Maltrattamenti fisici, umiliazioni e violenza verbale subita in famiglia ‘in quanto donna'. Rosaria (nome di fantasia) ha scritto a Fanpage per raccontare a quali abusi psicologici è stata sottoposta in famiglia. "Ai miei fratelli maschi era permesso studiare e oziare, io dovevo occuparmi della casa". Rosaria, che si è rivolta anche allo Sportello donna del suo territorio, però, non cerca compassione. "Chiedo aiuto a chiunque possa aiutarmi a uscire da questo incubo con un semplice lavoro. So che il momento è terribile, ma se qualcuno può aiutarmi a partire gli sarei immensamente grata".
"Ho 30 anni e da 22 subisco violenza fisica e psicologica da parte della mia famiglia. Se qualcuno si chiede per quale motivo non me ne sono andata di casa alla maggiore età, pregherei di leggere attentamente la mia storia. La mia famiglia è la classica famiglia bigotta, razzista, sessista, omofoba e ignorante. Famiglie così ce ne sono tante purtroppo. Fin da quando ero piccola, subisco violenza verbale e fisica in quanto "essendo femmina", mi obbligano alle faccende di casa, non vengo rispettata e vengo minacciata di ricevere botte. Non ho scelta: o subisco o vengo insultata e picchiata. Ai miei fratelli, tutto questo non veniva fatto. Loro potevano tranquillamente sporcare, non fare la spesa, non buttare la spazzatura, uscire con gli amici e fare quello che volevano. Essendo maschi erano liberi da ogni fatica. La mia infanzia e adolescenza l'ho passata in casa a pulire. Mi vietavano anche di studiare ‘perché perdi solo tempo e poi non sei capace a fare niente' dicevano. Uno dei motivi per i quali a scuola non sono mai stata tanto brava era questo: perché non mi facevano mai fare i miei doveri da studentessa.
Già a 10 anni soffrivo d'ansia e depressione. Mi ricordo, quando a una mia compagna di classe molto brava chiesi: "Ma come fai a essere così intelligente se devi anche pulire casa?". Lei sgranò gli occhi e disse: "Come pulire casa? Io ho solo 9 anni, quelle cose le fanno i miei genitori". Per me era impossibile essere una bambina spensierata. Io avevo ‘le mie faccende domestiche da fare'. Nella mia testa, era diventato automatico questo pensiero, ovvero, di come potesse conciliare le due cose. Uno dei momenti peggiori della mia vita (e che in realtà doveva essere uno dei più importanti per una donna), fu il mio primo ciclo mestruale. Ovviamente, non sapevo assolutamente cosa stesse capitando al mio corpo. Chiesi a mia madre, con voce tremante e lacrime cosa mi stesse capitando. Lei mi sorrise e mi disse: ‘Sei diventato signorina!' Ma il trauma più grande, fu la frase seguente: ‘Ora dovrò farti uscire molto di meno'. Già io non uscivo affatto, in più questa frase, mi fece pensare che questa trasformazione era qualcosa di grave e che nessuno dovesse esserne al corrente. Sono diventata signorina senza minimamente essere a conoscenza di questo cambiamento che mi ha turbato e mi ha fatto vergognare per anni. Io fino a 12 anni, ho fatto una vita da reclusa. Non ricevevo mai soddisfazione, approvazione dalla mia famiglia. Se a scuola prendevo un bel voto, la risposta era: ‘Per forza, con tutto il tempo che perdi a studiare, è il minimo'. Se prendevo un brutto voto invece era: " Be', con tutto il tempo che perdi a studiare, fai pure così schifo?".
Non si soffermavano mai, su quanto mi ferissero quelle parole e del danno che mi stavano procurando. Venivo sempre usato come sfogo delle loro derisioni e maltrattamenti. Il tutto sotto gli occhi indifferenti dei miei genitori che non hanno mai preso le mie difese. Ovviamente tutto ciò mi procurò bassa autostima, incapacità a credere in me stessa, incapacità a crescere. Sulle cose in cui non sono mai stata brava, punzecchiavano con gusto e cattiveria. Quasi come se fosse un piacere, per loro vedermi star male. Per esempio la matematica. Mi hanno sempre trattato da stupida, perché non la capivo e non mi hanno mai rafforzato per rendermi più sicura di me. Altri episodi che mi hanno lasciato ferite indelebili, sono ovviamente le percosse. C'è stato un periodo, che ne prendevo tutti i giorni. "Solo" perché volevo studiare e poi aiutare mia madre in casa.
Un altro episodio che non scorderò più, è stato un tentativo di stupro, da un signore di 50 anni, quando io di anni ne avevo 19. Quando dissi a loro che questo signore, si appostava sempre, tutti i giorni, tutto il giorno sotto casa mia, la loro risposta fu: ‘Per forza, sei sempre fuori, gli passi davanti coi capelli sciolti e i pantaloncini corti. È colpa tua se lui viene qui'. Premetto che era estate e non andavo in giro nuda. I pantaloncini mi arrivano sotto il ginocchio. Per colpa sua, io fui obbligata a indossare abiti invernali per evitare i suoi sguardi. Inevitabilmente ingrassai di 10 chili. Tutte queste privazioni, queste sottomissioni e queste angherie, mi portarono a uno stato di depressione profonda a soli 19 anni. Anche a scuola era un incubo. Non parlavo con nessuno e non mi tenevo curata, perché "guai" a truccarsi e rendersi carine. Il primo tentativo di suicidio lo feci a 11 anni. Poi a 15 e infine a 19. Ogni giorno, penso se sia giusto continuare a vivere o se è più giusto farla finita. Ora non mi picchiano più. Ma comunque mi offendano, mi denigrano, mi trattano male, mi privano di tutto, mi parlano male alle spalle.
Vado ogni settimana allo sportello delle donne per sfogarmi. Mi han detto che il mio è un percorso lungo e difficile ma che se mi impegno, posso farcela. Se non me ne sono andata di casa è solo perché non ho un lavoro. E a parte il fatto di come è messa l'Italia, io con i miei attacchi d'ansia e bassa autostima, faccio fatica anche solo a pensare, al modo in cui mi potrebbero trattare sul luogo di lavoro. Di fatti, da un mio precedente lavoro, non ho accettato il rinnovo, perché venivo maltrattata in quanto donna. Provai a cercare lavoro all'estero. Loro ovviamente, sogghignarono sapendo che non ce l'avrei mai fatta. Infatti ho creduto alle loro parole e dopo due settimane sono tornata, con la coda tra le gambe. L'unico aspetto positivo è stato l'allontanamento da loro. Anche qui, non mancarono ingiurie e cattiverie. Ma credo che la peggiore, fu la frase di mia madre, invidiosa del fatto che scegliessi di vivere come volevo, che stavo per fare il mio primo viaggio all'estero e che prendessi l'aereo. Mi guardò con disprezzo e disse: ‘Spero che l'aereo cada e che moriate tutti'.
Chiedo aiuto a chiunque, possa aiutarmi a uscire da questo incubo con un semplice lavoro. So che il momento è terribile ma se qualcuno può aiutarmi a partire gli sarei immensamente grata".