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Terremoto in Turchia e Siria

Il terremoto in Siria e Turchia raccontato da una famiglia turca: “20 parenti sono sotto alle macerie”

Alì Kunduru è un cittadino italo – turco che vive in Italia e che, come racconta a Fanpage.it, ha perso parte della sua famiglia nel terremoto che ha colpito la Siria e la Turchia.
A cura di Stefano Toniolo
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Alì Kunduru ha 46 anni e gestisce un piccolo locale di kebab a Rivoli, in provincia di Torino. È arrivato in Italia nel 2010 come rifugiato politico ed è originario di Pazarcik, che si trova vicino all’epicentro del violento terremoto che nella notte tra il 5 e il 6 febbraio ha colpito Turchia e Siria. Ora il bilancio è salito a più di 10mila morti e tra questi ci sono anche i parenti della famiglia di Alì Kunduru. “Da parte di mio papà ho perso 42 parenti e quasi 20 sono ancora sotto le macerie. Pensarci fa troppo male", racconta a Fanpage.it. "Per fortuna i parenti di primo grado stanno bene, ma dormono per strada, perché la casa non è più stabile per entrarci”.

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Il termometro segna  5 gradi sotto zero e le notizie che giungono in Italia alla famiglia Kunduru sono tutt’altro che confortanti. Molti dei loro parenti sono sfollati, senza casa, e sono costretti a dormire all’addiaccio, perché spesso non ci sono strutture pronte ad accoglierli. E mentre fanno i conti con le interruzioni di luce e gas, scarseggiano anche i beni di prima necessità: “Lì non c’è luce, non c’è gas, non c’è pane e non c’è acqua. Per il momento dormono con -5 gradi, perché non c’è un posto dove fanno accoglienza", continua. "Io ho già parlato con mio fratello. Lui mi ha detto che sono fuori e non hanno un posto dove dormire e non hanno pane e acqua, ma mi ha detto che sta andando ad aiutare la protezione civile, perché c’è gente che sta peggio di loro. Anche loro danno qualcosa per aiutare le altre persone e questo mi fa tanto piacere”.

Anche Alì e la sua famiglia hanno deciso di fare la loro parte, anche se a distanza: è stata la figlia Efsane Kunduru a lanciare una raccolta di beni di prima necessità, che in pochi giorni ha fruttato  centinaia di beni tra cibo, vestiti e coperte. “In questo caso non possiamo fare nulla, e vorremmo solo dare questo aiuto”, dice Alì Kunduru.

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