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Guerra in Ucraina

Il ruolo della propaganda omofoba russa nella guerra in Ucraina

L’omosessualità contro cui da sempre si batte Vladimir Putin è una delle leve con cui il Presidente russo muove la sua battaglia contro l’Occidente.
A cura di Jennifer Guerra
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(ph Denis Doyle/Getty Images)
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C’è un passaggio nel discorso con cui Putin ha annunciato l’invasione dell’Ucraina che è passato quasi inosservato, travolto dall’immediatezza degli eventi: [l’Occidente] “ha cercato di distruggere i valori tradizionali e forzare su di noi i suoi falsi valori che eroderebbero noi, il nostro popolo, dall’interno, comportamenti che con aggressività hanno imposto nei loro Paesi, comportamenti che stanno portando direttamente alla degradazione e alla degenerazione, perché sono contrarie alla natura umana”. Il lessico usato da Putin è ben noto a chi si occupa di repressione dei diritti LGBTQ+ e delle donne: il presidente russo sta facendo un esplicito riferimento all’omosessualità, colpevole, nelle sue parole, di causare la “degenerazione” dei “valori tradizionali” su cui si poggerebbe l’identità del popolo russo.

Nel 2018, scoprii un documento programmatico che circolava nelle istituzioni europee, intitolato Ristabilire l’ordine naturale e collegato a una rete di cento organizzazioni antifemministe e anti-LGBTQ+ denominata “Agenda Europe”. In questo documento, venivano delineate le principali linee ideologiche che animavano la repressione dei diritti umani fondamentali delle donne e della comunità LGBTQ+ in nome della “legge naturale”, ovvero un ordine dato delle cose che l’essere umano in non è in grado di modificare. Pilastri di questo ordine sono la famiglia, la procreazione, la proprietà privata, la difesa della vita e l’eterosessualità, che sarebbero stati messi in pericolo dalla “rivoluzione culturale” (il nome riecheggia Mao) dal Sessantotto in poi, per colpa dell’aborto, della contraccezione, del divorzio e della diffusione dell’omosessualità, che nel documento viene chiamata “sodomia”.

Il manifesto di Ristabilire l’ordine naturale fa riferimento a una supposta e vicina “fine della civiltà occidentale”, causata come per effetto domino da tutti quei comportamenti “contro natura” che vanno dall’uso dei contraccettivi alla procreazione assistita. L’idea che ci troviamo in un momento di soglia epocale per il futuro della nostra “civiltà”, qualsiasi sia il senso dato a questo termine, è molto diffusa negli ambienti ultraconservatori, che operano un collegamento diretto tra l’avanzamento dei diritti e il cosiddetto “inverno demografico”, nella convinzione che la causa della diminuzione delle nascite sia da ricercare nell’emancipazione femminile, nel divorzio e soprattutto nel supposto dilagare dell’omosessualità. La preoccupazione per il calo delle nascite è motivata da idee sulla “purezza del sangue”, motivo per cui questi soggetti sono anche ostili all’immigrazione, che considerano finalizzata a una “sostituzione etnica”.

Tra i finanziatori del gruppo di Agenda Europe è stato identificato, insieme ad alcune istituzioni cattoliche, anche l’oligarca Konstantin Malofeev, il cui nome non dovrebbe essere del tutto estraneo agli italiani. Malofeev infatti è salito alla ribalta in qualità di finanziatore del famigerato Congresso delle famiglie di Verona del 2019, un summit ultrareligioso che vide la presenza di numerosi personaggi controversi legati a quello stesso ambiente ideologico. Ma il suo nome è anche spuntato nell’inchiesta sui finanziamenti russi alla Lega, nella quale sono stati accertati alcuni incontri tra l’oligarca e il consulente del partito Gianluca Savoini. Malofeev, che definisce Putin “un dono di Dio”, è sempre stato sostenitore dell’invasione ucraina: già nel 2014 era stato sottoposto alle sanzioni europee per aver “agito in supporto della destabilizzazione dell’Ucraina orientale”, fornendo probabilmente anche armi e finanziamenti. Oltre al caso di Agenda Europe, i legami fra le frange più radicali del cristianesimo ortodosso russo e la propaganda anti-gender e antiabortista in Europa sono verificati da tempo. Secondo il Forum europeo per i diritti riproduttivi, quasi 200 milioni di dollari provenienti dalla Federazione Russa sarebbero stati utilizzati con questo scopo.

