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Io, Sara, aiuto i disabili a volare

Ho deciso di intervistare Sara, assistente per disabili all’aeroporto di Fiumicino, sperando possa essere uno stimolo per molti a trovare la determinazione giusta per girare il mondo. Ché viaggiare è uno spettacolo, e nessuno deve esserne privato.
A cura di Iacopo Melio
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sara
Sara ha 28 anni e fa l'assistente "passeggeri a ridotta mobilità" all'aeroporto di Fiumicino.
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Quello del volo è un tema complicato per i disabili. Sappiamo tutti quanto il trasporto pubblico non sia ancora sufficientemente accessibile: potete solo immaginare le difficoltà che una persona con problemi motori vive nell’affrontare il cielo, a partire dall’ingombro che il suo paio di “scarpe” (la carrozzina) rappresenta, e che pochi addetti riescono a gestire.
Giusto un paio di mesi fa avevo pubblicato sulla mia pagina facebook la disavventura di Elena, una ragazza con una carrozzina speciale. “Speciale" nel vero senso della parola, per il fatto che io un mezzo in quel modo, a forma di lettino super tecnologico, proprio non l’avevo mai visto.

Elena aveva raccontato che nel suo viaggio per tornare a Londra, dove studia e vive da sola insieme a sua sorella, con la stessa patologia, la sua carrozzina non era stata accettata da una nota compagnia di volo. La motivazione? “Gli aerei non sopportano l’acido delle batterie del tuo lettino”. Ergo, resti con le ruote a terra. Eppure tre mesi prima la ragazza e il suo fichissimo destriero avevano già viaggiato: stessa compagnia, stessa tratta, nessun intoppo.
Risulta ovvio che il problema maggiore, spesso, è il fatto di non sapere in quali mani una persona possa capitare: lo staff della cosiddetta "assistenza speciale" (quelli che ti portano il bagaglio se non puoi farlo da solo e che ti accompagnano all'entrata accessibile dell'aereo) sono persone, e in quanto tali possono sbagliare o, quantomeno, non sono dotati della stessa sensibilità. In quel caso specifico, così superficiale da non rendersi conto che anziché con l’acido le batterie di Elena erano composte da GEL: dunque tollerate dal regolamento.

Per fortuna però, per ogni brutta storia, ce ne sono altrettante a lieto fine. Questo grazie a molti assistenti che prendono a cuore il loro lavoro e che non guardano delle carrozzine elettriche con sospetto. Persone che con la loro gentilezza e preparazione, con la loro accortezza e capacità, permettono ogni giorno a decine di carrozzati di spiccare il volo ed essere più indipendenti e liberi possibili. Perché sì, anche i disabili possono viaggiare se sono messi nelle condizioni di farlo, mentre la maggior parte di questi si arrende in partenza per evitare esperienze poco piacevoli.
Ho deciso quindi di intervistare Sara, assistente per disabili all’aeroporto di Fiumicino, sperando possa essere uno stimolo per molti a trovare la determinazione giusta per girare il mondo. Ché viaggiare è uno spettacolo, e nessuno deve esserne privato.

Ciao Sara! Presentati brevemente…

“Ciao Iacopo! Ho 27 anni, quasi 28 (ahimé), e ancora mi chiedo cosa vorrei realmente fare da grande! Ho intrapreso molte strade diverse fino ad ora e l'unica certezza che ho è che metto molto cuore in ciò che faccio, soprattutto a lavoro”.

Come hai fatto a diventare assistente di volo? (A proposito, si dice così?)

“No, per la precisazione non sono assistente di volo, ma ‘assistente passeggeri a Ridotta Mobilità', presso l'Aeroporto ‘Leonardo da Vinci' di Fiumicino, a Roma. Non mi sono dedicata a particolari studi, conosco solo bene l'inglese e ho sperato in un colloquio in un periodo così difficile per noi giovani per quanto riguarda il lavoro. Sono stata fortunata! Chiaramente ho provato subito un particolare interesse per quello che sarebbe stato poi il lato umano e sensibile di questa professione”.

Ci racconti di preciso in cosa consiste il tuo lavoro?

“Prestare assistenza a coloro che per disabilità, o necessità particolari, hanno bisogno di un aiuto per raggiungere l'aereo in caso di partenza o l'uscita in caso di arrivo. Per il tempo in cui queste persone si trattengono in aeroporto posso fornire loro qualsiasi tipo di aiuto, in base alle loro necessità più disparate: da persone anziane che da sole si perderebbero, a disabili che non hanno possibilità di spostarsi autonomamente (siano le loro difficoltà motorie, mentali o sensoriali)”.

Ecco, nello specifico quali sono gli “aiuti” che un disabile può ricevere?

