Incidente bus studentesse Erasmus, tre anni fa la tragedia. I genitori: “Siamo stati abbandonati”
Sono trascorsi tre anni dal quel maledetto 20 marzo del 2016, il giorno in cui tredici giovani studentesse universitarie in Erasmus in Spagna persero la vita in seguito a un incidente mentre viaggiavano a bordo di un autobus partito da Valencia e diretto a Barcellona. Sette di quelle vite spezzate erano di italiane: Francesca Bonello, Lucrezia Borghi, Valentina Gallo, Elena Maestrini, Serena Saracino, Elisa Scarascia Mugnozza ed Elisa Valent. A tre anni di distanza l'accertamento della verità è però ancora estremamente difficoltoso e Gabriele Maestrini, padre di Elena, in un'intervista rilasciata ad Avvenire ha chiesto che venga fatta piena luce: "È come se mia figlia e le altre ragazze morte non fossero mai esistite".
Nei giorni seguenti alla tragedia l'autista dell'autobus si era assunto le responsabilità dell'incidente sostenendo di aver avuto un colpo di sonno mentre era alla guida, per poi ritrattare e incolpare le condizioni della strada e la scarsa efficienza del mezzo, entrambi elementi scartati dagli inquirenti spagnoli che in due occasioni hanno richiesto l'archiviazione del caso, ritenendo che non ci fossero responsabili. Un duro colpo per le famiglie delle vittime, che hanno visto allontanarsi la verità e si sono sentite abbandonate, almeno fino a quando – il 15 giugno scorso – non è stato aperto un nuovo fascicolo di inchiesta: "Ci hanno comunicato la riapertura del fascicolo e a luglio, noi genitori con il nostro ambasciatore a Madrid e il console di Barcellona, abbiamo incontrato il procuratore nazionale spagnolo alla sicurezza stradale, che ha confermato come ci siano state delle anomalie nella gestione dell’indagine, annunciando la riapertura del caso, per acquisire ulteriori elementi. Che noi riteniamo siano già in mano alla magistratura spagnola sin dall’inizio dell’inchiesta, ma solo alla fine di questo percorso vergognoso si potrà decidere se dare avvio al processo o procedere nuovamente con l’archiviazione", ha spiegato Maestrini.
Che l'autista dell'autobus accusasse segni di stanchezza tali da doverlo indurre a fermarsi lo dimostrerebbero – secondo i familiari delle vittime – le settantasette "decelerazioni significative" registrate dalla scatola nera del mezzo nell'ora e mezzo che ha preceduto l'incidente. Le frenate sono state molte di più di quelle degli altri mezzi della comitiva, mediamente dodici, e proverebbero la scarsa lucidità del conducente. Nel frattempo Maestrini ha scritto una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ai due vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio e al presidente della Camera, Roberto Fico per chiedere che si facciano pressioni sulle autorità spagnole. Ma "dopo quaranta giorni nessuno mi ha ancora risposto; il governo spagnolo non ha alcun interesse ad arrivare alla verità, per non mettere i bastoni tra le ruote al business del turismo studentesco".