Il prete di Mazara del Vallo: “Napolitano e Messina Denaro erano fratelli, io prego per entrambi”
Il quinto comandamento recita: "Non uccidere", e probabilmente è quello che Matteo Messina Denaro ha violato più volte. Almeno venti, secondo le sentenze dei tribunali che l'hanno processato, tra i quali quello di Giuseppe Di Matteo, il bambino di 12 anni che venne rapito e poi sciolto nell'acido nel 1996 per punire il padre Santino, pentito di mafia.
La carriera malavitosa dell'ex boss tuttavia è iniziata ben prima, come emerso dalle indagini di questi anni che hanno accompagnato la sua lunga latitanza: secondo il racconto di alcuni pentiti avrebbe infatti iniziato a commettere omicidi quando era ancora un adolescente. È stato condannato tra le altre cose per la strage di Capaci, in cui morì il giudice Falcone, e per quella di via D'Amelio, in cui rimase ucciso il giudice Borsellino, e per gli attentati del 1993 a Roma, Firenze e Milano.
Malgrado un curriculum criminale tremendo, tuttavia, Don Giuseppe Alcamo – uno dei preti di Mazara del Vallo – ha trovato punti di contatto tra la dipartita di Matteo Messina Denaro e quella – pochi giorni prima – di Giorgio Napolitano. Tutti e due, secondo il religioso, alla fine compariranno davanti a Dio e dovranno rispondere dei loro peccati. Per questo oggi ha pregato per entrambi, ed ha ricordato entrambi nel corso della messa.
A distanza di poche ore – scrive il sacerdote – sono morti a questa vita terrena Giorgio Napolitano e Matteo Messina Denaro. Il primo si è donato alla politica, ha servito lo Stato italiano in tanti, tantissimi ambiti e per lungo tempo, fino ad arrivare a essere garante della Costituzione e della Libertà, da Presidente della Repubblica. Gli siamo grati per tutto quello che di buono ha fatto per il bene comune.
Il secondo si è donato al malaffare e alla violenza, è stato un pericoloso delinquente che ha procurato morte, dolore, paura, terrore, al punto da essere identificato con tutti i mali che affliggono la Sicilia e l'Italia. Non possiamo essergli grati, assolutamente no.
Mentre i giornali ne parleranno ancora per qualche giorno e poi saranno entrambi archiviati per essere dimenticati, io credo che per loro inizia una nuova tappa della loro vita, caratterizzata dalla vera verità che nulla archivia e nulla dimentica. Nella fede, credo fermamente che entrambi si sono presentati al cospetto di Dio, per rendere ragione del loro operato e delle loro scelte, delle loro azioni e delle loro motivazioni, per chiedere misericordia e perdono.
Mentre, noi siamo portati, in base al proprio punto di vista, a santificare l'uno e condannare l'altro o viceversa, davanti a Dio non ci saranno santificazioni o condanne facili e sommarie.
Il Giudizio di Dio è veramente giusto. Il giudizio di Dio non è parziale e non è influenzabile. Dio non guarda dall'esterno ma dall'interno della vita e del cuore, e sa collocare fatti e misfatti dentro una visione esistenziale globale e totale.
Con questa professione di fede in Dio giusto e misericordioso, voglio semplicemente dire, da educatore cristiano, che nessuno può ergersi a giudice delle persone, ma solo delle azioni che le persone compiono. E, le azioni sono sempre determinate dalle motivazioni che possono illuminare o oscurare la mente e il cuore.
La Chiesa, alla luce del Vangelo, mi ha insegnato a distinguere il peccato dal peccatore. Mentre il peccatore lo affida alla misericordia di Dio, il peccato lo detesta, lo condanna e si impegna ad educare per non relativizzarlo. Mi viene difficile dirlo, ma devo dirlo, per me Giorgio e Matteo sono entrambi fratelli per cui pregare, e facendo violenza a me stesso, oggi nella celebrazione eucaristica li ricorderò insieme, perché credo fermamente che io non sono migliore di nessuno e che Dio è padre di misericordia di tutti.