Imprenditori uccisi 20 anni fa, trovate ossa in un pozzo: “Qui ho distrutto il cadavere con motosega”
Pezzi di ossa probabilmente umane, un paio di scarpe e una cinta – che potrebbero appartenere all'imprenditore di Brindisi Salvatore Cairo, scomparso nel maggio del 2000 – sono stati trovati ieri sul fondo di un pozzo indicato da Enrico Morleo, il 57enne arrestato il 3 marzo del 2022 con l'accusa di avere ucciso, con l'aggravante del metodo mafioso, Cairo e Sergio Spada, imprenditori entrambi attivi nel settore del commercio delle pentole e degli articoli per la casa.
La scorsa settimana, nel corso dell'ultima udienza del processo a suo carico, Morleo aveva fatto riferimento alla circostanza di aver solo "distrutto il corpo", negando però di essere stato lui ad uccidere Cairo e manifestando la propria disponibilità ad indicare agli inquirenti il luogo dove aveva nascosto i resti del corpo (fatto a pezzi con una motosega) dell'imprenditore. Ieri mattina è stata svolta l'ispezione dei vigili del fuoco nell'area di campagna indicata dall'imputato, nella zona industriale di Brindisi. Erano presenti i giudici della Corte d'Assise, il pm Milto De Nozza e agenti di Polizia: solo nel pomeriggio sono stati trovati alcuni resti e i reperti, su cui saranno eseguite anche indagini biologiche per accertare se si tratti effettivamente del corpo di Cairo. Gli accertamenti richiederanno con ogni probabilità delle settimane.
Gli imprenditori Salvatore Cairo e Sergio Spada vennero uccisi rispettivamente il 6 maggio 2000 e il 20 novembre 2001. Enrico Morleo e il fratello maggiore Cosimo Morleo sono gli unici due imputati. Devono rispondere di duplice omicidio pluriaggravato dalla premeditazione e dal metodo mafioso: Cosimo nel ruolo di mandante ed Enrico in quello di esecutore di entrambi i delitti. I due imprenditori, stando all’ipotesi accusatoria, sarebbero stati assassinati per non intralciare gli affari dei Morleo nel settore degli articoli casalinghi, dove puntavano al monopolio.
Le prime ammissioni di responsabilità sono state fatte da Enrico lo scorso 13 dicembre, quando in aula ha ammesso di aver fatto a pezzi con una motosega, bruciato e nascosto il cadavere di Salvatore Cairo, morto a 36 anni, ma di non averlo ucciso. Ieri gli inquirenti hanno condotto un sopralluogo nella zona industriale di Brindisi, in un'area in cui all'epoca dei fatti sorgevano le ditte “Il Fuocolare” ed “Mc Europe", entrambe riconducibili a Cosimo Morleo. È nell’azienda di famiglia che Enrico Morleo, 23 anni fa, secondo l’accusa, uccise a coltellate e fece a pezzi Salvatore Cairo. Nelle indagini sono state decisive le testimonianze di Massimiliano Morleo – che più di un anno fa ha iniziato a collaborare con la giustizia, accusando i fratelli Cosimo ed Enrico di entrambi i delitti – e di un uomo che all’epoca dei fatti lavorava presso l’azienda di Cosimo Morleo. Quest'ultimo ha riferito di aver visto Enrico Morleo che impugnava un coltello insanguinato accanto al cadavere di Cairo e di essere stato minacciato: “Se parli ti uccido o ti rendo complice”.
L'omicidio sarebbe stato commesso all’interno di un deposito di legna. In un passaggio della sua deposizione Enrico Morleo ha raccontato di essersi inginocchiato “per vedere se il cuore di Cairo ancora batteva e ho preso il coltello sporco di sangue”. In quel momento sarebbe stato visto dal super testimone. L'imputato avrebbe poi trascinato il cadavere alle spalle dell’azienda, dove si trovava un bidone metallico. Quindi avrebbe sezionato il cadavere con una motosega e avrebbe gettato i resti all’interno del fusto, poi caricato su un motocarro Ape. Il corpo sarebbe stato poi gettato in un pozzo.