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Intervista a Pino Carbone su “Luci della città / Stefano Cucchi” (VIDEO)

Il regista napoletano Pino Carbone porta in scena al Nest “Luci della città / Stefano Cucchi” uno spettacolo, scritto insieme a Francesca De Nicolais, che ripercorre la tragica vicenda del giovane romano deceduto nel 2009 durante la custodia cautelare e che Carbone fa rivivere attraverso la figura di Charlie Chaplin.
A cura di Andrea Esposito
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Siamo andati al Nest – Napoli Est Teatro di San Giovani a Teduccio per documentarvi il lavoro di un regista napoletano, classe 1978, che già da qualche tempo si sta affermando sui palcoscenici non solo nostrani come una delle voci più ispirate del nuovo teatro italiano. Questo regista e autore si chiama Pino Carbone e la sua è una ricerca che merita molta attenzione. Proviamo a spiegarne i motivi.

Lo spettacolo che vi documentiamo è “Luci della città / Stefano Cucchi” un lavoro duro, a tratti struggente e nel complesso molto ispirato che affronta la tragica vicenda del giovane romano morto nel 2009 durante la custodia cautelare. "Luci della città" racchiude in sé molti degli elementi centrali del teatro di Carbone, innanzitutto perché si tratta di uno spettacolo “piccolo” e agile dal punto di vista produttivo: un'attrice, la bravissima Francesca De Nicolais che è anche coautrice della drammaturgia e collaboratrice di Carbone già da diversi anni, pochi oggetti di scena e solo le luci indispensabili. È uno spettacolo, come mi spiega Carbone, "pensato per essere realizzato ovunque, anche in luoghi non teatrali, improvvisati, senza alcun tipo di sostegno produttivo". E questo è il già il primo tratto saliente di un teatro che, dovendo fare i conti con le ristrettezze produttive e l'assenza di circuiti distributivi, ha fatto di questo limite un punto di forza dando forma a spettacoli asciutti, essenziali, diretti che, da un lato, sono una naturale reazione alle fastose produzioni pubbliche; dall'altro, rispondono alle narcisistiche intemperanze del teatro di ricerca dei primi anni 2000.

La seconda caratteristica che fa di questo lavoro, e di questo regista, un emblema del Nuovissimo Teatro è quella di essere fortemente legato ad una comunità artistica, coesa e solidale, che vive per lo più fuori dai circuiti pubblici ed è ramificata in tutta Italia. È in questi luoghi da Torino fino a Palermo che una nuova generazione di attori e registi si sta formando ed è qui che stanno nascendo nuove ed interessanti proposte artistiche e produttive. Terza caratteristica, direttamente legata alla seconda, è quella tematica: il teatro di Pino Carbone, così come lui stesso mi racconta, è un teatro del "presente", che si nutre del presente e lo rappresenta attraverso la lente deformante della scena. Anche per questo abbiamo scelto di raccontarvi proprio “Luci della città / Stefano Cucchi” perché è uno spettacolo che ripercorre in modo tutt'altro che didascalico, o banalmente “contro”, la tragica vicenda di un giovane vittima prima dell'ingiustizia, poi dell'ipocrisia e poi di nuovo dell'ingiustizia (con una sentenza di assoluzione per i presunti responsabili che lascia letteralmente basiti). Due sentimenti molto presenti nella nostra società.

Ciò detto lo spettacolo di Carbone, di cui vi offriamo un’ampia sintesi nel video, parte da una singolare e affascinante analogia tra la figura del giovane di Torpignattara e quella del Chaplin di “Luci della città”: entrambi, infatti, erano “improbabili boxer”, come racconta Carbone, “visto che Stefano era un pugile dilettante e pesava appena 52 chili”. Ripercorrendo la metafora del film, dove Charlot fugge da un avversario troppo più forte di lui, Stefano si trova di fronte ad un'autorità che lo schiaccia fino al punto da togliergli la vita. Tutto perché il ragazzo, che era tossicodipendete, aveva con sé 20 grammi di droga. Francesca De Nicolais partendo da una gestualità buffa, clownesca, man mano che lo spettacolo va avanti si "spoglia" letteralmente della maschera mostrando l'artificio del teatro per poi esplodere in un finale che commuove e irrita: il momento conclusivo in cui legge il dispositivo della sentenza con cui i presunti responsabili sono stati assolti genera un' indignazione tale da provocare una vera e propria scossa, un urto. Nessuno può pensare di uscire da quella sala così come ci era entrato.

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