Matteo Messina Denaro

Il primario dell’ospedale dell’Aquila che ha seguito Messina Denaro: “Era un paziente come gli altri”

Luciano Mutti, primario del reparto di Oncologia dell’ospedale dell’Aquila, ha raccontato a Fanpage.it l’ultimo ricovero del boss Matteo Messina Denaro, morto nella notte di domenica 24 settembre. “Garantirgli le cure ha segnato la differenza tra noi e un altro mondo che non siamo noi”, ha detto il medico.
A cura di Eleonora Panseri
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Luciano Mutti, primario del reparto di Oncologia dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila.
Luciano Mutti, primario del reparto di Oncologia dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila.
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"Per noi lui era un paziente come un altro, lo abbiamo trattato come tutti gli altri pazienti". A raccontare a Fanpage.it l'ultimo mese di ricovero del boss Matteo Messina Denaro, catturato nel mese di gennaio dopo una latitanza durata 30 anni e morto nella notte di domenica 24 settembre, è Luciano Mutti, primario del reparto di Oncologia dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila.

Qui, nel reparto dedicato ai detenuti del carcere aquilano, l'ex numero uno di Cosa Nostra è stato trasferito per ricevere le ultime cure prima del decesso. Da tempo infatti Messina Denaro era malato di tumore al colon, ormai in fase terminale. "C'è stato qualche problema organizzativo in più quando era in carcere, quando poi è stato qui invece è stato un problema più per le forze dell'ordine che per noi", ha spiegato il direttore.

Pur precisando che "la famiglia ha diritto alla privacy e noi non possiamo entrare in dettagli che sono parte dell'accordo tra paziente e medico", Mutti ha raccontato che l'ex super latitante "era un paziente assolutamente lucido, in grado di comprendere la gravità della situazione e che voleva conoscere anche nei dettagli il nostro piano terapeutico o di palliazione dei sintomi".

Messina Denaro non ha mai rivelato nulla al personale medico che lo aveva in cura, come già alle forze dell'ordine aveva detto che non avrebbe collaborato in alcun modo con la giustizia. "Non siamo mai entrati nel merito dei provvedimenti penali che erano in corso nei suoi confronti", ha spiegato il medico. "Nell'ambito dello scambio di battute tra paziente e medico ci possono essere momenti anche, diciamo, più rilassati, in cui si fa qualche battuta in più ma niente di particolare".

"È stato un paziente come un altro per noi, da un punto di vista tecnico non c'è stata nessuna differenza – precisa ancora il professore – Dobbiamo dire grazie alle forze dell'ordine, alla polizia penitenziaria, alla Polizia di Stato, ai Carabinieri e a tutti quelli che si sono prodigati in questi mesi per far sì che l'assistenza al paziente ci fosse e fosse valida, come per qualsiasi altro paziente", ha spiegato Mutti.

"Credo che questo tipo di intervento abbia segnato la differenza tra noi e un altro mondo che non siamo noi", ha aggiunto poi il medico, citando in parte anche le parole del procuratore capo di Palermo che, subito dopo l'arresto, disse al boss che lo Stato si sarebbe preso cura anche di una persona come lui.

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