In Piemonte 13 bimbi ucraini malati di tumore, una mamma: “Cadevano bombe, non sapevamo dove andare”
Yulia ha gli occhi chiarissimi lucidi, le pantofole verde acqua simili al colore delle pareti del reparto di Oncoematologia, al quinto piano dell'ospedale infantile che ha accolto sua figlia e tutti gli altri grazie a un volo speciale, organizzato dalla Regione Piemonte e sostenuto da un gruppo di imprenditori piemontesi.
È qui dal 5 marzo, eppure non riesce a stabilire con chiarezza se è in ospedale da una settimana, il tempo per lei sembra scorrere in modo differente, sospesa tra le notti di sonno agitato e il risveglio, quando compulsa il cellulare per avere notizie di tutte la sua famiglia rimasta nell'oblast di Odessa, vicino al mare, insieme a suo marito.
Il suo italiano è appena comprensibile, così chiede il cellulare e, grazie a google translate, racconta degli allarmi antiaereo, delle fughe nelle cantine dell'ospedale con i bambini attaccati alle flebo, costretti a stare ore al freddo, dell'ospedale che, dopo la loro fuga, è stato bombardato e distrutto.
Yulia ha le lacrime che traboccano dagli occhi grandi e opachi, ma non piange mai. Volta lo sguardo, racconta di saper parlare russo, ucraino, ma di non essere riuscita a spiegare ai suoi figli il perché di questa guerra, racconta della paura e della preoccupazione che la martella ogni giorno.
Racconta di aver saputo della possibilità di venire in Italia, di averci pensato e di avere scelto per salvare sua figlia, che era stata dimessa dall'ospedale e che non riceveva cure da qualche settimana. Lo ha confermato anche la professoressa Franca Fagioli, direttore del reparto di Oncoematologia al Regina Margherita, che ha verificato che le cure erano state sospese e i pazienti preparati per le dimissioni perché "sono pazienti che devono essere messi in sicurezza per tempo ed evidentemente avevano la sensazione che sarebbe successo".
"Alcuni di loro sono in stato di shock – racconta la dottoressa Giulia Zucchetti, responsabile del reparto di psico oncologia infantile – anche se sono dei lottatori, perché i malati oncologici sono dei lottatori, alcuni, soprattutto le mamme, stanno molto male, sono preoccupate sia per i loro figli che per i familiari che hanno lasciato laggiù, per i mariti che non sanno se rivedranno ancora".
"È tutto un brutto sogno – scrive Kira in cirillico, mentre google traduce al volo – vorrei svegliarmi e scoprire che è stato tutto un brutto sogno. Tutto questo è sbagliato".