In Italia il reddito medio si ridurrà del 15% a causa dei cambiamenti climatici: lo studio di Nature
I cambiamenti climatici non avranno effetti solo sui modelli meteorologici e dunque sulla vita umana sulla terra. Anche le conseguenze economiche infatti saranno molto pesanti, come dimostra un nuovo studio pubblicato su ‘Nature' firmato da tre ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impacts Research. Secondo gli scienziati, infatti, anche se le emissioni di CO2 ed altri gas climalteranti dovessero essere drasticamente ridotte a partire da oggi, l'economia mondiale è destinata a una contrazione del 19% fino al 2050. In Italia il reddito medio si ridurrà del 15%, più che in Francia (13%), ma meno che in Grecia (17%) e Spagna (18%). Complessivamente, i danni annuali globali sono stimati in 38mila miliardi di dollari.
Danni sei volte superiori ai costi di mitigazione
Secondo quanto emerso dallo studio i danni sono sei volte superiori ai costi di mitigazione necessari per limitare il riscaldamento globale a due gradi. Sulla base di dati empirici provenienti da oltre 1.600 regioni di tutto il mondo negli ultimi 40 anni, gli scienziati dell'Istituto di Potsdam per la ricerca sull'impatto climatico (Pik) hanno valutato gli impatti futuri del cambiamento delle condizioni climatiche sulla crescita economica e sulla loro persistenza.
"Si prevedono forti riduzioni del reddito per la maggior parte delle regioni, tra cui il Nord America e l'Europa. L'Asia meridionale e l'Africa saranno le più colpite. Le riduzioni sono causate dall'impatto del cambiamento climatico su vari aspetti rilevanti per la crescita economica, come le rese agricole, la produttività del lavoro o le infrastrutture", afferma Maximilian Kotz, scienziato del Pik e primo autore dello studio. Complessivamente, i danni annuali globali sono stimati in 38mila miliardi di dollari, con una probabile forbice tra 19-59mila miliardi di dollari nel 2050. Le conseguenze deriveranno principalmente dall'aumento delle temperature, ma anche da cambiamenti nelle precipitazioni. La considerazione di altri fenomeni meteorologici estremi, come tempeste o incendi, potrebbe farli aumentare ulteriormente.
Danni anche ai Paesi più sviluppati del mondo
Leonie Wenz, scienziata del Pik , aggiunge: "La nostra analisi mostra che il cambiamento climatico causerà ingenti danni economici entro i prossimi 25 anni in quasi tutti i Paesi del mondo, anche in quelli altamente sviluppati come Germania, Francia e Stati Uniti. Questi danni a breve termine sono il risultato delle nostre emissioni passate. Avremo bisogno di maggiori sforzi di adattamento se vogliamo evitare almeno alcune di queste conseguenze. E dobbiamo ridurre drasticamente e immediatamente le nostre emissioni: in caso contrario, le perdite economiche diventeranno ancora più ingenti nella seconda metà del secolo, fino a raggiungere il 60% in media globale entro il 2100. Questo dimostra chiaramente che proteggere il nostro clima è molto più conveniente che non farlo, e questo senza nemmeno considerare gli impatti non economici come la perdita di vite umane o di biodiversità".
Ma a pagare il conto più salato saranno i Paesi poveri
Sebbene anche i Paesi ad alto reddito subiranno gli effetti economici del cambiamento climatico saranno quelli più poveri a pagare il conto più salato. "Il nostro studio evidenzia la notevole iniquità degli impatti climatici: troviamo danni quasi ovunque, ma i Paesi dei tropici saranno quelli che soffriranno di più perché sono già più caldi. Un ulteriore aumento della temperatura sarà quindi più dannoso in questi stati. Si prevede che i Paesi meno responsabili del cambiamento climatico subiranno una perdita di reddito del 60% superiore a quella dei Paesi a più alto reddito e del 40% superiore a quella dei Paesi a più alte emissioni. Sono anche quelli che hanno meno risorse per adattarsi ai suoi impatti. Spetta a noi decidere: un cambiamento strutturale verso un sistema di energia rinnovabile è necessario per la nostra sicurezza e ci farà risparmiare. Rimanere sulla strada che stiamo percorrendo porterà a conseguenze catastrofiche. La temperatura del pianeta può essere stabilizzata solo se smettiamo di bruciare petrolio, gas e carbone", conclude Anders Levermann, capo del dipartimento di ricerca Complexity Science del Potsdam Institute e coautore dello studio.