“Ogni persona può e vuole ricevere un aiuto diverso: per questo dopo aver salutato la persona in questione chiedo sempre, in modo cortese, come posso aiutarla. Questo per cercare sempre di non essere troppo invadente o compassionevole, una cosa che reputo profondamente fuori luogo. Ad esempio, quando vado ad accogliere una persona in aereo, per prassi devo portare sempre e comunque una sedia a rotelle, ma aspetto che sia la persona a chiedermi di sedersi se ne avesse bisogno (non sempre infatti lo preferiscono), altrimenti non lo propongo.
Ci sono poi aiuti che possono risultare più indispensabili di altri, ad esempio nel caso di una persona con completa disabilità motoria: io e i miei colleghi la aiutiamo fisicamente a prendere posto in aereo, trasportandola all'interno con una sedia a rotelle molto stretta, fatta su misura per attraversare il corridoio dell'aereo, e una volta giunti al posto assegnato aiutiamo la persona ad accomodarsi sul sedile, sollevandola con cura (assistenza che bisogna prestare in due, insieme ad un altro/a collega)”.

Se un disabile volesse prendere l’aereo, può farlo agilmente? Quali sono le maggiori difficoltà che incontrerebbe?

“Un disabile può volare, ma non sempre agilmente. Mi spiego meglio: può capitare di avere qualche difficoltà con le regole di volo o le strutture, come passaggi e corridoi alle volte troppo stretti o posti assegnati poco comodi per spostare in modo confortevole il passeggero dalla ‘nostra' sedia al sedile, e viceversa.
Per essere più chiara, sarebbe ideale per noi che prestiamo assistenza, ma soprattutto per la persona che ha ad esempio una grave disabilità motoria, che possano essere riservati i primi posti dell'aereo, dove vi è maggiore spazio e non c'è così bisogno di spostamenti faticosi ma, anzi, basterebbe arrivare al sedile con la propria carrozzina.
Spesso questo non accade, e credo che per una persona disabile sia un'ulteriore ed inutile fatica quella di venire catapultato a destra e sinistra prima di sedersi al proprio posto (magari in fondo all'aereo, rendendo complicato per noi essere d'aiuto)".

Un tipo di assistenza simile va prenotata o la si può avere sul momento? Penso ad esempio ad un viaggio improvviso dovuto ad un’emergenza…

“Si può richiedere in entrambi i modi, sia anticipatamente al momento della prenotazione del volo oppure direttamente, al momento del check-in una volta arrivati in aeroporto”.

Quindi, ricapitolando: io, disabile, voglio partire per una vacanza di due giorni a Parigi. Arrivo all’aeroporto, e a quel punto cosa succede?

“Vicino le porte dell'entrata, in aeroporto, ci sono delle colonnine computerizzate tramite le quali potrai chiamare la sala delle assistenze. Oppure basta recarsi al desk del check-in e richiedere all'impiegato all'accettazione una determinata assistenza per raggiungere i controlli di sicurezza, la porta d'imbarco ed infine l'aereo stesso. Nel momento in cui si richiede l'assistenza durante il check-in in partenza, automaticamente l'assistenza viene assegnata anche per l'aeroporto di arrivo così quando l'aereo arriverà a destinazione ci saranno già gli addetti che ti aiuteranno a raggiungere l'uscita a Parigi! Stessa cosa dovrai fare al ritorno, in modo da essere aiutato a raggiungere l'aereo, e al tuo arrivo a Roma ci saremo noi ad aiutarti nel tragitto dall'aereo ai bagagli, fino all'uscita”.

Il tuo entusiasmo fa sembrare tutto molto facile. È mai capitato che qualcuno non sia riuscito a partire, in tua presenza?

“Sì, è capitato ma non a causa della sua disabilità. Succede spesso che qualcuno perda le coincidenze degli aerei, e nel caso di un disabile diventa grave quando il viaggio serve ad esempio per recarsi a delle visite mediche. In questi casi non si può fare altro che cercare di rassicurare le persone, offrendo il proprio appoggio morale o il proprio aiuto, anche se in quel senso ‘inutile'. L'empatia è importante. Mi sono resa conto che molto spesso le persone hanno bisogno anche solo di essere ascoltate: sembra poco, ma in un mondo così distratto e superficiale non lo è”.

Avrai letto la storia di Elena, che ho raccontato a inizio articolo… Cosa ne pensi al riguardo, e come giudichi il grado di assistenza che abbiamo in Italia per il volo?

“Sì, avevo letto, e purtroppo non è nulla di nuovo. Mi capita spesso di trovarmi in situazioni che creano forte disagio alle persone alle quali presto assistenza per colpa di operatori che non hanno sufficiente scrupolosità o accortezza nel fare il loro lavoro.
Un mese fa mi è successa la stessa identica cosa con una ragazza svedese, fortunatamente io e sua sorella siamo state abbastanza testarde da far in modo che l'impiagata al check-in chiamasse un supervisore per controllare quelle caratteristiche per cui una sedia a motore non può essere imbarcata (nel suo caso il troppo peso). Fortunatamente abbiamo risolto, però tutto questo stress non dovrebbero accadere: dobbiamo sensibilizzare affinché i disabili non siano trattati come un peso o una scocciatura, ma anche per costruire strutture adeguate e stabilire procedure specifiche all’avanguardia, per poter viaggiare ma anche fare altro, nel pieno dei loro diritti.
Comunque voglio mandare un saluto a Elena. Spero che se dovesse capitare a Roma possa avere il piacere di conoscerla. Per quello che riguarda me e molti miei colleghi, vi assicuro che ci mettiamo tutto il nostro impegno per assistere chiunque nel migliore dei modi”.

