Insulti a Liliana Segre, ora il leader ‘no green pass’ si scusa: “Siamo noi le vittime di violenza”
Gian Marco Capitani, uno dei leader del movimento No Green Pass che due giorni fa dal palco della manifestazione di Bologna ha dichiarato che Liliana Segre dovrebbe "sparire", ha tentato di spiegare il senso delle sue parole: l'ha fatto con una lettera aperta pubblicata sul Corriere dopo la bufera scatenata dalle sue affermazioni. Capitani aveva detto che la senatrice a vita, sopravvissuta all'Olocausto, è "una donna che ricopre un seggio che non dovrebbe avere perché porta vergogna alla sua storia, dovrebbe sparire da dove è". "Nell’impeto del momento – scrive Capitani – ho detto che Lei dovrebbe ‘sparire da dov’è'. Il termine ‘sparire' è stato certamente infelice e mi dispiace non essermi espresso in modo più appropriato, La mia opinione è semplicemente legata al ruolo di presidenza della commissione per il contrasto dell’intolleranza da Lei ricoperto. In quel ruolo ritengo che Lei abbia il dovere di esprimersi contro ogni violenza, anche se è rivolta a chi non la pensa come Lei".
Insomma, secondo il leader dei no green pass bolognesi le sue parole sarebbero state fraintese a causa di un clima di insofferenza nei confronti di chi non si vaccina e manifesta contrarietà al green pass. "Non sono un razzista – scrive, rivolgendosi a Segre – non ho mai negato la Shoah e di certo non sono antisemita. Ho provato ad interloquire con Lei nella certezza di poter trovare ascolto e mi son ritrovato giudicato per una singola parola. Nell’ultimo anno e mezzo non si contano le frasi violente e le istigazioni alla violenza espresse nei confronti di chi ha una diversa opinione sulla campagna di vaccinazione di massa in corso. A reti unificate, 24 ore su 24, si è scatenata un’autentica campagna d’odio che, temo, abbia fatto molto male al Paese. Ecco Senatrice, su questo avrei tanto voluto sentire la Sua voce, una parola di ferma condanna nei confronti di chi ha scatenato una sorta di caccia all’uomo. Questa non è violenza? Non è discriminazione? Non c’è istigazione all’odio nel far passare l’equazione manifestanti uguale terroristi? Ho provato a rivolgermi a Lei perché sono certo che Lei più di chiunque altro possa capire cosa significhi sentirsi discriminati. Lei più di altri può comprendere cosa significhi essere segnati con una sorta di marchio di infamia".