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Vaiolo delle scimmie in Italia ed Europa

Il prof Andreoni a Fanpage: “Vaiolo delle scimmie, un motivo per preoccuparsi e tre per stare tranquilli”

Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali), spiega a Fanpage.it perché è il caso di preoccuparci per l’epidemia di monkeypox virus. Ma anche quali sono le buone notizie: un vaccino, dei farmaci e nessuna variante.
Intervista a Prof. Massimo Andreoni
Direttore Scientifico SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali)
A cura di Davide Falcioni
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Il professor Massimo Andreoni
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I contagi di monkeypox continuano ad aumentare. A poco più di due mesi dalla scoperta del primo caso le infezioni – in Paesi in cui la malattia non è endemica – hanno superato quota 17mila, tanto che il 23 luglio scorso il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus ha stabilito che questo focolaio globale costituisce ormai un’emergenza di salute pubblica di rilevanza internazionale, il più alto livello di allerta ai sensi del Regolamento Sanitario dell'Organizzazione.

D'altro canto gli allarmi si erano susseguiti per giorni: "Il vaiolo delle scimmie è fuori controllo, non c'è motivo legale, scientifico o sanitario per non dichiarare un'emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale", aveva twittato venerdì scorso Lawrence Gostin, direttore del Centro per il diritto sanitario dell'Oms. Lo stesso Antony Fauci, consigliere medico della Casa Bianca, aveva messo in guardia dal Monkeypox. "È una situazione che dobbiamo assolutamente prendere sul serio. Non ne conosciamo ancora la portata e il potenziale ma dobbiamo comportarci come se avesse la capacità di diffondersi in modo molto più ampio di quanto si stia diffondendo in questo momento". Anche Ilaria Capua, virologa e direttrice dell'One Health Center of Excellence dell'Università della Florida, ha spiegato ieri che l'epidemia di vaiolo delle scimmie "è all'inizio di un percorso di diffusione inatteso e preoccupante. È urgente intervenire, perché non andrà via da solo e i casi continueranno a crescere".

Insomma, la situazione è tale da richiedere la massima attenzione. Fanpage.it ha fatto il punto della situazione con il professor Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali).

In poco più di due mesi l’epidemia globale di vaiolo delle scimmie in paesi non endemici è arrivata a più di 17mila casi ufficiali, ma sappiamo che molti altri non sono ancora stati diagnosticati. Dobbiamo preoccuparci?

Sì. Stiamo parlando di una malattia che era sempre rimasta confinata nel continente africano e che si sta ora diffondendo in tutto il mondo con decine di migliaia di contagi. I numeri della diffusione del virus devono sicuramente preoccuparci, ma c'è anche una nota positiva: attualmente, stando ai dati dell'OMS, siamo intorno ai 17mila casi mondiali. A distanza di diversi mesi da quando si è generata, l'epidemia non ha comportato un'esplosione del numero di infezioni. Un secondo elemento che mitiga la preoccupazione è che stiamo parlando di una malattia che si trasmette solo attraverso un contatto diretto molto stretto. Abbiamo gli strumenti per limitare questa epidemia, ma certamente vanno messe in atto una serie di misure. 

È stata giusta la decisione dell’OMS di dichiarare emergenza sanitaria globale?

È stata la decisone migliore, visto l'andamento dell'epidemia. 

Eppure appena un mese fa sempre l'OMS aveva stabilito che non si trattava di un'emergenza sanitaria. Sono stati commessi degli errori o prese tardivamente delle decisioni?

La dichiarazione di emergenza dell'Organizzazione Mondiale della Sanità di venerdì scorso nasce dalla constatazione che l'epidemia non si sta spegnendo da sola, come ci si aspettava. La speranza della comunità scientifica era quella che i contagi andassero a ridursi, così come era accaduto anche in Africa, continente in cui questa epidemia si è progressivamente "autolimitata". Ecco, in questo caso ciò non è accaduto: sono stati registrati casi in centinaia di Paesi del mondo e ciò deve indurci a prendere sul serio monkeypox. Detto ciò, ci sono alcuni elementi rassicuranti.

