In tre anni nemmeno uno scontrino: evasione fiscale da 350mila euro per un panificio di Rovigo
Sin dal suo primo giorno di lavoro non ha mai emesso uno scontrino collezionando così tasse evase per circa 350mila euro. È quanto scoperto dalla guardia di finanza durante alcuni controlli nell'Alto Polesine. A finire sotto i riflettori un panificio che non ha mai presentato in tre anni alcuna dichiarazione fiscale.
Stando a quanto riportato dalle Fiamme Gialle, l'esercizio commerciale è stato aperto nel 2019 nella provincia di Rovigo e in questi lunghi anni di lavoro non solo ha collezionato un buon giro di clientela, ma soprattutto non ha mai emesso uno scontrino fiscale.
Il fornaio dunque ha evaso il fisco sin dall'apertura arrivando a nascondere incassi per circa 350mila euro nel periodo d'imposta che va dal 2019 al 2021. Ad accertarlo è stata la guardia di finanza durante alcuni controlli che, grazie all'incrocio dei dati, hanno fatto emergere l'evasione fiscale.
Nell'ultimo anno in provincia di Rovigo sono state scoperte 52 imprese sconosciute al fisco per ricavi non dichiarati per circa 31 milioni di euro. E nell'ambito della vasta operazione contro le frodi fiscali i finanzieri hanno scoperto fatture false per oltre 7 milioni di euro, denunciando gli amministratori di diritto e di fatto delle società coinvolte per i reati di false dichiarazioni fiscali mediante emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. E' il bilancio di un'operazione dei finanzieri del comando provinciale di Rovigo.
Come fa sapere la guardia di finanza, secondo quanto emerso dalle indagini, condotte dalla tenenza di Lendinara e dal gruppo di Rovigo su delega e coordinamento della procura della Repubblica di Rovigo, c'era "un sistema fraudolento nell'ambito del quale operavano imprese – aventi sede legale nelle province di Rovigo, Vicenza, Verona, Mantova e Brescia e apparentemente attive nei settori del commercio di condizionatori, pallet e materiale elettrico e ferroso – che risultavano prive di sede operativa, di magazzini, di mezzi e di forza lavoro oltre che gestite da soggetti senza alcuna esperienza imprenditoriale".
Secondo l'accusa, queste imprese "avevano il compito di emettere false fatture di vendita nei confronti di aziende, che in tal modo beneficiavano di notevoli vantaggi fiscali, e che venivano formalmente pagate con sistemi tracciati ma di fatto le somme sborsate venivano restituite in contanti, generando così grossi movimenti di valuta".