrà frequentare il primo anno di liceo insieme ai suoi amici. Una condizione che la madre, Oriana Saracino, non riesce ad accettare: "Mia figlia è affetta da ritardo psicomotorio e ha solo 19 anni, come potrebbe mai integrarsi in un contesto di adulti?", si sfogava con Fanpage.it.

Abbiamo contattato l'Ufficio scolastico regionale della Campania: il direttore Diego Bouché giurava di avere le mani legate, giurava che solo un intervento da parte delle istituzioni centrali avrebbe potuto cambiare la situazione. In seguito il ministero ha annunciato di voler intervenire, pareva che la situazione si stesse sbloccando anche per l'interessamento dell'associazione "Tuttiascuola", poi di nuovo blackout: il diritto alla scuola dev'essere proprio un problema complesso, visto che fino ad ora non si è trovata la quadra per inserire una deroga o – meglio – per cambiare la norma.

I genitori di Jessica, per fortuna, hanno fatto ricorso al Tar, che ha dato loro ragione: “Il Ministro della pubblica istruzione – si legge nella sentenza – provvede a garantire la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola, prevedendo il massimo sviluppo dell’esperienza scolastica della persona handicappata in tutti gli ordini e gradi di scuola". Ancora, "agli alunni handicappati è consentito il completamento della scuola dell'obbligo anche fino al compimento del diciottesimo anno d'età". Ma la parte più dura della sentenza è quella che chiama in causa il Ministero della Pubblica Istruzione: "Ne deriva l'illegittimità, per manifesta illogicità, dei provvedimenti impugnati, che hanno trattato il caso dell’ammissione di una alunna disabile ad un liceo scientifico come se si trattasse di delimitare il limite di età di assolvimento dell’obbligo scolastico comprimendo il diritto allo studio garantito dall’art. 34 (“La scuola è aperta a tutti (…) I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”) e dall’art. 38 (“Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale”) della Costituzione". Più chiaro di così.
Resta un dubbio: perché in Italia deve intervenire un tribunale per garantire il rispetto della Costituzione?

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