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Interventi rinviati causa Covid: “Attese interminabili, aspettiamo che il virus sparisca”

Nei due mesi che hanno segnato il picco della curva pandemica, diverse strutture ospedaliere in Italia non hanno più garantito le operazioni chirurgiche. Quelle che lo hanno fatto, le hanno limitate ai casi più gravi, con il risultato che le liste d’attesa per i casi meno urgenti si sono allungate, e a farne le spese sono stati i pazienti.
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La terza ondata pandemica, attualmente in discesa nel nostro Paese, ha causato ulteriori ritardi nelle già lunghissime liste d'attesa delle operazioni chirurgiche. Gli ospedali, soprattutto quelli pubblici, hanno subito un pesante sovraccarico di pazienti dovuto al ricovero dei casi Covid.

A subirne le conseguenze sono stati anche e soprattutto coloro che, in piena emergenza sanitaria, erano in attesa di operazioni non urgenti, ma comunque necessarie per mantenere una buona qualità della vita. Come Giovanna Morvillo, una signora residente a Bologna intervistata da Fanpage.it, che racconta di avere aspettato più di un anno per operarsi all’anca.

Operazioni: priorità ai casi gravi

“Sono stata messa in lista d’attesa per l’operazione a novembre 2020 e sono riuscita ad operarmi soltanto lo scorso 7 febbraio”, testimonia. Un’attesa che è sembrata infinita, durante la quale i dolori patiti dalla signora sono diventati “insopportabili”. Cesare Faldini, direttore della Clinica Ortopedia 1 dell’Istituto Rizzoli e docente universitario insignito di svariati premi internazionali spiega i ritardi degli interventi chirurgici all’interno dell’ospedale bolognese. “A differenza che in altri Istituti, qui al Rizzoli non abbiamo mai smesso di eseguire gli interventi, nemmeno durante la prima ondata, quando ancora non sapevamo con cosa avevamo a che fare".

Cesare Faldini, Direttore della Clinica Ortopedia 1 dell’Istituto Rizzoli, Bologna
Cesare Faldini, Direttore della Clinica Ortopedia 1 dell’Istituto Rizzoli, Bologna

"Furono mesi durissimi, durante i quali abbiamo continuato a fare solo gli interventi più urgenti, vale a dire quelli ai pazienti oncologici, nei casi di rischio di paralisi alla colonna vertebrale o di infezioni. Dovendo gestire un flusso così importante di pazienti con patologie ortopediche ma anche infettati dal Covid, senza ancora conoscere bene questa malattia, era impossibile fare altrimenti", spiega a Fanpage.it.

“Era come essere in guerra, passavamo giorni e giorni in ospedale senza vedere le nostre famiglie e la sensazione era davvero quella di trovarsi in una battaglia contro un nemico invisibile”. La terza ondata, quella che ci ha colpiti a partire da fine novembre/inizio dicembre 2021, è stata gestita con meno sconforto e certamente con più strumenti, ma i casi son comunque stati tanti, troppi rispetto alla disponibilità di letti, personale e risorse.

I pazienti: "Attese interminabili"

“Anche se mi rendevo conto che i ritardi non erano certo colpa dell’ospedale, che era alle prese con i pazienti Covid e le operazioni chirurgiche più urgenti, non vedevo l’ora di operarmi per liberarmi dal dolore che ormai mi impediva di uscire di casa”, racconta ancora Giovanna, che ora ha iniziato la riabilitazione ed è tornata a casa da suo marito. "L'operazione è andata molto bene, grazie alla competenze e all'umanità dei medici che mi hanno assistita. Sono stata molto fortunata".

Per il momento non può dire lo stesso il signor Giuseppe Stipi, anche lui residente a Bologna e paziente presso l’Ospedale di Bazzano. Giuseppe attende di essere operato a un’ernia inguinale da giugno 2021. “Mi avevano detto che mi sarei operato a dicembre, ma poi è arrivata la terza ondata, e non ho più saputo nulla. Spero solo che si torni presto alla normalità, perché nel frattempo l’ernia diventa più grande e mi crea diversi problemi aggiuntivi”.

Il problema legato ai ritardi nelle operazioni, che a Bazzano come in molte altre strutture sono state ferme per due mesi, non attiene solo alla frustrazione dei pazienti, ma anche alla loro salute, che si aggrava con il passare del tempo. Secondo la Società Italiana di Chirurgia (SIC), l'attività chirurgica nel nostro Paese è stata ridotta in media del 50%, con punte fino all'80%. Ci vorrà del tempo, quindi, per smaltire le liste d'attesa e tornare a pieno regime e comunque ciò non sarà possibile, secondo il Professor Faldini, senza il supporto delle istituzioni e senza investimenti concreti nel settore ospedaliero.

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