Il viaggio a Verona di Messina Denaro poco dopo l’arresto di Provenzano: cosa svelano i suoi diari
Ci sono anni e anni di riflessioni personali nei quaderni che scriveva Matteo Messina Denaro durante i suoi anni di latitanza. Racconta episodi della sua vita, ma allo stesso tempo affida i suoi pensieri più profondi alla figlia Lorenza che vedrà poche volte di nascosto in Sicilia. Fino a quando – dopo la cattura dell'ex boss di Castelvetrano il 16 gennaio del 2023 e prima della sua morte il 25 settembre dello stesso anno – la figlia accetterà di incontrare il padre e di cambiare il suo cognome: da Alagna a Messina Denaro.
Un vero e proprio diario in cui in più parti si rivolge alla figlia. Del resto il suo obiettivo è chiaro, lo precisa subito: "Le volevo raccontare la mia vita… lo desideravo, per dirle senza filtri quel che mi era successo. Deciderà lei se leggerlo o bruciarlo". Una latitanza particolare, diversa da quella degli altri boss di Cosa Nostra. L'ex capo di mandamento di Castelvetrano decide infatti di scrivere lui stesso le sue memorie, i suoi pensieri. Scrive e scrive, e non solo pizzini dunque. Qualcosa che non avrebbero fatto gli altri boss di mafia.
A trovare i suoi quaderni sono stati gli investigatori durante i sopralluoghi nei suoi covi e davanti agli inquirenti – in uno dei tre interrogatori a L'Aquila dove per alcuni mesi è stato incarcerato al 41bis – Matteo Messina Denaro chiederà che vengano consegnati a sua figlia, ovvero la vera destinataria di tante pagine.
Cosa svela Matteo Messina Denaro nei suoi diari
Matteo Messina Denaro non ha mai citato i nomi di chi lo ha aiutato durante i 30 anni di latitanza. Così come non svela i luoghi (o almeno solo in pochissimi casi) dove per così tanto tempo si è nascosto. Lo scopo è un altro: "Questo libricino è nato nel 2008 – come scriveva il boss e come pubblica La Reppublica -, nasce senza un motivo preciso, volevo, credo solo fissare dei pensieri miei e di autori che ho incontrato nella mie lettura".
Poi tiene anche a precisare: "Naturalmente tutto ciò che ho scritto non vuole essere di insegnamento ad alcuno, non ho queste velleità, né tanto meno questa pretesa e voglia. Ho scritto soltanto per me". Il pensiero verso la figlia è perché "solo io potevo dirle la verità sulla mia vita, nuda e cruda quale è stata. Perché solo io conosco la mia vita e non gli altri che hanno sempre abusato di me e su di me".
Capita che mentre scrive i diari i suoi pensieri vadano verso il passato. Pensa e sdrammatizza. Non parla mai delle sue condanne: più di una all'ergastolo per le stragi di mafia. "A volte – scrive – penso ai miei trascorsi con leggerezza, ma soltanto perché voglio sdrammatizzare il passato, la realtà non ha quel tono. Quando si fa qualcosa si fa con impegno, c'è tutto da guadagnarci".
Sembra che avesse voluto mettere nero su bianco lezioni di vita. Un po' per lui, un po' per chi legge: "Ricordati – scrive nel gennaio del 2014 rivolgendosi a sua figlia – qualsiasi cosa accada, devi essere un gigante di fronte al dolore. Un gigante piangerebbe di fronte a tutta questa gente? Sei una bambina particolare, non piangere come una contadina. Perché non sei la piccola fiammiferaia. Sei Lorenza. Sei mia figlia". Mentre il mese dopo aggiunge: "Sai Lorenza, dopo tutte le nefandezze sui giornali di te e di me, una persona molto avanti negli anni mi disse: ‘É comunque mia figlia, e il legame di sangue sono strane cose'. Ho taciuto, che può dire un uomo che è già morto dentro di sé. E poi è un mio dolore, soltanto mio, e non ho niente da dire ad alcuno, neanche a te. Ne soffro, è soltanto un dolore mio".
Il 7 giugno sempre del 2014 si difende dalle sue accuse da criminale: "Vengo sempre descritto come un criminale, un vandalo nel migliore dei casi, da chi non mi conosce. Ma non è così, non sono e non mi sento un criminale".
Perché la foto a Verona dimostra che Messina Denaro non era il capo di Cosa Nostra
Non solo riflessioni e lezioni di vita alla figlia. In un passaggio del suo diario rivela che il 20 maggio del 2006 si trovava a Verona, davanti all'Arena. Lui scrive: "Queste foto sono state fatte il 20 maggio 2006. Nello stesso preciso periodo hanno fatto un identikit su di me dove sembrava avessi 86 anni e 5 mesi. In verità in quel periodo ero come in queste foto allegate".
In questo caso Matteo Messina Denaro aiuta gli inquirenti che stando ricostruendo tutti i suoi 30 anni di latitanza. Nel maggio del 2006 l'ex boss di Castelvetrano era in Veneto. Era lontano dalla Sicilia pochi giorni dopo l'arresto di Bernando Provenzano, avvenuto l'11 aprile 2006. Era a Verona quando Cosa Nostra informalmente "saluta" il suo capo (Provenzano) e affida la sua successione a Matteo Messina Denaro. O meglio, formalmente questo non avverrà mai: per essere il capo dei capo, quindi al vertice della Cupola mafiosa, devi essere palermitano. Messina Denaro rivendicherà sempre la sua appartenenza al territorio di Trapani. E il fatto che fosse a Verona quando Cosa Nostra era in ginocchio forse lo dimostra.