“Il regime iraniano ci controlla anche in Italia”, il racconto di una ragazza italo-persiana
"Sono nata e cresciuta al sicuro, in una delle operose province della Lombardia – racconta a Fanpage.it Gloria (nome di fantasia) -, ma l'Iran è anche il mio Paese, mio padre viene da lì e metà della mia famiglia ci vive tutt'oggi".
"Nelle tante visite che ho fatto ai miei parenti e guardando l'Iran attraverso i media – continua Gloria – avverto sempre uno stacco, una forte contraddizione, tra quello che si vede all'esterno e quello che c'è all'interno".
"Dentro le case – spiega a Fanpage.it – comandano le donne, si mettono i tacchi, il rossetto e si fanno grandi feste. Fuori viene mantenuta l'apparenza di una repubblica islamica che in realtà non è parte della cultura iraniana".
Le radici persiane
Per capire le ragioni di una affermazione che sembra scardinare tutti i modelli rappresentativi dell'Iran bisogna fare un passo indietro. "Innanzitutto – precisa Gloria – l'Iran è l'antica Persia, dove la cultura e lo studio hanno sempre avuto un ruolo fondamentale".
"Basti pensare – dice ancora – che il 60 per cento dei laureati è donna e le donne hanno sempre avuto accesso all'istruzione. In generale, una popolazione istruita fatica a tollerare un regime retrogrado come quello degli ayatollah".
Non solo: "Non c'è mai stato un vero ricambio generazionale all'interno della classe dirigente – spiega la donna -, per cui chi ha vissuto prima della rivoluzione islamica del '79 continua a tramandare valori e idee distanti rispetto a quelli del governo attuale".
Una protesta diversa
"La rigidità delle regole legate al culto islamico è aumentata negli ultimi tempi. Di fatto – constata Gloria – l'interesse dell'attuale governo di Tehran è di tipo economico e finalizzato ad assicurarsi il benestare delle altre potenze fondamentaliste in Medio Oriente, ma le ragioni della popolazione che protesta sono anche sociali e culturali".
"Questa è la prima vera rivoluzione intergenerazionale basata sulle libertà e sui diritti: accanto alle giovani donne che non vogliono portare il velo sfilano le loro nonne, a cui prima del '79 il velo veniva vietato in strada. E questo perché, dicono a gran voce, i diritti dell'una non tolgono niente all'altra, l'obiettivo è poter scegliere".
Ma c'è un altro aspetto che differenzia il moto di proteste partito lo scorso settembre: "A fianco degli studenti ci sono i commercianti e tante altre categorie professionali e sociali che non riescono più a sopravvivere a causa dell'inflazione alle stelle".
L'Iran oggi
"Oggi – racconta Gloria – il clima in Iran è al tempo stesso di paura e di speranza. Paura perché la vita è cambiata tantissimo e in poco tempo la quotidianità è diventata piena di limitazioni".
"Per esempio mia nonna la scorsa settimana non è potuta uscire di casa nonostante avesse bisogno di fare la spesa, perché gli ayatollah avevano lanciato gas tossici dagli elicotteri per impedire ai manifestanti di scendere in piazza".
"L'80 per cento dell'esercito di Stato, tradizionalmente al servizio dei cittadini, ha disertato dopo gli ordini di sparare sulla folla inerme – spiega la donna -, ma gli ayatollah hanno reclutato soldati mercenari, prevalentemente dalla Siria e dall'Iraq. Questi si nascondono nei vicoli, spiano le persone alle manifestazioni e poi vanno a prenderle a casa di notte".
I controlli in Italia
"I controlli del regime – assicura Gloria – ci sono però ovunque. Anche nel nostro Paese. La borghesia amica degli ayatollah, allo scoppiare delle tensioni, ha ottenuto il permesso di espatriare e vive in grandi ville sparse in tutto il mondo, parecchi sono a Londra, in Canada, a Milano".
"Gli expat – continua – spiano i connazionali alle manifestazioni, li fotografano e li schedano per inviare liste ai consolati. Quando quei cittadini cercano di fare rientro in Iran vengono prelevati dall'aeroporto e trasferiti direttamente in carcere".
Instagram è un canale privilegiato: "Vengono creati dei profili fake – spiega Gloria – attraverso i quali contattare gli iraniani che veicolano informazioni sulla situazione in Iran. Li agganciano commentando magari foto che nulla hanno a che vedere con le proteste, cercano di capire dove si trovano e, se si rendono conto di essere stati smascherati, cancellano ogni contenuto dal profilo".
I controlli avvengono anche attraverso profili Instagram fasulli
Quanto valgono i simboli?
I simboli non sono solo facciata. "Valgono, valgono eccome – sostiene Gloria -, valgono nel momento in cui consentono di far conoscere la situazione dell'Iran. Perché uno degli obiettivi principe del regime è proprio chiudere le finestre dell'Iran sul mondo esterno. Impedire la comunicazione da e verso l'altro".
"Per questo – continua la ragazza – uno dei modi più efficaci per aiutare le iraniane e gli iraniani è non smettere di parlare di loro".
"Il velo – conclude – è anch'esso un simbolo: caduto quello si mostra la vera natura originaria dell'Iran, che tutto è fuorché fondamentalista".