È morto a 27 anni, bello, vincente, all’alba di una vita di successi che prometteva di dargli tutto quello che desiderava. È morto come gli eroi epici, come i protagonisti dei romanzi, come le star maledette del rock, al culmine del vigore giovanile. La sua morte, però, non ha nulla di aulico, è una brutta vicenda di reticenze e segreti, vuoti e sospetti.
La storia di Donato Denis Bergamini
C’è, infatti, una verità che pretende che Donato Denis Bergamini, centrocampista del Cosenza – che aveva appena firmato un ottimo ingaggio e si era fidanzato con una bella ragazza romagnola – si sia suicidato gettandosi sotto un tir. È quella delle indagini, in diversi tratti opache, iniziate il 18 novembre 1989, quando il centrocampista fu trovato sulla Statale Jonica con la faccia sull’asfalto e il bacino devastato, e quella che oggi, a distanza di 28 anni, potrebbe essere smontata dai nuovi accertamenti del procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla. Il corpo di Denis verrà riesumato e racconterà la sua verità, quella che forse renderà pace alla famiglia che per quasi tre decenni si è battuta per sapere cosa fosse successo quella sera. Della sera del 18 novembre, appunto, si sanno poche cose, quelle messe nero su bianco dal brigadiere dei Carabinieri, Francesco Barbuscio e quelle raccontate da Isabella Internò, giovanissima ex fidanzata di Denis e unica testimone di quanto accaduto al chilometro 408 della Statale Jonica, dove un autocarro, carico di 138 quintali di frutta, avrebbe trascinato per 60 metri il corpo del ragazzo.
Chi è Isabella Internò
Per capire quello che accadde è necessario tornare a qualche anno prima di quel fatale sabato d'autunno. Denis era noto negli ambienti calcistici per essere un donnaiolo e per tre anni, dal 1985 al 1988, aveva frequentato a intermittenza la giovane cosentina Isabella Internò, che aveva solo 16 anni quando quella relazione era iniziata. Adolescente, si era sentita lusingata dall'attenzione del biondo calciatore 27enne che, con la sua Maserati fiammante, a Cosenza era una celebrità.Tra litigi e riconciliazioni la storia era durata due anni, passando attraverso la dolorosa esperienza di un aborto. Isabella era rimasta incinta, Denis si era detto disposto a riconoscere il bambino, ma non a sposarla e lei, terrorizzata dal giudizio di parenti e conoscenti per una gravidanza in giovanissima età e fuori dal matrimonio, aveva deciso di abortire in una clinica londinese. Poi quella storia burrascosa era finita, complice anche la gelosia e il senso di possesso della ragazza, che non tollerava le attenzioni femminili che la carriera di brillante calciatore attirava a Denis. Acqua passata, ormai, tanto che Denis si era fidanzato con Roberta, che voleva sposare.
Dov'è morto Denis Bergamini
Quel giorno, quello del misterioso investimento, comincia con le abituali attività della squadra: l'allenamento mattutino, il pranzo alle 12 e 30 seguito dal riposo al Motel Agip di Rende e alle 16, la visione di un film al cinema Garden, sempre a Rende. Proprio da lì Denis fa una telefonata alla ex fidanzata Isabella. Si mette d'accordo con lei per raggiungerla a casa e poi, in tutta fretta, esce dal cinema passando davanti alla maschera della sala che gli chiede, scherzando, dove ‘scappi' così di corsa. "Torno prima che il film sia finito", dice, ma non torna più. Alcune ore più tardi, viaggia a bordo della Maserati bianca con al fianco l'ex, Isabella Internò. La loro storia era finita da mesi, eppure siedono fianco a fianco nella 33 Spyder diretti non si sa dove. Si sa, invece, che si fermano a un posto di blocco lungo la strada, dove a controllare i documenti a Roseto Marina, a non più di tre chilometri dal luogo dove avverrà la tragedia, è un giovane carabiniere di nome Francesco Barbuscio. Lo conferma la stessa Internò, che colloca il controllo alle 17 e 30, dato attestato solo dalla sua testimonianza, perché il foglio che i carabinieri sottoscrivono ogni volta che un'auto viene fermata, non si troverà.
