In Italia il congedo di paternità è più che triplicato: chi ne usufruisce di più vive al Nord
Ha più di 30 anni, vive al Nord, lavora in imprese di media-grande dimensione con un contratto di lavoro stabile e ha un reddito medio-alto. È questo il ritratto del padre che usufruisce del congedo di paternità, che emerge dall’elaborazione di Save the Children dei nuovi dati INPS e diffusi oggi, alla vigilia della Festa del Papà 2024.
Tuttavia, sempre secondo il report realizzato dall'Organizzazione, nel nostro Paese, anche se rimane un forte squilibro di genere tra i genitori nella cura dei figli, la percentuale di padri che usufruisce del congedo di paternità si è più che triplicata fra il 2013 e il 2022.
Nel 2013 poco meno di 1 padre su 5 (pari al 19,26%) ne ha usufruito cioè 51.745 padri; nel 2022 sono stati più di 3 su 5 (pari al 64,02%), cioè 172.797, con poche differenze a seconda che si tratti di genitori del primo (65,88%), secondo o successivo figlio (62,08%). Alla sua introduzione, nel 2012 il congedo di paternità prevedeva un solo giorno obbligatorio e due facoltativi, mentre oggi garantisce 10 giorni obbligatori e uno facoltativo ai neopapà ed è fruibile tra i due mesi precedenti e i 5 successivi al parto.
Sebbene l'incremento si registri in tutta Italia, chi ne usufruisce di più vive nelle province del Nord. Valori di fruizione inferiori al 30% si riscontrano nelle province di Crotone al 24%, Trapani al 27%, Agrigento e Vibo Valentia al 29%, mentre superiori all'80% si registrano nelle province di Bergamo e Lecco (81% in entrambi i casi), Treviso (82%), Vicenza (83%) e Pordenone (85%). Ad utilizzare maggiormente il congedo sono gli uomini fra i 30 e i 39 anni (65,4%) e fra i 40 e i 49 (65,6%), ed è più probabile che il padre usufruisca del congedo di paternità se lavora in aziende medio-grandi.
Fra quelle con oltre 100 dipendenti, infatti, l'utilizzo è pari al 77%, fino ad arrivare al 45,2% nelle aziende con 15 dipendenti o meno. È proprio in questa ultima tipologia di azienda che si è registrato l'aumento maggiore nell'utilizzo del congedo di paternità tra il 2021 e il 2022 (più 8,7%).
Forti disuguaglianze tra le diverse tipologie contrattuali, a favore di chi ha un contratto di lavoro più stabile. Se infatti, tra i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato la percentuale sfiora il 70% (69,49%), tra quelli con contratto a tempo determinato scende al 35,95% e tra gli stagionali arriva al 19,72%.
"Il coinvolgimento dei padri nella cura dei figli sta cambiando, anche se lentamente, anche in Italia, a favore di una maggiore condivisione delle responsabilità. È necessario sostenere questo cambiamento, andare nella direzione di un congedo di paternità per tutti i lavoratori, non solo i dipendenti, garantendo che i datori di lavoro adempiano all’obbligo di riconoscere tale diritto, e fino ad arrivare all’equiparazione con il congedo obbligatorio di maternità. Una misura, questa, anche a sostegno delle neomamme, in un periodo della vita che troppo spesso si rileva difficile e caratterizzato da sentimenti di inadeguatezza e solitudine, come emerge anche da una indagine campionaria promossa nel 2023 da Save the Children", ha commentato Giorgia D’Errico, Direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali di Save the Children.
“È essenziale incoraggiare i nuovi padri nella piena condivisione della cura dei figli, eliminando, al contempo, i tanti ostacoli che ancora oggi bloccano l’ingresso e lo sviluppo professionale delle madri nel mondo del lavoro", ha concluso.