“Vorrei solo costruirmi una vita più autonoma possibile, rendendo lo sport un’opportunità di lavoro inclusivo”. Jacopo Petrocco ha 28 anni e vive insieme alla madre a Scanno, un paesino di montagna in provincia dell’Aquila. Diplomato al Liceo psico-pedagogico di Sulmona. A causa di un parto gemellare prematuro ha la tetraparesi spastica distonica. “Alla maturità portai un percorso tematico incentrato sulle possibilità della disabilità in tutti i settori, incluso lo sport. Mio padre, che ho perso 3 anni fa, era maestro di sci e fu proprio lui a iniziarmi allo sci seduto. Purtroppo il suo sostegno è venuto meno proprio quando stavo per approfondire questa passione: per molti anni non sono riuscito a praticare.”
Jacopo oggi si è rimboccato le maniche e ha deciso di farcela da solo: ha progettato, testato e implementato un monosci con una serie di accorgimenti che gli permettono di gestirlo in autonomia, anche se sempre coadiuvato da un accompagnatore che funge, letteralmente, da paracadute di emergenza. Il tutto autofinanziandosi, con non poche difficoltà, contando solo sull'appoggio di alcuni amici. Ma non si è fermato qui…
"Ho sviluppato una vera e propria didattica dedicata ai ragazzi con disabilità che vogliono dedicarsi al monosci. Di solito a insegnare sono persone ‘normodotate’ che non sempre riescono ad entrare in empatia coi propri allievi, per questo vorrei colmare questa lacuna introducendo la figura del dimostratore: una persona con disabilità che faccia da ponte tecnico ma soprattutto emotivo tra gli allievi e il maestro.”
Iniziano i primi segnali incoraggianti. Il direttore di una scuola sci lo accoglie nel gruppo dei maestri e prende a cuore il suo progetto, regalandogli una bella dose di entusiasmo attraverso la messa a disposizione di uno spazio per sperimentare la sua didattica insieme ad un maestro che possa valutare la risposta degli allievi. I risultati sono stati al di sopra delle aspettative, ma sono iniziate anche le note dolenti…
“Abbiamo provato ad avviare una regolarizzazione della mia figura ma ci siamo scontrati quasi immediatamente con l’organo competente: la Federazione Italiana Sport Invernali Paralimpici. Nutrivo grandi speranze rispetto a questo passaggio perché credo spetti a un organismo del genere normare la mia situazione, ma sono sprofondato in una situazione ancora più umiliante.”
Stando a quello che racconta Jacopo, la Federazione riconosce la possibilità di insegnare solo a chi è affetto da paraplegia, in quanto i tetraparetici non svolgerebbero attività di questo tipo.
“Sotto la mia diagnosi ci sono delle variabili infinite relative ad ogni caso: non si può generalizzare. Per far capire quanto ciò sia vero basta citare il caso del mio fratello gemello che, nelle stesse mie condizioni, non è riuscito purtroppo a superare l’adolescenza.”
Sempre Jacopo ci tiene a sottolineare che la figura di maestro sci da seduto non esiste. Ciononostante, la Federazione accetta le associazioni dilettantistiche dove insegnano soggetti paraplegici, amputati, ciechi… ma non tetraparetici, appunto.
“Lungi da me, ovviamente, scatenare una guerra tra poveri, ma mi pare l'ennesimo punto discriminatorio. Se penso poi che questo scarico di rimpalli tra Federazione e collegi è avvenuto in forma esclusivamente telefonica, mi sento ancora più preso in giro, quasi come se il mio caso non meritasse neanche di finire su una pratica. Verrebbe da dire che ci sia una strategia nel non permettermi di avere nemmeno una documentazione su quanto mi viene negato: in fondo, che pubblicità sarebbe per una federazione che si occupa di inclusione sportiva?”