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Ilaria Alpi: 19 anni fa venne uccisa la giornalista. L’associazione scrive a Grasso e Boldrini: “Vogliamo la verità”

La giornalista e il suo cameraman vennero freddati con un colpo di kalashnikov: fu un’esecuzione, ma ancora non è emersa la verità definitiva. Cosa avevano scoperto? A chi davano fastidio?
A cura di Davide Falcioni
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Il 20 marzo del 1994 Ilaria Alpi e Miran Hrovatin – giornalista e operatore Rai – vengono uccisi a Mogadiscio, in Somalia, dove si trovavano per raccontare la guerra civile e indagare su un traffico di armi e rifiuti tossici nei quali – probabilmente – anche l'Italia aveva responsabilità.

Fu una vera e propria esecuzione. I due vennero finiti con colpi di kalashnikov mentre si trovavano nella loro jeep: autista e guardia del corpo rimasero illesi, a dimostrazione che i killer sapevano chi uccidere. Nel 2007 il Gip Emanuele Cersosimo scriveva: “…da un’analisi complessiva degli elementi indiziari fino ad oggi raccolti dagli inquirenti, la ricostruzione della vicenda più probabile e ragionevole appare essere quella dell’omicidio su commissione, assassinio posto in essere per impedire che le notizie raccolte dalla Alpi e dal Hrovatin in ordine ai traffici di armi e di rifiuti tossici avvenuti tra l’Italia e la Somalia venissero portate a conoscenza dell’opinione pubblica italiana…”.

Ma la verità definitiva sembra ancora lontana, così oggi l'associazione Ilaria Alpi ha deciso di scrivere una lettera ai presidenti di Camera e Senato:

“Il 20 marzo 1994 è domenica. A casa Alpi verso le tre del pomeriggio arriva una telefonata dalla redazione del Tg3. A rispondere è la madre, Luciana: ‘Ilaria è morta…’. La notizia riportata dall’Ansa non proviene dalle autorità italiane o dall’Unosom, ma da Giancarlo Marocchino, un autotrasportatore italiano che vive a Mogadiscio da dieci anni, che avrà e continua ad avere un ruolo chiave e ambiguo in questa tragica storia. Da subito si tenta di accreditare la tesi dell’incidentalità: un attentato dei fondamentalisti islamici, una rappresaglia contro i militari italiani, un tentativo di sequestro o un tentativo di rapina finiti male. Ma fu un’esecuzione, come sostiene chi era a Mogadiscio nel ‘più crudele dei giorni’”.

“Siamo ancora qui non ci arrendiamo vogliamo e avremo verità, tutta la verità e giustizia. Può essere una buona medicina anche per questa nuova fase politica, che di certo esige aria pulita, ripartire dal ‘senso della verità’ e della giustizia. L’elezione di Laura Boldrini a presidente della camera e di Pietro Grasso a presidente del senato è un segno di vicinanza e di speranza”.

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