Il post della Polizia contro la violenza sulle donne invaso da migliaia di commenti polemici
Dopo la morte di Giulia Cecchettin, la 22enne veneta per il cui omicidio è accusato l’ex fidanzato Filippo Turetta, vi sarà capitato di leggere sui social – anche grazie alla reazione della sorella della vittima, Elena Cecchettin – i versi di una lettera scritta dall’attivista peruviana Cristina Torre Cáceres e dedicata a tutte le vittime di femminicidio in America Latina.
“Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”, recita la poesia, che in tantissimi in questi giorni stanno condividendo proprio per urlare la propria rabbia per l’ennesima donna uccisa da un uomo.
A condividere questi versi dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, in un post su Instagram, anche la Polizia di Stato. Quello apparso alcuni giorni fa sull’account ufficiale della Polizia, è appunto un post in cui si leggono questi versi, accompagnato da questa didascalia. “'Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima’. Questi i versi di una toccante poesia del 2011 di Cristina Torres Caceres che ci ricordano, oggi più che mai, l'importanza di essere uniti nel combattere la violenza sulle donne. Ricordate, se #questononèamore non siete sole. Insieme per l'eliminazione della violenza di genere”, scrivono su Instagram chiudendo con l’hashtag #essercisempre.
Ma l’effetto del post non è stato sicuramente quello che chi ha pubblicato quei versi diventati virali si aspettava di suscitare: sono tantissimi infatti i commenti di quanti – soprattutto donne – hanno commentato raccontando quanto in realtà sia difficile denunciare ciò che si subisce, e anche solo essere credute.
C’è chi racconta della poca empatia delle forze dell’ordine, di quando si è sentita rispondere “non possiamo fare niente”, “non possiamo tenere le linee occupate”, chi fa riferimento a casi specifici – tristemente noti alla cronaca nera – di donne che avevano denunciato ma che comunque, alla fine, sono state uccise dall’uomo che temevano.
“‘Torna quando ti avranno stuprata’” mi avete detto quando sono venuta a denunciare delle minacce di stupro. Con quale coraggio questo post”, scrive una persona.
“Vi ringrazio per quella volta in cui quando mi sono rivolta a voi, perché un uomo che non conoscevo mi stava seguendo in strada e mi avete risposto che era meglio che non camminassi da sola nelle vie buie e isolate. Peccato che fossero le 18:00 e di gente ce n’era per le strade, ciò non ha impedito a quell’uomo di intimidirmi e subire catcalling. Ma il problema evidentemente ero io che mi stavo facendo gli affari miei, non lui”, si legge in un altro commento.
E ancora: “'Non siete sole’. Peccato però che, nonostante le numerose denunce fatte, mia cugina sia finita ad arricchire la tristissima e dolorosa statistica dei femminicidi del 2016. Non aggiungo altro”.
“Mi hanno minacciata di morte. Vi ho portato gli screen. Nomi e cognomi. Non avete preso la denuncia neanche in quel caso. Un altro stalker è riuscito ad avere il numero di mio nonno, della madre del mio fratellastro, a risalire alla mia vecchia scuola elementare per chiedere dove abitassi. E quando la cosa è stata denunciata, avete detto che vi sembrava innocuo. E ANCORA UNA VOLTA NON È SUCCESSO NULLA”, scrive un’altra giovane donna.
I commenti sono tantissimi, oltre tremila finora, tutti simili. C’è chi parla anche del caso di Giulia Cecchettin. “Giulia sarebbe ancora viva – si legge – se voi aveste svolto il vostro lavoro in maniera adeguata intervenendo immediatamente dopo la chiamata del testimone che ha sentito le sue urla”.