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Ilva Taranto, condannati 27 ex dirigenti per le morti da amianto

Le pene più severe per i manager della gestione pubblica, sei anni a Fabio Riva e all’ex direttore dello stabilimento.
A cura di Antonio Palma
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Condannati 27 ex dirigenti dell'Ilva per le morti degli operai causate dall'amianto e altri cancerogeni provenienti dallo stabilimento siderurgico di Taranto. È questa la decisone arrivata oggi dal tribunale del capoluogo jonico nell'ambito del processo per disastro ambientale colposo, omissione di cautele contro gli infortuni e omicidio colposo, in relazione al decesso di una ventina di operai ammalati di cancro per l'esposizione all'amianto. Complessivamente sono stati inflitti 189 anni di carcere, le pene più alte sono state inflitte agli ex manager della vecchia Italsider pubblica alla quale subentrò poi il gruppo Riva. Il processo per le morti da amianto all'Ilva di Taranto infatti ha riguardato sia il periodo in cui la gestione era ancora quella pubblica sia il periodo successivo al 1995 quando subentrò la gestione privata della famiglia Riva.

Le pene – Nel dettaglio la pena più alta, nove anni e mezzo, è andata al manager dell'era pubblica Sergio Noce, 9 anni al suo collega Gianbattista Spallanzani e 9 anni e 2 mesi ad Attilio Angelini, accusati di disastro ambientale e ventuno omicidi colposi per la morte degli operai venuti in contatto con fibre di amianto. Ad otto anni e mezzo sono stati condannati Pietro Nardi e Giorgio Zappa, ex dg di Finmeccanica. Infine sei anni di reclusione per Fabio Riva e l'ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso. Fra gli imputati c'era anche il patron dell'Ilva Emilio Riva, morto il 30 aprile scorso. Durante le inchieste e il successivo processo è stato accertato che gli operai deceduti nel decennio scorso, in molti casi per mesotelioma pleurico, lavoravano a contatto con l'amianto e altri cancerogeni senza nessun controllo o protezione e senza essere informati dall'azienda che sapeva.

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