Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una nostra lettrice:
"Sono una ragazza laureata in Giurisprudenza che per pagarsi gli studi lavorava come cameriera, nonostante questo sono riuscita a laurearmi a 24 anni con un voto di 104/110 alla Federico II di Napoli. Subito dopo ho dovuto rinunciare, atteso il punteggio soglia per accedere ai tirocini pagati nei tribunali di 105, al sogno della propria vita di diventare magistrato, atteso anche i prezzi esorbitanti delle scuole di specializzazione. Dunque intraprendo una pratica forense presso un avvocato ovviamente non retribuita, fortuna vuole che vengo selezionata a seguito di un bando pubblico per svolgere la pratica forense presso un ente pubblico che mi permette di vedermi rimborsate le spese sostenute per un ammontare di €200 al mese. Dunque penso di intraprendere un percorso per l'insegnamento, ma la laurea in Giurisprudenza non è completa per insegnare diritto ed economia agli istituti superiori, dunque a mie spese sostengo esami integrativi per il completamento del percorso e gli esami integrativi socio-pedagogici, cd 24 CFU.
Peccato che la classe di concorso di cui sopra è ormai satura e nonostante l'assoluto bisogno in Italia non sia prevista una figura in qualità di insegnante specifica di diritto civico nei licei, scuole medie ed elementari. Ma sono ‘fortunata' per una seconda volta e vengo assunta da uno studio legale che mi proponeva prima 300 euro mensili fino ad arrivare a 600 euro.
Stanca di una vita buttata dietro mortificazioni e frustrazioni, atteso anche il mancato superamento dell'esame di stato di avvocato, decido di svolgere all'interno dello stesso studio per metà delle ore attività di segretaria così da potermi permettere del tempo per iniziare un nuovo percorso di studi e continuare ad arricchire il mio curriculum che sembra non bastare mai per nessuno.
Dunque acquisisco sempre a mie spese vari titoli informatici e linguistici.
Dunque partecipo ai vari concorsi mai troppo preparata per gestione familiare e lavorativa e per riforme che richiedono titoli che una figlia di operai non può permettersi e mi do da fare… E stringo i denti.
Ma sentirmi dire da un ministro della pubblica amministrazione che faccio parte di una generazione vittima di assistenzialismo veramente è intollerante.
È intollerante perché ho la fortuna di avere un papà operaio con una casa che non ci permette di usufruire dell'esenzione sanitaria per reddito e dunque tante visite specialistiche per controlli generali e specifici sono costretta ad effettuarli presso privati che non fanno nemmeno fattura.
Sono curiosa di sapere in cosa mi sarei crogiolata nell'assistenzialismo…
Spero diate voce alla mia esperienza, non una mosca bianca in questo sistema che ci sta schiacciando, prima mentalmente e poi fisicamente".
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