Il campo profughi di Idlib, ultima provincia siriana in mano ai ribelli ripetutamente bombardata dagli aerei russi e dai cannoni di Damasco, è un buco nero nelle nostre coscienze da cui affiorano storie che mettono i brividi. Sono gli stessi brividi che provava Iman Mahmoud Laila, una bambina di un anno e mezzo a 11 gradi sotto zero e intorno a tutto ciò che si può bruciare per scaldarsi, compresi gli pneumatici usati ritrovati ai bordi delle strade. Iman era fuggita con la famiglia dalla Ghouta orientale, insanguinata dagli scontri interni, e aveva trovato quiete in un villaggio a ovest della città di Afrin. La tenda però non è bastata per tenerla al riparo dalle rigide temperature e così il padre, una mattina che non era ancora l'alba, ha deciso di portarla all'ospedale più vicino per calmare quella brutta bronchite che le sgozzava il respiro.
Una coperta di fortuna e due ore di cammino, troppo per la salute della bambina. Iman Mahmoud Laila è arrivata già morta, tra le braccia del padre. Il bollettino medico è una coltellata in mezzo al cuore: assideramento, morta di freddo. Morta di freddo come si pensa avvenga solo nelle brutte favole dove vincono i cattivi e invece da quelle parti, in una Siria che diventa tomba di persone e di diritti umani, è una storia che si ripete ferocemente. Poche settimane fa è morto anche Abdul Wahhab Ahmad al-Rahhal, che era nato da poche settimane, ucciso anche lui da una vita troppo poco degna per ripararsi dal clima.
Dice l'ONU che dal primo dicembre più di 800mila le persone hanno abbandonatole loro case per la violenza delle ultime settimane nelle province di Idlib e Aleppo. "E' la peggiore e la più imponente migrazione degli ultimi 25 anni", ha dichiarato il capo del Norwegian Refugee Council, Jan Egeland.
I bambini morti di freddo sono la metafora più pungente di un mondo che non riesce ad occuparsi del proprio futuro e che non si accorge di come alcune zone sanguinino storie che dovrebbero essere sulle prime pagine di tutti i giornali. Quel padre che soccorre la propria figlia e se la sente morire tra le braccia lungo il cammino è un eroe sconfitto e solitario che dovrebbe essere un monumento di quello che riusciamo a diventare quando diamo libero sfogo alla violenza e all'indifferenza. Scriverne e leggerne, almeno, è un minimo atto di giustizia.