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Intervista ai No Tav: le ragioni dell’opposizione all’alta velocità Torino – Lione

Un’infrastruttura dal costo di 40 miliardi di euro, più di una finanziaria, del tutto inutile. Traffico merci in calo, esistenza di numerosi valichi alpini e il pericolo ambientale per l’uranio presente nelle montagne del cantiere che non c’è. Ecco i perché del No alla Tav.
A cura di Alessio Viscardi
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Intervista ai No Tav: le ragioni dell'opposizione all'alta velocità Torino Lione

Lo chiamano “No-Tav Tour”, un giro in dieci capoluoghi italiani per spiegare alla nazione i perché dell’opposizione alla nuova linea ferroviaria ad alta velocità Torino – Lione. Una delle più costose infrastrutture messe in cantiere da oltre vent’anni e teatro di durissimi scontri tra polizia e manifestanti questa estate. Oggi, migliaia di persone marciano verso il cantiere fantasma, aperto dalla polizia e militarmente presidiato per non perdere finanziamenti europei in luglio, con l’obiettivo di “tagliare la recinzione” – azione simbolica, ma molto pericolosa. Dopo gli scontri del 15 ottobre a Roma, si teme che i cosiddetti “black bloc”, tra cui molti manifestanti No-Tav, possano dar luogo a nuova giornata di fuoco, nonostante gli organizzatori abbiano deciso di marciare pacificamente in Val Susa.

Intervista ai No Tav: ecco perché non vogliamo l'alta velocità

Infrastruttura costosa e inutile, pericoli ambientali e lobby finanziarie dietro alla linea ad alta velocità Torino – Lione

Ma quali sono le cause dell’opposizione a questa infrastruttura, definita “strategica” da tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi venti anni? Lo abbiamo chiesto a Dario Muto, uno dei “no-Tav” impegnati nell’opera di informazione in giro per lo stivale.

Una grande manifestazione contro un’opera che voi definite inutile?
L’opera è inutile da tutti i punti di vista. La Val di Susa è già infrastrutturata: ci sono 4 valichi alpini e autostradali, a sud c’è quello di Ventimiglia e poi ci sono quelli del Gottardo e del Brennero. Bisognerebbe ammodernarle e potenziarne la manutenzione. In particolare, la linea ferroviaria del Frejus è stata recentemente ristrutturata per permettere il passaggio dei container navali, rendendo del tutto superflua la costruzione di un nuovo valico nella valle – dove passa già il 30% dei trasporti via terra con uno sfruttamento della ferrovia esistente di solo il 25%.

Quali sono le cifre e i capitali in gioco?
Tutti gli esperti indicano in 40 miliardi di euro il costo della Tav Torino – Lione. Una cifra folle anche se quest’opera dovesse avere un qualche ricavo, soprattutto in un periodo di crisi internazionale così forte. Più di una finanziaria.

Come è cambiata la vostra lotta nel corso di questi venti anni?
C’è stata una maggiore partecipazione della popolazione, ma anche la qualità delle esperienze messe in campo. Molte realtà lontane si sono unite nel movimento No-Tav, che è diventato capace di aggregare le diverse sensibilità. Ci preoccupano gli scontri e la militarizzazione, perché il movimento è non-violento e gli organizzatori preferiscono che le manifestazioni si concludano senza feriti o arresti.

Una lotta difficile da comprendere, perché la gente non riesce a capire come mai vi opponiate allo scavo di un tunnel sotto una montagna.
È stata una lotta difficile da far capire anche nella Valle e a Torino, è difficile far capire che noi non ci opponiamo a una ferrovia che deve passare sotto casa nostra. Noi vogliamo che queste opere faraoniche e inutili non siano costruite da nessuna parte. Bisogna potenziare il servizio ferroviario già esistente e migliorare la qualità dei convogli merci che sferragliano nel nostro paese già oggi. Le dorsali super-veloci che corrono a 300kmh orari non servono, noi non abbiamo nemmeno una geografia comparabile a quella di Spagna e Fracia – maggiormente pianeggianti – che giustifichino la loro costruzione.

Ci sono anche remore per l’impatto ambientale che la Tav avrebbe sulla Val di Susa?
Si, soprattutto perché le nostre montagne sono piene di amianto, uranio e radon. Un cantiere di così grandi dimensioni che dovrebbe durare più di trent’anni significherebbe inquinare tutta la Valle in modo irreversibile.

Chi è che ci guadagna dalla Tav?
Ci guadagna la politica, ma non i partiti. Singoli politici, che – come scrive Marco Travaglio – sono tenuti al guinzaglio dei poteri economici. Poi ci sono imprese e istituti, dato che i soldi investiti sono pubblici e vengono presi a debito dalle banche. Assicura tutto lo Stato con i soldi nostri.

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