L'ipotesi del suicidio
Alle 20 il brigadiere Barbuscio arriva a Roseto Capo Spulico, dopo aver risposto a una chiamata dalla vicina stazione di Rocca Imperiale Scalo che segnala un incidente. Sulla statale, in corrispondenza di una piazzola di sosta, c'è un camion fermo a un metro e mezzo dal corpo di un ragazzo. Pancia, in giù, i capelli biondi perfettamente pettinati, il gilet senza una piega. Sembrerebbe addormentato se non fosse per quella chiazza di sangue sotto il bacino. A pochi metri c'è un uomo di mezza età, l'autista del tir, Raffaele Pisano. Ai funerali, celebrati a Cosenza su richiesta della squadra, ci sono diecimila persone e c'è Isabella, che piange davanti al feretro. Il corpo viene sepolto senza che venga eseguita l'autopsia, l'auto non viene sequestrata e non verrà esaminato neanche il Tir. I carabinieri, tra cui il brigadiere Barbuscio, ritengono credibile la versione della ragazza. "Donato si è buttato sotto le ruote tuffandosi nella stessa posa che si usa quando si fanno i tuffi in piscina". Dice ai carabinieri che gli aveva confidato di voler lasciare il calcio e imbarcarsi a Taranto, per iniziare una nuova vita. Una versione anomala, non confermata dalla famiglia che, riavutasi dallo choc, comincia a essere tormentata dal sospetto che qualcuno possa aver ucciso Denis e simulato il suicidio.
Il processo all'autista del tir
Isabella rimane fedele alla versione fornita da principio anche quando si celebra il processo per omicidio colposo a carico del camionista Raffaele Pisano, che viene assolto dall'accusa. Entrambi sostengono che Denis si sia lanciato sotto il mezzo pesante e che sia stato trascinato per 60 metri. Eppure, l'autopsia tardiva eseguita mesi dopo la morte mostra un corpo con il viso quasi intatto, neanche un livido. Le lesioni più gravi sono quelle localizzate all'altezza del bacino, completamente devastato. Lesioni non dissimili da quelle da percosse, ma piuttosto anomale per uno schiacciamento. Il tir con il peso di 136 quintali di mandarini, lo avrebbe fatto a pezzi, invece il cadavere – come appare evidente anche dalla foto della scena scattate all'epoca dai carabinieri – è integro. È possibile che, quando è stato investito, Denis fosse già morto?
La Maserati di Denis Bergamini
Qual è la verità? Se di omicidio si tratta, chi aveva un movente per uccidere Donato Denis Bergamini? Una pista battuta dagli inquirenti, della quale parla ampiamente il libro Il calciatore suicidato, scritto dal giornalista Carlo Petrini, è quella del traffico di droga in odore di ‘Ndrangheta, in cui il giovane Bergamini sarebbe stato coinvolto. Secondo questa ricostruzione Denis sarebbe stato un corriere della droga, che avrebbe trasportato con la sua Maserati bianca, effettivamente appartenuta a un pregiudicato legato alla criminalità locale, prima di passare nelle mani di Bergamini. Che un ammanco di denaro potesse aver indotto personaggi legati alla malavita a punire il giovane calciatore è un'ipotesi che non ha trovato nessun riscontro. Non vi sono tracce di traffici ‘loschi' nella vita di Denis, né di strani passaggi di denaro.
Due moventi, nessun colpevole
Perché qualcuno avrebbe dovuto ucciderlo? Un'altra pista, di cui parla il libro di Alessandro Mastroluca, Donato Denis Bergamini, una storia sbagliata, è quella dell'omicidio passionale. È stato riferito dalle persone vicine a Bergamini che Isabella Internò era preoccupata delle reazioni della sua famiglia quando litigava con Denis. La mentalità del Sud non avrebbe visto in buona luce l'abbandono di un ragazzo che l'aveva anche messa incinta. Una volta, come si legge nel libro di Mastroluca, Isabella avrebbe detto a una sua amica. "Se sanno – riferendosi ai suoi cugini – lo ammazzano". Impossibile non mettere in croce questi episodi, la gelosia ossessiva della ragazza e quanto successo appena due settimane dopo da queste parole. Tuttavia, anche sull'ipotesi del delitto d'onore, in cui la ragazza avrebbe agito in concorso con altri, non ci sono, al momento, evidenze.
L'epilogo
La verità è quella che conosce la figura chiave di questa storia, Isabella Internò, oggi sposata con Luciano Conte, agente di pubblica sicurezza all’epoca dei fatti in servizio alla Mobile di Palermo e già legato alla ragazza da quella che entrambi definirono ‘un'amicizia'. L'agente non è mai stato sentito dagli inquirenti come persona informata dei fatti. L'unica cosa certa è che Denis amava il calcio e la sua vita, interrotta tragicamente a 27 anni, ma si sa, coloro che muoiono giovani sono cari agli dei.