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Morte Papa Francesco

Il politico amico del Papa racconta l’incontro con Maradona: “Bergoglio gli disse: ho bisogno di te”

L’intervista di Fanpage.it a Eduardo Valdés, politico argentino amico di papa Francesco: racconta com’è nato il suo rapporto con Bergoglio, la sua vita prima di diventare Pontefice e i suoi rapporti con altri politici: “Speriamo che il suo successore sia qualcuno che approfondisca la sua opera”.
Intervista a Eduardo Valdés
Politico argentino, deputato nazionale dal 2019, ex parlamentare del Mercosur e Ambasciatore dell’Argentina presso il Vaticano dal 2014 al 2015
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Eduardo Valdés è un politico argentino, deputato nazionale dal 2019, ex parlamentare del Mercosur e Ambasciatore dell’Argentina presso il Vaticano dal 2014 al 2015. Ha conosciuto Bergoglio quando era arcivescovo di Buenos Aires e ha continuato a coltivarne l’amicizia una volta diventato Papa Francesco. Parliamo con lui dell’Argentina di Bergoglio e di Francesco, della diplomazia del Papa in Sudamerica e del ruolo internazionale del suo pontificato.

Lei è stato amico di Bergoglio e nel 2014 fu nominato da Cristina Fernández Kirchner ambasciatore argentino presso il Vaticano, come vi eravate conosciuti?

Conobbi il cardinale Bergoglio nell’anno ’97 quando diventò arcivescovo di Buenos Aires, città in cui abito. In quel momento si viveva una situazione difficile in un quartiere molto umile della città, da cui volevano sfrattare i residenti per fare una speculazione edilizia. Con una sua grande amica, che allora era la difensora civica di Buenos Aires, Alicia Oliveira, non riuscivo a trovare la soluzione per difendere queste famiglie e quindi andammo a trovare Bergoglio. Quello era un quartiere altamente simbolico per la Chiesa, perché vi era stato ucciso un sacerdote molto importante nella città, padre Carlos Mugica. Bergoglio allora trasferì il corpo di questo sacerdote dal cimitero dove era sepolto al quartiere, in un santuario innalzato a suo nome. Fu perciò che gli imprenditori delle costruzioni, che volevano radere al suolo il quartiere, dovettero fermarsi. Mi generò molta simpatia vedere un sacerdote così d’azione com’era lui e a partire da quel momento cominciai a frequentarlo.

Come continuò la relazione di amicizia tra voi?

Mi piaceva molto come risolveva le situazioni e si occupava di persone bisognose. Nel Giubileo dell’anno duemila, m’invitò ad andare a Roma come fedele della Chiesa cattolica, fummo ricevuti dal Papa Giovanni Paolo II. Continuammo a mantenere una relazione cordiale e quando capitava che egli si differenziasse dal governo di Cristina e Nestor Kirchner, provavo a fare da pontiere tra loro. Mi riuscì e credo che questo fu importante nel continuare la relazione tra il presidente del suo paese e il Papa argentino. La sua perdita mi colpisce molto sul piano personale e su quello familiare. Perché il Papa non aveva solo relazioni con me, aveva relazioni con mia moglie, con i miei figli, aveva relazioni bilaterali.

I rapporti di Bergoglio con la coppia Kirchner furono sempre difficili.

Nestor Kirchner e Bergoglio s’incontrarono in una cerimonia in ricordo di cinque sacerdoti desaparecidos durante la dittatura. La differenza tra loro arrivò quando Kirchner promosse il matrimonio egualitario e certo non si poteva chiedere all’arcivescovo di Buenos Aires che applaudisse quella decisione. Ma non fu poi una cosa così grave. Basta vedere l’omelia straordinaria che Bergoglio recitò nella cattedrale di Buenos Aires in occasione della morte di Kirchner.

Ma accusavano Bergoglio anche di essere un peronista di destra e di essere stato presuntamente complice della dittatura degli anni settanta.

Cristina e Nestor Kirchner non affermarono mai una cosa simile. Quello che ci fu è l’inchiesta di un giornalista che scriveva su Pagina 12. Può darsi che questo giornalista fosse prossimo alle idee del governo peronista, ma ci sono anche importanti peronisti che hanno scritto libri dicendo il contrario…

Come il Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquivel e lo storico Marcelo Larraquy che difesero Bergoglio dalle accuse.

