Inchiesta Mose: 35 arresti per tangenti, c’è anche il sindaco di Venezia Orsoni
Update: 17.30 – Galan: "Estraneo alle accuse, voglio essere ascoltato" – Dal suo canto Galan si dichiara estraneo alle accuse e chiede di essere ascoltato dagli organi giudiziari al più presto. "Mi riprometto, di difendermi a tutto campo nelle sedi opportune con la serenità ed il convincimento che la mia posizione sarà interamente chiarita. Chiederò di essere ascoltato il prima possibile con la certezza di poter fornire prove inoppugnabili della mia estraneità" ha spiegato il parlamentare di Forza Italia, aggiungendo: "Dalle prime informazioni che ho assunto e da quanto leggo sui mezzi d'informazione, mi dichiaro totalmente estraneo alle accuse che mi sono mosse, accuse che si appalesano del tutto generiche e inverosimili, per di più, provenienti da persone che hanno già goduto di miti trattamenti giudiziari e che hanno chiaramente evitato una nuova custodia cautelare".
UPDATE 15.30 – Procura: "A Galan 800 mila euro" – Giancarlo Galan avrebbe ricevuto fondi illeciti per almeno 800mila euro dal Consorzio Venezia Nuova nell'ambito delle opere del Mose. I pagamenti risalirebbero al triennio 2005-2008 e all'anno 2012. L'accusa arriva dalla procura di Venezia, che ha iscritto il parlamentare ed ex Presidente della Regione Veneto nel registro degli indagati chiedendo al Parlamento l'autorizzazione all'arresto. Non solo, secondo le accuse della Procura, in cambio dei via libera ai progetti della società Mantovani l'ex governtaore Galan avrebbe beneficiato di lavori di restauro della villa di sua proprietà a Cinto Euganeo per oltre un milione di euro.
Trentacinque arresti e un centinaio di indagati: è il bilancio dell'inchiesta avviata dalla Procura di Venezia sulle presunte tangenti pagate per gli appalti del Mose, il sistema di dighe mobili progettato per difendere la ‘Serenissima’ dall'acqua alta e realizzato dal Consorzio Venezia Nuova quale concessionario unico. Secondo le accuse (si va dalla concussione, passando per il riciclaggio e la corruzione) si tratterebbe di una vera e propria Tangentopoli, in cui sembra coinvolto anche l'ex presidente del Veneto, il senatore di Forza Italia Giancarlo Galan. In queste ore i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria delle Fiamme gialle di Venezia stanno eseguendo le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip lagunare Alberto Scaramuzza su richiesta dei pm Paola Tonini, Stefano Ancilotto e Stefano Buccini. Tra i nomi eccellenti finiti in manette ci sono quelli dell'assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, il consigliere regionale Pd Giampietro Marchese, il presidente del Coveco, cooperativa impegnata nel progetto Mose, Franco Morbiolo, il generale in pensione Emilio Spaziante, l'amministratore della Palladio Finanziaria spa, Roberto Meneguzzo.
Tangentopoli in Veneto, il coinvolgimento dell'ex ministro Galan
Per procedere all'arresto di Galan, che ha guidato la regione Veneto per 15 anni, dal 1995 al 2010, serve comunque l'ok dell'apposita Commissione al Senato. L'ex ministro risulta coinvolto proprio per il periodo in cui è stato governatore. Attualmente è deputato forzista e considerato un “fedelissimo” di Silvio Berlusconi. Dopo la conclusione della sua esperienza da Presidente della Regione Veneto, è statonominato prima ministro alle Politiche agricole e poi ai Beni culturali. Proprio con il leader di Forza Italia a Palazzo Chigi, Galan ha posto la prima pietra del Mose più di dieci anni fa, nel 2003.
Mose, "dai fondi neri soldi alla politica"
L'indagine della Guardia di Finanza di Venezia che ha portato agli arresti è stata avviata tre anni fa. L'ex manager della Mantovani (società padovana colosso nel campo delle costruzioni), Giorgio Baita, avrebbe occultato finanziamenti in una serie di fondi neri, per 20 milioni di euro, all'estero. Soldi che, secondo l'accusa, venivano portati da Claudia Minutillo, imprenditrice e segretaria dell'ex governatore veneto Galan (per il quale è stato chiesto l'arresto), a San Marino, dove poi venivano riciclati. Le Fiamme gialle avevano così scoperto che almeno 20 milioni di euro sarebbero finiti in conti esteri e che, probabilmente, erano indirizzati alla politica. Da qui è partita l'operazione che portato agli arresti di questa mattina Baita era stato arrestato l'anno scorso. Dopo qualche mese era finito in manette Giovanni Mazzacurati, l'ingegnere "padre" del Mose.
Le reazioni agli arresti
Non si sono fatte attendere le reazioni al caso clamoroso della tangentopoli veneta. Il vicepresidente della Camera del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio in un post su Facebook dal titolo "Larghe intese in manette", pubblicato anche sul blog di Beppe Grillo, si chiede "cos'altro devono fare questi partiti per non meritare più il voto dei cittadini italiani?" ricordando che i cinquestelle hanno parlato già in precedenza del Mose evidenziando "preoccupazioni in merito ad utilità e meccanismi d'appalti".