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“Io, docente precaria da 6 anni, dico: se vuoi insegnare in Italia devi pagare il pizzo di Stato”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una docente precaria da almeno 6 anni: “In Italia se vuoi insegnare a scuola devi pagare il pizzo di Stato. Anzi, devi pagare, con il benestare dello Stato, la tangente alle università pubbliche, ma soprattutto private. Ecco perché”.
A cura di Redazione
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Pubblichiamo di seguito la lunga lettera che ci ha scritto una ragazza campana a proposito della sua esperienza nel mondo del lavoro, nello specifico in quello della scuola dove è precaria da 6 anni.

La lettera a Fanpage.it

Gentilissima redazione,
sono docente precaria da 6 anni e negli ultimi anni ho vissuto la deriva incostituzionale del sistema di reclutamento fino alle ultime vergognose novità relative ai percorsi abilitanti e ai concorsi PNRR. Sono meravigliata che se ne parli così poco, la situazione è davvero grave.

In Italia se vuoi insegnare devi pagare il pizzo di Stato. Anzi, devi pagare, con il benestare dello Stato, la tangente alle università pubbliche, ma soprattutto private. Attualmente, se risulti vincitore di concorso pubblico non vinci un contratto a tempo indeterminato, ma la possibilità di sottoscrivere l’ennesimo contratto a tempo determinato e contemporaneamente di pagare dai 1500 ai 2500 euro un'università pubblica o soprattutto privata per seguire corsi che dovrebbero insegnarti a insegnare (peccato che nel frattempo sono già anni che lo Stato ti usa per insegnare da precario). In questi corsi ripeterai le stesse cose che hai studiato per vincere il concorso, cose che hai già dimostrato di sapere, perché il concorso lo hai anche superato. Solo dopo aver svolto l’ulteriore anno a tempo determinato, aver pagato dai 1500 ai 2500 euro, potrai sostenere l'anno di formazione e prova prima della conferma in ruolo.

Che vuol dire? Che non è finita qui: solo se al termine dell’anno di formazione e prova verrai giudicato idoneo allora, finalmente, potrai essere di ruolo. Intanto sono passati due anni di vita dalla vittoria del concorso: se avevi intenzione di mettere in cantiere una gravidanza, hai dovuto desistere per il momento, perché durante l’anno di formazione e prova devi garantire la presenza per almeno 180 giorni e non puoi andare in maternità; se volevi chiedere un mutuo non hai potuto farlo, perché senza l’indeterminato non te lo danno; se volevi prendere casa in affitto hai dovuto lottare, perché i proprietari vogliono certezze e non contratti da precario. Ma giustamente prima di ritenerti idoneo al ruolo, lo Stato ha bisogno di anni e anni da insegnante precario, un concorso, un corso abilitante a pagamento dove si ripetono le stesse cose che hai studiato per superare il concorso e per insegnare la tua materia da anni, e infine un anno di formazione e prova.

Eppure l’articolo 3 della nostra Costituzione lo conosciamo tutti e dovremmo ricordare la parte che afferma che: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Ma scusate, un corso dai 1500 ai 2500 euro obbligatorio per ottenere un contratto a tempo indeterminato dopo aver vinto un concorso pubblico, non è forse un ostacolo di ordine economico e sociale? Se tra i vincitori di concorso dovesse esserci qualcuno che non è in possesso di questa cifra, lo Stato cosa gli dirà? "Non puoi ottenere il posto che hai vinto, perché non hai soldi" oppure "Vedi un po’ se qualche banca ti fa un prestito!". Ma non sono le associazioni a delinquere a chiedere soldi per assicurare posti di lavoro? Non è possibile che non ci sia indignazione in merito a questa situazione, che nessuno ne parli, che passi per normale che lo Stato si organizzi secondo un modo di fare delinquenziale: che lo Stato imponga tangenti da far riscuotere alle università e nessuno tuteli il cittadino attenendosi a uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione che all’art. 3 parla chiaramente di uguaglianza e di rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale.

