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Indotto Fiat, operai sul tetto vogliono darsi fuoco: “Non si vive con 600 euro al mese”

Eclatante gesto di protesta alla Tiberina di Pomigliano d’Arco, una delle aziende dell’indotto Fiat. La situazione potrebbe diventare esplosiva. Domani in Prefettura l’incontro tra azienda e sindacato.
A cura di Gaia Bozza
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"Non ce la facciamo più, non si vive con 600 euro al mese". A urlare, dal tetto dello stabilimento, è un operaio della Tiberina, una delle aziende dell'indotto Fiat, che conta 91 dipendenti. E, mentre l'ad del Lingotto Sergio Marchionne annuncia la ripresa del mercato e nuovi investimenti, come tante altre aziende che lavorano per la Fiat anche questa ha dovuto mettere in cassa integrazione 44 operai. Senza possibilità di rotazione con gli altri, che invece sono rimasti al lavoro.

"Avevamo raggiunto un accordo, purtroppo solo verbale, con l'azienda – spiega il rappresentante sindacale Fiom Domenico Mangione – Da lunedì 8 luglio sarebbe iniziata la cassa integrazione a rotazione", per permettere a tutti di guadagnare un po' di più. Ma così non è stato: ai cinque lavoratori richiamati al lavoro "non è stato permesso di timbrare il cartellino e sono stati tenuti in fabbrica senza fare nulla", denuncia il sindacalista. Questo perché tra i cassintegrati ci sono dieci lavoratori che, individualmente, stanno agendo per via legale "senza aver avvisato i sindacati", spiega ancora Mangione. E l'azienda ha reagito "negando a tutti la rotazione in fabbrica".

La protesta, che ha rischiato di raggiungere livelli drammatici poiché sul tetto due operai hanno minacciato di darsi fuoco, si è attenuata perché domani la Prefettura ha convocato azienda e sindacati, anche se lo stato di agitazione continua. "Siamo alla disperazione più totale – conclude il sindacalista -da sette mesi la nostra retribuzione è di 640 euro al mese, che spesso arrivano anche dopo molto tempo a causa dei ritardi della Regione Campania, che ci ha pagato per la prima volta dopo quattro mesi. E poi più nulla".

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