Al di là della propaganda sul territorio europeo, è proprio in Russia che l’azione omotransfobica ha ottenuto i risultati più importanti. Almeno dal 2017 in Cecenia è in corso una campagna di vera e propria persecuzione nei confronti delle minoranze sessuali che ha portato all’arresto e alla tortura di 150 attivisti, soprattutto uomini gay e bisessuali. Anche dal punto di vista legislativo la Duma ha approvato diverse leggi contro la “propaganda gay” e Putin ha più volte espresso la convinzione che i diritti LGBTQ+ siano un’arma che l’Occidente usa per destabilizzare la Russia. Lo confermano anche le recenti dichiarazioni del patriarca Kirill sulla guerra conto “la lobby gay”, che anziché essere bollate come “folli” andrebbero contestualizzate in quest’ottica.

Anche se passa in secondo piano rispetto alle cause geopolitiche e storiche, l’identità sessuale gioca infatti un ruolo fondamentale in questa guerra. Come ha scritto Giorgia Serughetti nel suo libro Il vento conservatore (Laterza), l’“ordine nativista e autoritario” che caratterizza il conservatorismo più estremo trova “un pilastro essenziale nell’assetto gerarchico delle relazioni tra i generi e gli orientamenti sessuali. Quest’assetto costituisce il versante interno del disegno di ricostruzione dei confini. Se la durezza delle frontiere statuali serve a separare i nativi dagli stranieri, e a impedire la contaminazione della discendenza, la sorveglianza dei confini tra i generi e le forme della sessualità rifonda la società su disuguaglianze di fatto, quando non di diritto”.

L’ossessione machista di Putin è stata discussa in molte occasioni: Putin si fa fotografare a petto nudo mentre cavalca o caccia, intimidisce Angela Merkel mettendola davanti ai cani di cui ha paura, fa pubblicare tweet che lo ritraggono mentre accarezza un leopardo insieme a Obama che accarezza un barboncino. Tutto questo immaginario rinforza i ruoli di genere contro la decadenza o, per usare le sue stesse parole, “degradazione e degenerazione” sessuale occidentale. Niente di nuovo per i nazionalismi, che da sempre ricorrono a una rigida separazione tra la virilità maschile e il bisogno di protezione delle donne. Se da un lato Putin usa questi discorsi per una repressione interna nei confronti della comunità LGBTQ+ russa, la lotta per “ristabilire l’ordine naturale” diventa anche un pretesto di aggressione nei confronti dell’Ucraina, come ha dichiarato nel discorso del 24 febbraio. Le minacce occidentali a cui fa riferimento non sono solo quelle della NATO, ma anche quelle dei diritti LGBTQ+ e delle donne.

Non dobbiamo infine dimenticare che questi discorsi non sono affatto limitati alla politica interna russa. Non solo, come si è visto, la propaganda omofoba del Cremlino arriva fino a noi grazie ai finanziamenti degli oligarchi, ma non è raro sentire gli esponenti della destra italiana ricorrere allo stesso immaginario mascolinista e antifemminista di Putin. Frasi come “Non abbiamo nessun problema con le persone LGBT, ma alcune cose ci sembrano eccessive” o “Che ognuno sia felice, non è un problema. Ma questo non deve oscurare la cultura, le tradizioni e i valori familiari tradizionali di milioni di persone che costituiscono il nucleo della popolazione” non sono poi così dissimili da quelle che abbiamo sentito durante il dibattito sul ddl Zan o di fronte a episodi di omofobia nel nostro Paese.

L’omosessualità non è un semplice pretesto per la guerra, ma è la perfetta leva per consolidarla: dopo anni di propaganda martellante, non è più considerata un orientamento sessuale, ma un’ideologia pericolosa che mette a repentaglio il destino stesso di un Paese. Ricordiamocene quando sentiremo fare discorsi simili anche da noi.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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