“In Emilia Romagna è ancora piena emergenza”, cosa dicono i geologi un mese dopo l’alluvione
Un mese fa, il 14 maggio 2023, l’Arpae Emilia-Romagna dichiarava l'allerta arancione per criticità idrogeologica nelle province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini e nelle zone collinari del Bolognese e del Ravennate. Si trattava della prima allerta di quello che in breve tempo si sarebbe rivelato un lungo periodo di continue allerte rosse nella regione.
I giorni successivi sulla regione si è abbattuta l’ormai tristemente nota alluvione che ha causato 15 vittime e danni per cifre ancora difficilmente stimabili.
“A un mese di distanza siamo ancora in emergenza, la situazione è altamente preoccupante”, spiega Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei Geologi della regione, in un’intervista a Fanpage.it.
A quasi un mese di distanza dall’alluvione che ha travolto l’Emilia Romagna, si procede con i bilanci e la conta dei danni. Partiamo dalle aree di montagna, qual è il quadro complessivo della situazione?
Ormai c’è una profonda consapevolezza di quanto accaduto e delle attuali condizioni. La situazione in montagna è ancora molto difficile, dal mio punto di vista è tra le più preoccupanti. Si parla di 28 frazioni ancora isolate, altre sono collegate da strade ufficialmente chiuse con segnali di “divieto d’accesso” ma che continuano a essere percorse per mancanza di alternative. Le frane censite sono arrivate a 978 (invece delle iniziali 300 ipotizzate) e la viabilità sulle strade provinciali e comunali resta estremamente critica.
Sono ancora numerosi gli sfollati con ordinanze di sgombero in atto che non sanno quando potranno rientrare nelle loro abitazioni. Molti dei lavori di messa in sicurezza necessari avranno tempistiche inevitabilmente molto lunghe: serve fare le indagini e quantificare, sviluppare la progettazione, trovare le imprese che svolgeranno i lavori.
In tutto ciò, il tempo meteorologico non aiuta, anzi: continua infatti a piovere tutti i giorni, con temporali anche piuttosto importanti, e questa situazione ostacola gli interventi sul territorio. Sarebbe importante riuscire a finire entro l’estate, perché il rischio è che l’autunno possa essere ancor più piovoso.
Qual è invece la situazione nelle zone alluvionate di pianura?
Le aree ancora in condizioni critiche sono quelle dell’Idice, del Ravennate e della bassa Bolognese. Ma anche la zona del Faentino resta un fronte da tenere sott’occhio, soprattutto considerando la quantità di pioggia che sta cadendo negli ultimi tempi: non solo in certe aree l’acqua non è mai stata smaltita, ma altre si sono nuovamente allagate.
Certe zone non si sono mai asciugate: saranno elevatissimi e non ancora pienamente quantificabili i danni provocati a tutte le persone coinvolte nel campo dell’agricoltura – le colture sono ormai perse, mentre si scoprirà a breve il destino dei frutteti – così come ai proprietari delle case con interrati o piani terra ancora allagati. In questo caso, ci aspetta un’estate di lavori da provare a fare rapidamente e tanti soldi da investire, considerando che le cifre di cui si parla in questi giorni non si avvicinano neanche lontanamente a quello che è e sarà necessario.
La mia preoccupazione è che con l’avvicinarsi del periodo estivo la tensione a livello nazionale si sposti verso altre questioni, mentre la Romagna continua a soffrire. A un mese di distanza siamo ancora in emergenza. Per me è evidente: ricevo tutti i giorni chiamate su chiamate di persone sfollate che non sanno quando, e se, rientreranno nelle loro case.
Si tratta di una fase estremamente delicata: bisogna ancora quantificare tutti gli interventi da fare, scoprire quante risorse serviranno. Da questo punto di vista sono molto preoccupato.
Ieri la Protezione Civile ha diramato il nuovo bollettino, dichiarando per la giornata di oggi, 14 giugno, un’allerta arancione per criticità idrogeologica e gialla per criticità idraulica, idrogeologica e temporali.
Continuano a esserci e sono previsti temporali di forte intensità. Anche se localizzati, dal cielo scende tantissima acqua, non pochi millimetri. Questo è un rischio, perché in molte aree urbane le reti fognarie hanno subito un duro colpo con l’alluvione e si sta ancora lavorando per pulirle e renderle nuovamente operative. Una tale quantità di pioggia potrebbe provocare nuovi allagamenti, perché le fogne al momento non riesco ad assorbire e smaltire l’acqua piovana.
Non si escludono quindi possibili allagamenti nelle aree urbane, né l’eventuale peggioramento di dissesti già presenti.
Preso atto della situazione, quali sono gli interventi da mettere in campo, non solo per arginare la crisi nel breve periodo, ma anche per evitare che questa possa ripetersi – almeno con questa intensità – nel medio-lungo?
Questo discorso si divide in, almeno, tre sezioni. Per quanto riguarda le aree urbane, intanto si devono sistemare e ripulire le reti fognarie. In futuro sarà sicuramente necessario adeguarle a determinate piovosità, prima non previste. Nelle aree urbane sarà quindi inevitabile un intervento di sistemazione e adeguamento delle fognature, sul lungo termine.
Per quanto riguarda i corsi d’acqua, invece, da questa catastrofe almeno abbiamo imparato una cosa: i fiumi hanno bisogno di più spazio e noi glielo dobbiamo dare.
Finora si era parlato di creare casse di espansione dei corsi, mentre sarebbe necessario direttamente spostare gli argini dei fiumi, così da dare più spazio all’acqua all’interno degli stessi.
Si deve agire dove c’è spazio a disposizione, soprattutto a valle delle città, creando una struttura più ampia che possa accogliere e contenere il fiume anche durante le piene. Si parla di spostare gli argini lateralmente e ricostruirli: in molti casi quegli attuali sono vecchi e si sono dimostrati inadeguati a contenere eventuali piene, non solo non evitando l’esondazione del fiume, ma provocando la rottura dello stesso argine, che causa danni infinitamente maggiori della “semplice” tracimazione (sormonto).
Infine, la situazione in montagna è particolarmente critica: innanzitutto, deve essere assolutamente ripristinata la viabilità, per poi – dove possibile – avviare un’operazione di restauro del territorio.
Ci sono diversi tipi di interventi sul territorio necessari: a quello di restauro e quindi ripristino delle strade danneggiate si affianca quello più radicale di costruzione di nuove vie in posizioni differenti, poiché le precedenti sono state danneggiate in maniera così grave da non essere in alcun modo recuperabili.
Si deve inoltre agire su tutte quelle frane e smottamenti che non hanno direttamente investito la viabilità o le abitazioni, ma che comunque le minacciano nel medio-lungo termine. In questi casi si deve intervenire per mitigare il loro potenziale manifestarsi, bonificando e stabilizzando i versanti dove ci sono movimenti che mettono a rischio eventuali paesi e strade.
Con le piogge e i temporali che continuano a verificarsi in questi giorni è ancora impossibile mettere tutto in sicurezza, però sicuramente abbiamo ancora margini di miglioramento e possiamo – e dobbiamo – fare di più.