E, invece, chi non è vincitore di concorso che fine farà? Deve correre ad abilitarsi, perché ai prossimi concorsi senza abilitazione non si potrà accedere. Quindi via ad altri percorsi abilitanti a pagamento presso le università pubbliche, ma soprattutto private. Percorsi per tutti i gusti: da 60; 60 meno 24; 36; 36 meno 6. Stiamo dando i numeri? Stiamo dando CFU, cioè "Crediti Formativi Universitari", inutili e ripetitivi CFU da collezione per ottenere i quali bisognerà sostenere un anno di studio più tirocinio che impedirà di lavorare a tempo pieno.

Inoltre, molti docenti saranno costretti a sostenere più di un corso di abilitazione. Infatti chi può insegnare più materie e ha accesso a più classi di concorso affini non potrà avvalersi dell’abilitazione per ambiti orizzontali, ma dovrà sostenere un’abilitazione per ogni classe di concorso (tranne nei pochissimi casi di classi di concorso recentemente accorpate). Considerando che c’è chi ha accesso anche a 6 classi di concorso, fate un po’ voi i calcoli. Ma siamo sicuri che pagare tutti questi soldi e anni di vita per frequentare percorsi ripetitivi ai limiti del ridicolo e dell’offensivo sia finalizzato a una formazione professionale di qualità? È chiaro che il fine di questo sistema di formazione non è la qualità professionale, altrimenti lo Stato investirebbe le proprie risorse pubbliche per formare docenti validi e si preoccuperebbe di reclutarli per la loro formazione reale, per le effettive competenze disciplinari e pedagogiche e per appropriate caratteristiche psico-attitudinali. Il focus di questo sistema di formazione è sui soldi da spendere e il tempo da perdere.

Vi darò un’altra prova della malafede dello Stato e di tutti quelli che promuovono e non contrastano questo sistema di reclutamento. Tale prova consiste nello spropositato punteggio attribuito all’abilitazione su materia nella graduatoria provinciale per le supplenze (GPS) del sostegno. Dal punto di vista formativo e professionale gli insegnanti di sostegno non sono interessati al conseguimento dell’abilitazione su materia, perché già specializzati sul sostegno con percorsi ad hoc. Invece cosa fa lo Stato? Fa valere l’abilitazione 36 punti nelle GPS sostegno. Questa decisione non ha alcuna logica formativa: perché l’abilitazione su materia, che su un’altra materia vale solo 3 punti come titolo aggiuntivo, sul sostegno ne vale 36 cioè quanto tre anni di lavoro (nelle GPS un anno di lavoro vale 12 punti)? Non si capisce il motivo, perché è ancora una volta vergognosamente economico: se l’abilitazione su materia fosse valsa solo 3 punti nelle GPS sostegno, gli insegnanti di sostegno non avrebbero avuto alcun motivo per prenderla, lasciando sprovviste le università pubbliche e soprattutto quelle private dei loro 2000 euro cadauno. Bisognava trovare quindi un modo per costringere anche chi non ne aveva alcuna necessità formativa a spillare questi soldi e così, stilando le tabelle dei titoli per le GPS, il legislatore ha ben deciso di far corrispondere un corso di 2000 euro e pochi mesi di lezioni online a 3 anni di servizio.

La punizione dello Stato nei confronti di chi aveva deciso di non farsi estorcere questi 2000 euro è esemplare: 36 punti in meno rispetto ai colleghi diligenti pronti all’estorsione, così in questi due anni prima del prossimo aggiornamento delle GPS quelli che hanno rifiutato l’estorsione ci penseranno bene prima di decidere di non mettere mano al portafoglio per conseguire l’ennesimo corso inutile ai fini della propria professione. Vi è venuta la nausea? Questa è l’Italia e questi sono i suoi sistemi di reclutamento, che calpestano la Costituzione e la dignità umana.

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