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Il terremoto dell’Aquila non era prevedibile: “Radon non fu premonitore”

Secondo una ricerca dell’Università dell’Aquila non ci furono aumenti significativi delle emissioni di gas nel periodo precedente al terribile sisma che distrusse il capoluogo abruzzese.
A cura di Antonio Palma
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Una ricerca dell'Università dell'Aquila pone fine alla lunga polemica sulla presunta previsione del terremoto del 6 aprile 2009 che distrusse il capoluogo abruzzese. Secondo  lo studio coordinato da Giuseppe Pitari e pubblicato sulla rivista Environmental Earth Sciences, in quel periodo non ci fu nessun aumento delle emissioni di radon che potevano far prevedere l'evento sismico. Gli scienziati infatti, dati alla mano, spiegano che nessun aumento significativo della concentrazione di radon ebbe luogo nel marzo 2009 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e anzi confrontando i dati del marzo 2009 con quelli del marzo 2004 si nota in realtà una diminuzione media del 30% delle emissioni di radon durante il 2009.

Soddisfatto l'ex presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica – "Che le previsioni basate sul radon fossero una cosa destituita di ogni fondamento era ben noto, anche se se ne parla inutilmente dagli Anni '40" ha detto soddisfatto l'ex presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica, Enzo Boschi, aggiungendo "Il nuovo studio mette fine alle polemiche sulla possibile prevedibilità del terremoto che sarebbe stato anticipato da emissioni di radon nel territorio". "Nonostante numerosi studi scientifici abbiano dimostrato nel tempo che non esista nessun nesso tra le emissioni di radon dal terreno ed eventi sismici, ottenne grande eco mediatica la voce secondo cui il terremoto era in qualche modo prevedibile" ha ricordato Boschi  sottolineando che "Nessuno è mai riuscito a capire come venivano fatte le misure a L'Aquila ma il problema vero è che furono prese in considerazione da tutta l'informazione nazionale e internazionale". "Questi quattro giovani ricercatori aquilani hanno fatto una cosa importante perché hanno dimostrato ancora una volta che il metodo scientifico da Galileo in poi, benché lento e faticoso, consente sempre progressi, anche minimi, ma positivi, nella conoscenza del mondo che ci circonda e nella chiarezza dei nostri convincimenti" ha concluso l'ex presidente dell'Ingv

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