Quali sono?

Il monkeypox virus ha un Dna molto stabile che non tende a mutare quindi a generare nuove varianti, come sta avvenendo con il Sar Cov 2. Altra buona notizia: esistono due tipi di monkeypox virus, il primo è quello dell'Africa centrale o del Congo che è molto aggressivo e letale, il secondo quello dell'Africa Occidentale, più benigno. Quest'ultimo è il virus che sta circolando ora nel mondo.

Quali sono i comportamenti da tenere per limitare i contagi?

Bisogna fare alcune premesse. La malattia viene trasmessa a causa di un contatto diretto molto stretto; nella stragrande maggioranza dei casi i pazienti sono maschi; normalmente il contagio avviene a seguito di rapporti omosessuali tra uomini. Fatte queste considerazioni si può comprendere che un comportamento attento può contenere in modo significativo la diffusione della patologia.

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Ed è necessario vaccinarsi?

Se i sistemi di contenimento e prevenzione dei contagi possono essere applicati e sono semplici non si vede perché dover vaccinare l'intera popolazione. Detto ciò, esiste comunque un vaccino che si è dimostrato sicuro ed efficace contro il monkeypox: credo che vada però riservato alle persone ad altissimo rischio e a coloro che non intendono adottare altre misure di precauzione. Indossare un profilattico, ad esempio, non annulla il rischio di ammalarsi ma lo riduce sensibilmente. 

Esistono anche dei farmaci efficaci contro la malattia?

Sì, ci sono antivirali specifici contro il monkeypox virus: il tecovirimat e il cidofovir. Abbiamo degli strumenti terapeutici efficaci, ma ribadisco che la prevenzione è l'aspetto più importante.

 Quali sono i sintomi ai quali fare caso?

I sintomi iniziali sono abbastanza subdoli: nei primi tre giorni febbre, dolori muscolari e astenia. Un elemento molto importante è la presenza di un rigonfiamento dei linfonodi. Questi sintomi, sommati alla dichiarazione che si è avuto un contatto a rischio, possono rappresentare un campanello d'allarme. Dopo i primi 3/4 giorni compare l'esantema del monkeypox virus: si possono notare papule arrossate sulla pelle, che poi diventano vescicole che molto lentamente – nel giro di un paio di settimane – tendono a crostificare e poi a cadere, fino alla guarigione completa. Questo è il decorso abituale della malattia.

Dove compaiono le vescicole?

Normalmente al volto, poi si distribuiscono al resto del corpo insistendo sui palmi delle mani e sulle piante dei piedi. Alcune volte le vescicole rimangono delimitate alle zone genitali.

Quali sono le complicanze principali del vaiolo delle scimmie?

Innanzitutto il dolore, soprattutto quando le vescicole si trovano al livello dell'ano o dei genitali. In alcuni casi queste lesioni possono localizzarsi nei pressi degli occhi, essere molto fastidiose e persino – seppur raramente – portare alla cecità. La complicanza principale è però la disseminazione dell'esantema agli organi interni, in particolare al sistema nervoso centrale sotto forma di encefalite o al livello dell'apparato respiratorio, sotto forma di polmonite. Questi eventi sono comunque eccezionalmente rari: per fortuna, a differenza di quanto avviene in Africa, da noi la malattia ha un tasso di mortalità molto basso.

Quali potrebbero essere i numeri reali dell'epidemia?

Impossibile dirlo. Il fenomeno ha avuto un problema di stigmatizzazione che ha fatto sì che molte persone con sintomi  e segni riferibili alla malattia li abbiano taciuti per il timore di essere "individuati" nelle loro preferenze sessuali. Tale dinamica si è vista in passato anche per altre malattie, purtroppo, e dimostra che il numero reale delle infezioni è certamente più alto di quanto riportato dai bollettini ufficiali delle autorità sanitarie.

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