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Il traffico di esseri umani e la misteriosa morte di Deeqa, uccisa sul ponte della Gran Madre

Probabilmente qualcuno la voleva morta. Sicuramente qualcuno l’ha uccisa. Deeqa Aden Gures è stata trovata cadavere sul Ponte della Gran Madre la notte del 2 ottobre 2012, con il cranio sfondato. Il caso è stato archiviato come incidente e il colpevole non è mai stato rintracciato. Deeqa aiutava i rifugiati delle zone di guerra sbarcati in Italia. Il suo lavoro potrebbe aver interferito con il racket delle vite umane.
A cura di Angela Marino
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Una fredda sera di ottobre di due cinque anni fa, il corpo di una donna con il cranio sfondato viene trovato riverso sul basolato del ponte Vittorio Emanuele I, a Torino. La vittima viene identificata come Deeqa Aden Gures, quarantasei anni, avvocato e mediatrice culturale di origini italo-somale. Qualcuno nella notte l'ha investita e si è dato alla fuga lasciandola sulla strada. Questa la prima ricostruzione di quella morte brutale. Un omicidio colposo, all'epoca, omicidio stradale, oggi.

L'omicidio del ponte

La ferita sul capo di Deeqa, dicono i periti, è compatibile con lo schiacciamento di una ruota, ma anche con i colpi di un oggetto contundente, in parole semplici, qualcosa come un bastone o una spranga. Siamo proprio sicuri che l'avvocato 46 enne sia morta investita da un pirata della strada? Nel dubbio, soprattutto per scartare la terribile ipotesi di un omicidio volontario, sarebbe meglio indagare. Lo chiede il vedovo, Luigi Tessiore, ex funzionario delle Nazioni Unite, che negli ultimi tempi aveva visto sua moglie inquieta, spaventata. Era diventata diffidente, si guardava le spalle quando camminava, stava attenta alle persone che le chiedevano incontri. Aveva parlato agli amici di minacce e intimidazioni. Un mese prima qualcuno aveva scritto su Twitter: "Deeqa sarà uccisa di notte".

Un motivo in più per allontanare qualsiasi ombra dal caso, eppure la Procura non ritiene di dover proseguire le indagini. Si ipotizza – sulla base delle immagini delle telecamere di videosorveglianza – che Deeqa si sia accasciata mentre camminava sul ponte della Gran Madre, ubriaca, e che sia stata investita mentre era inerme. L'autopsia, però, non rinviene rilevanti tracce di alcol nello stomaco della vittima.

Le ombre

Com'è possibile, allora, che Deeqa si trovasse riversa sul selciato, completamente immobile, poco prima delle tre di notte e in una zona che diceva di evitare, perché pericolosa? Non bastano le evidenze scientifiche, le incongruenze e il ragionevole dubbio a far aprire un'inchiesta per omicidio doloso a carico di ignoti? Secondo la Procura di Torino, no, tanto che nel maggio 2013 dispone l’archiviazione del fascicolo per omicidio colposo, tra lo sconcerto dei parenti e dei colleghi della vittima. Così si sfoga Luigi Tessiore:

Tutte le istituzioni con cui Deeqa lavorava, il Comune, la Regione, la Provincia, la Polizia di Stato, la Stampa e la Televisione, il giorno della sua morte si sono dimenticati di lei. Perché per Deeqa non si può montare un'indagine a tutto campo come si monterebbe per qualsiasi consigliere Comunale, o sindacalista o dirigente di partito che siano vittime di incidenti simili? […] Deeqa è stata trattata senza la dignità ed il rispetto civico che spettano ad un personaggio pubblico torinese qualsiasi solo perché era africana e solo perché era donna?

Seguendo il filo tracciato dalle ipotesi dei periti, ovvero quello di un'aggressione con un oggetto contundente, sotto i cui colpi Deequa avrebbe, verosimilmente, camminato barcollante ‘come se fosse ubriaca' sul lastricato del ponte, è necessario ipotizzare anche la figura di un aggressore. Scartando l'ipotesi di una rapina e immaginando che le stesse persone dalle quali Deeqa si sentiva minacciata potessero volerla morta, il primo contesto in cui devono essere cercate è probabilmente quello legato all'immigrazione.

Il traffico di vite umane

Originaria di una prestigiosa famiglia somala, Deeqa aveva fondato, a Torino, l’associazione ‘Is Sahan' per assistere i rifugiati che sbarcano in Italia delle zone di conflitto. Esiste, su questi sfortunati, un traffico clandestino internazionale alimentato con falsi passaporti e falsi esami del DNA, che vengono messi a disposizione degli immigrati per ricongiungimenti familiari fittizi, in cambio, però, di cifre esorbitanti. È il prezzo che un uomo o una donna pagano per salvare se stessi e i loro bambini da morte certa. Il viaggio da Al Sebaab, in Somalia, per esempio, può costare fino a tremila dollari, mentre per il falso esame genetico agli immigrati viene chiesto di sborsare la somma di ventimila dollari. L'impegno che Deeqa aveva profuso per aiutare i suoi connazionali non poteva certo non averla condotta vicino a questo mondo criminale e non è certo difficile immaginare che il lavoro della mediatrice potesse aver interferito con questi traffici. In criminologia, in effetti, questo si chiamerebbe ‘movente'.

Una vittima, nessun colpevole

Dalla morte dell'avvocato Aden Gures sono passati cinque anni e, di quell'ultima sera, si sa solo che ha raggiunto alcuni amici in un locale a San Salvario. Da mezzanotte le testimonianze diventano discontinue e l'unico dato certa è che alle tre il cuore di Deeqa aveva già cessato di battere. Nulla si sa della monovolume scura proveniente dal Ponte della Gran Madre e diretta da piazza Vittoria, ripresa dalle telecamere di videosorveglianza, che potrebbe averla investita. Che sia un ‘semplice' omicidio stradale, un aggressione culminata in omicidio o un delitto premeditato, il caso della morte de ‘l'angelo dei Somali' invoca ancora una risposta. 

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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