La notte dopo il terremoto passa innaturale, alla luce delle fotoelettriche. Scopri chi ci è passato perché si attrezza prima che tramonti il sole; non c'è sonno ristoratore. Non ci sarà per molto tempo: raccontano i superstiti di qualsiasi sisma che per anni sono stati tormentati nella notte dalle oscillazioni, balzando giù dal letto a ogni minimo rumore o movimento di lampadario. Amatrice, Accumoli, Arquata e Pescara del Tronto sono i paesi delle sagre, del vino buono e del ritorno a casa col bus se sei all'università. Non ci sono più e le immagini riprese dall'alto grazie all'utilizzo di un drone restituiscono una fotografia di polvere come potrebbe essere quella di Aleppo.
Conosciamo, conosciamo bene quel che verrà: i campi base con cessi chimici e materassini arrotolati, i plaid grigi come quelli delle brande dei militari. Un rumore di buste di plastica, le buste sono ovunque, le buste sono casa tua. Ti ricordi che avevi una casa? Ecco, oggi casa è tutta lì. E se si rompe perdi il pupazzo della bimba, perdi la tesi di laurea, perdi quelle foto che non ne hai una copia, non ci hai mai pensato, vallo a pensare che succedeva questo poco.
La sensazione della terra presa a schiaffi sotto i piedi è impotenza e volere di dio. A cosa ti aggrappi se è crollato tutto e quello che non lo è lo guardi infido da lontano perché pronto a rovinare al suolo e uccidere? Ho un'amica che era a L'Aquila all'università durante il terremoto, ieri ha cercato di fare finta che non fosse accaduto nulla, spegnendo tv e cellulare. La sera è esplosa, si sentiva in colpa per non aver sofferto insieme a loro.
Parafrasando Danilo Dolci: Annoiano, i padri, quando raccontano le loro guerre. Ma quando si racconta del terremoto, dalle mie parti, si sta tutti zitti. L'ho visto con l'Irpinia. Sono passati quarant'anni e ancora, a ogni sussulto della terra, a casa ci raccontiamo che accadde il 23 novembre del 1980. Chi scappava, quello che crollava, nonno che ricostruì tutto da solo, fottendosene di aspettare ciò che poi, in effetti, non arrivò mai.
Stanotte nei centri devastati il rumore dei compressori che davano luce alle lampade e il grattare continuo sotto le macerie della ruspa davano poco da sperare a chiunque. Dov'è finita la vita? In ciò che resta, indubbiamente. Ma come resta? Come continuerà, dopo lo strazio della perdita, il dolore dello scempio e l'idea – che oggi appare impossibile – di ricominciare e andare avanti? Dopo la strage d'Irpinia e Lucania, quasi tremila morti, un gallerista d'arte illuminato, Lucio Amelio, chiamò i più grandi artisti contemporanei e chiese loro un'opera d'arte sul sisma. E nacque la mostra Terrae motus. Dalle mani di gente come Andy Warhol (la celebre serigrafia "Fate presto" fu creata così), Keith Haring, Jannis Kounellis, Michelangelo Pistoletto nacque bellezza sulle macerie, come balsamo su un dolore destinato a diventare storia.
Ora che la sofferenza è ancora troppo forte per chi è colpito direttamente è difficile parlare di quel che potrà essere dopo. Tuttavia chi invece è spettatore può fare tanto anziché dire oscenità sui profughi negli alberghi e sugli sfollati nelle tende. Non solo contribuire economicamente alla ricostruzione (chi può lo faccia, subito!) ma anche tendere una mano con le parole scritte e dette, coi gesti gentili, con atti che non devono per forza essere immediati. La nuttata non è ancora passata. Ci vorrà molto tempo.