Sei testarda, sognatrice o incosciente?

 “Diciamo che nel mio piccolo cerco di pretendere il massimo per gli altri, ad esempio che venga fornita la sedia personale di qualcuno immediatamente fuori dall'aereo, perché magari ne ha estremo bisogno. Oppure quando posso chiedo di scambiare i posti di un passeggero per facilitargli le cose. Bastano piccole accortezze per fare la differenza, evitando seccature.
Prima di essere scortesi, negligenti o avventati dobbiamo imparare a metterci nei panni dell'altro e provare a vedere le cose con i suoi occhi”.

Aiutare gli altri diventa quasi una missione, quindi. Cos’altro ti piace del tuo lavoro?

“Poter apprezzare ogni giorno la diversità delle persone. Modi di vivere, punti di vista, stili di vita, storie, passioni, culture, umorismi diversi da ogni parte del mondo, lingue di cui non sapevo neanche l'esistenza!
Ogni volta mi emoziono tantissimo quando mi trovo a salutare una persona a cui ho dato il mio aiuto, che magari parla una lingua assurda e non sapendo in quale altro modo dirmi ‘grazie' mi regala un sorriso a novanta denti stampato sulla faccia e negli occhi. Mi fa davvero bene”.

Raccontaci un episodio negativo che ti ha colpito particolarmente.

“Mentre aiutavo una ragazza con gravi disabilità motorie, Maria Grazia, ad accomodarsi al suo posto in aereo, io e la mia collega ci abbiamo messo qualche minuto di più perché c’erano necessità particolari. Nello stesso momento si è avvicinata la Hostess di volo che con aria seccata si è rivolta a noi con un secco ‘Sbrigatevi! I passeggeri sono nervosi!'.
Ecco, mi sono sentita crollare addosso un'infinita tristezza (e rabbia): mi sono messa nei panni di Maria Grazia che in quel momento si sarà sentita alla stregua di un pacco o di un bagaglio… O magari non le sarà importato nulla perché intelligentemente ci ha sorriso e ci ha detto con serenità ‘Non fa niente, lasciate stare'.
Lì ho capito che c'è davvero bisogno di una sensibilizzazione generale, globale, sulla disabilità”.

E invece un episodio che ti ha emozionato e che non dimenticherai mai?

“È successo lo scorso Luglio, quando una signora araba, Zora, mi vede e mi dice: ‘Sara! Bella! Come stai? Che piacere rivederti di nuovo! Sono così felice che ci sia di nuovo tu qui con me'. L’avevo aiutata lo scorso anno a partire per il Marocco dove torna a trovare la sua famiglia, e al rientro dal solito viaggio mi ha riconosciuta ed era contentissima, dandomi un grande abbraccio!
Un’altra signora anziana che ho aiutato lo scorso anno ha parlato con me per più di un’ora: quante risate ci siamo fatte, fino alle lacrime! Mi ha raccontato della sua vita, di come fosse rimasta vedova molti anni prima, di come il marito non l'abbia mai abbandonata nonostante tutti i suoi problemi… E prima di andare via, guardando i suoi orecchini e dicendole che erano bellissimi, si è tolta gli orecchini e mi ha: ‘Prendili, così ti ricorderai per sempre di me. Io mi ricorderò sempre dei tuoi occhi così gentili'.
Piccoli gesti che però non hanno prezzo e che porterò sempre nel cuore: la gratitudine, così sincera delle persone, ti fa pensare che qualcosa di buono per migliorare una giornata a qualcuno lo si può sempre fare”.

Grazie Sara, il tuo entusiasmo è sicuramente di incoraggiamento per coloro che hanno paura ad affrontare un’ “avventura” simile, facendo capire che di un’esperienza negativa non dobbiamo farne una generalizzazione. Anzi: ci sono un sacco di persone, preparate e competenti, disposte ad attivarsi per aiutare gli altri…
Detto questo, io non ho mai volato: quando ce ne andiamo a Parigi insieme? (provolone mode ON)

Ride.  “Eh beh, credo sia ora di iniziare! Io non sono mai stata a Parigi… Andiamo! Oltre il treno, perché non #vorreiprendereilvolo?”

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Laureato in Scienze Politiche (curriculum in "comunicazione, media e giornalismo"). Racconta le storie degli altri come giornalista, scrittore e attivista per i diritti umani e civili. Vincitore del Premio "Cittadino Europeo" nel 2017, è stato nominato "Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana" da Sergio Mattarella nel 2018.
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