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Impicca il figlio e lo sgozza con un taglierino per dispetto: condannato a 30 anni

Scarcerato perché scaduti i termini di custodia cautelare, ora la Procura di Lecce dovrà decidere quali misure di detenzione applicare al 32enne.
A cura di C. M.
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Gianpiero Mele, 32enne originario di Taurisano, è stato condannato in via definitiva per il brutale omicidio del figlioletto Stefano, sgozzato a soli due anni e otto mesi il 30 giugno del 2010 nella casa al mare di Torre San Giovanni. La quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha ieri comminato la condanna per omicidio volontario aggravato da futili motivi e crudeltà. A distanza di quasi 7 anni, dunque, è stata confermata la condanna definitiva e la Cassazione non ha accolto il ricorso presentato dai legali dell'uomo, che chiedevano l'annullamento della sentenza d'Appello. Ora la Procura generale della Corte d'Appello di Lecce dovrà decidere se e quale misura detentiva applicare all'imputato, dopo che il 7 aprile scorso erano scaduti i termini di custodia cautelare per via del doppio passaggio in Appello ed in Cassazione.

La Cassazione, infatti, nell'ottobre di due anni fa rimandò il processo in appello chiedendo di considerare l'eventuale sussistenza delle attenuanti generiche, nonché delle aggravanti dei futili motivi e della crudeltà. Gianpiero Mele uccise il figlio in maniera brutale, tanto che il suo caso viene tuttora considerato uno dei più disumani mai trattati in Italia. Mele uccise il figlio impiccandolo con una corda ad una porta per poi finirlo, sgozzandolo con un taglierino. I giudici hanno ritenuto Mele capace di intendere e di volere e di aver commesso l'atto con consapevolezza, non quindi suggestionato da eventuali suggestioni o provocato dall'esistenza di problemi psichiatrici non noti. "I consulenti spiegarono l'enormità del comportamento dell'imputato come una reazione al rapporto naufragato con la coniuge: ‘Non hai voluto salvarla questa famiglia. Hai voluto queste', scrisse Mele nella lettera lasciata in quella casa in cui uccise il figlio.

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