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Incidente Tangenziale Napoli: quando la cronaca diventa inciucio

Un folle incidente stradale ha tolto la vita a due persone, di cos’altro ha bisogno questa notizia per essere un dramma?
A cura di Rita Cantalino
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Non lo so come si fa a dire una cosa del genere e non essere fraintesa, non diventare molto impopolare. Ci provo così: la scorsa notte un ragazzo di 29 anni ubriaco ha fatto una cosa sbagliata (si è messo alla guida), poi ha fatto una cosa folle (ha imboccato la tangenziale contro mano) e il risultato di queste due azioni ha comportato la morte di due persone: la sua ragazza, che era in auto con lui, e un uomo che per i fatti suoi, alle cinque del mattino, se ne andava a lavorare. Il fatto è profondamente scioccante, e ci sta che tutti si sentano coinvolti: che tu stia guidando per i fatti tuoi e per colpa di un altro possa perdere la vita può capitare praticamente a tutti, tutti ci sentiamo messi in pericolo e tutti quindi sono legittimati ad avere, in piccolo, la stessa reazione di uno dei familiari delle vittime o addirittura di una delle vittime stesse, se ancora potesse avere una reazione.

È da ieri che leggo notizie, e reazioni, e altre notizie e altre reazioni e seppure riesco a razionalizzare la necessità di dire la propria su certe cose, sento che qualcosa che non va. Al di là del meccanismo becero di scavare nelle vite e negli account facebook di chi ci è morto, quello che proprio non mi suona "normale" è rendere oggetto di pubblica discussione anche un evento così tragico. Livia era una ragazza di ventidue anni, molto bella, e questo ha fatto in modo che le sue foto facessero il giro del web tra quelli che la compiangevano e quelli che la condannavano perché in auto con il suo fidanzato, autore delle due follie di cui sopra. Se io fossi stata Livia, o se Livia fosse stata mia figlia, mia sorella, una mia amica, non avrei mai voluto che qualcuno facesse, con la circostanza della mia morte, quello che si sta facendo con le circostanze della sua. Giudizi approssimativi da poche righe e tanto livore, tutti a dire la propria e a creare un'assurda, grottesca, gerarchia delle vittime tra lei e il conducente dell'altra auto. Tutti a scavare nella sua vita, nel suo "sogno spezzato", nelle sue foto sorridente o nei suoi status facebook.

È difficile parlare di Nello, il suo ragazzo, che ha causato la morte sua e di un altro uomo. Qualunque tipo di ragionamento potrebbe sembrare un tentativo di giustificazione e non si tratta di questo. È bene sapere che questo tizio per un errore fatale ha distrutto tre vite: pure la sua. Che ce frega? Niente probabilmente. Però è bene ogni tanto darci una calmata e ricordarci che i processi li fanno i tribunali e non gli agoni facebook, e soprattutto non la stampa. È avvilente leggere su un noto quotidiano che lui era "gonfio d'alcool" e non "ubriaco". Perché l'espressione "gonfio d'alcool" non esiste nemmeno in italiano, innanzitutto. Ma soprattutto perché è un modo di prestare il fianco, strizzare l'occhio a chi vuole intervenire sulla notizia e scaricare odio, insulti e frustrazioni e basta. Cosa c'entra questo con due morti? Cosa c'entra questo con due vittime di un errore irreversibile e terribile?

Io ho un profondo rispetto per il ruolo dei mezzi di informazione, e per questo ritengo intollerabile, sbagliato, che su un quotidiano si possa scrivere, del responsabile di un incidente stradale: "gonfio d'alcool e chissà di cosa altro". Perché questa è una supposizione, e le supposizioni le faccio al bar con gli amici o a cena con i miei genitori. Queste supposizioni qui non deve farle un quotidiano, almeno secondo me, per quanto detto sopra. La cronaca è cronaca: raccontare di un fatto e non scavare morbosamente nelle vite di chi ne è vittima o artefice. Quello è inciucio, non ha alcuna utilità se non soddisfare le curiosità sadiche di chi lo cerca.

E la stessa cosa deve valere per la bellezza di Livia. È tollerabile veramente che il dolore della sua morte sia legato al fatto che fosse bella? Se fosse stata brutta le sue foto sarebbero girate? Se fosse stata brutta quale aggettivo si sarebbe usato accanto al suo nome, per rendere la sua morte una notizia più di quanto non lo sia già? Non è una cosa campata in aria: riflettiamo su quanto invece sia girata la faccia dell'uomo ammazzato o le informazioni sulla sua vita privata. Niente, perché qualcuno ha ritenuto non fossero "interessanti".

Guardata dall'esterno, tutta la vicenda, ha dell'assurdo. Questa storia è terribile perché due persone hanno perso la vita e una terza vivrà per sempre con la consapevolezza di averle ammazzate. Non c'è bisogno di nessun altro elemento per rendere questa notizia un dramma: non la bellezza di una delle vittime, non la destinazione dell'altra, non il lavoro del responsabile di tutto ciò. Che non ci siano giustificazioni, come e quanto debba pagare, lo decideranno i tribunali. Tutto il resto è chiacchiericcio, è rendere inciucio un fatto di cronaca, ed è la mancanza di rispetto più grande.

Per realizzarlo ci basta pensare a una cosa facile facile: quell'uomo ammazzato poteva essere un nostro parente, nostro padre, nostro marito. Livia stessa poteva essere una nostra figlia, un'amica, una sorella. E pure l'autore di questa follia, poteva esserlo, perché quasi nessuno di quelli che hanno messo bocca in questa storia sanno come fosse e chi fosse prima di ieri notte. Vorremmo davvero che qualcuno facesse la stessa cosa con noi?

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Blogger e attivista. Nata a Napoli nel 1988, dove mi sono laureata in filosofia politica. Sono stata coordinatrice provinciale dell'Unione degli Studenti Napoli e coordinatrice cittadina di Link, coordinamento universitario. Ho lavorato come educatrice per Libera in progetti con ragazzi provenienti da contesti di disagio. Il mio blog personale è Errecinque. Ho un sacco di romanzi nel cassetto.
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