La stessa difensora civica che mi fece conoscere Bergoglio fu l’avvocata che presentò più richieste di esame al giudice (habeas corpus) durante la dittatura militare per la scomparsa di persone nella città di Buenos Aires. Personalmente posso sostenere molte cose, ma penso che la condotta precedente e posteriore di Bergoglio e di Francesco dimostrino che le accuse erano infondate.

Però si dice che Bergoglio utilizzò i canali interni della Chiesa per proteggere i perseguitati senza denunciare pubblicamente il terrorismo di Stato.

I gesuiti soffersero molto la persecuzione della dittatura. La Compagnia di Gesù funziona come un esercito, il numero uno, quello che si conosce come papa nero, è il Generale dei gesuiti. Ogni regione si divide in province e la posizione di Bergoglio corrispondeva a un’istanza provinciale. L’ordine che gli diede il Generale, che era Pedro Arrupe, un sacerdote spagnolo molto prestigioso e importante che era il contraltare di Francisco Franco, fu quello di fare uscire tutti i sacerdoti gesuiti dai quartieri popolari perché la loro vita era messa in pericolo dai militari. C’erano 180 sacerdoti in questa situazione e Bergoglio diede le istruzioni del caso; di questi, solo due non accettarono di andarsene dal loro quartiere, Yorio e Jalics. Bergoglio disse loro che si trattava di un ordine del Generale e questi allora lasciarono la Compagnia dei gesuiti. Quando i militari li arrestarono fu comunque Bergoglio che se ne fece carico, per farli uscire
dal paese. Basta leggere il libro “Salvados por Francisco”, per sapere quanti perseguitati dalla dittatura furono salvati da Bergoglio. Oggi, Francesco è pianto in Argentina dal 99% dei cittadini. Nessuno ricorda più questi fatti, perché l’azione del Papa ha dimostrato che non aveva niente a che fare con quelle accuse. Le Nonne e le Madri di Plaza de Mayo ebbero con lui una relazione straordinaria. È l’argentino più amato dagli argentini e il più importante che abbiamo.

La relazione di Papa Francesco con i diversi presidenti argentini fu molto peculiare: con Cristina Kirchner alla fine s’incontrò per ben sette volte, con Macri e Fernández un paio di volte e con Milei si riunì in Vaticano dopo che il presidente lo aveva insultato definendolo “il rappresentante del maligno sulla Terra”.

La relazione con Cristina Kirchner parla da sé: s’incontrarono sette volte e lei lo accompagnò nei suoi viaggi a Cuba e Paraguay. Si parlavano per telefono e quando attentarono alla vita di Cristina lui la chiamò, avevano costruito una relazione molto buona. La relazione con Milei dice della misericordia e della generosità del Papa, dopo le barbarità che Milei aveva detto su di lui: è la virtù del pastore, che ti abbraccia e ti dà una nuova opportunità.

C’è un altro personaggio argentino importante che ha incrociato la vita di Papa Francesco, Diego Armando Maradona.

Li feci incontrare io, il Papa voleva fare una partita di calcio con Maradona e li presentai. Francesco, stringendolo per la cintura, gli disse che aveva bisogno di lui per combattere contro la fame nel mondo e per la pace. Maradona poi mi confessò che, in quel momento, “stavo con mia madre nel cielo e con lui sulla terra”. Credo che incontrò in Francesco il padre che cercava.

Perché Bergoglio da Papa non è più tornato in Argentina?

Quando fui designato ambasciatore presso il Vaticano, il mio sogno sarebbe stato quello di tornare con lui in Argentina per vedere l’affetto del suo popolo… Lui voleva essere un fattore di unità e a volte pensava che sarebbe invece stato motivo di divisione e cercava il momento opportuno per tornare.

Si dice che Papa Francesco attuò una diplomazia silenziosa in Sudamerica, realizzando alcuni risultati, come la liberazione di diversi prigionieri politici a Cuba, o il sostegno al negoziato di pace tra il governo colombiano e le Farc.

Queste cose successero quando ero ambasciatore in Vaticano. Quando io arrivai a Roma il 7 dicembre del 2014, il Papa annunciò che avrebbe mediato nei rapporti tra Cuba e Stati Uniti, su richiesta di Barak Obama e Joe Biden. Era già prevista da Benedetto XVI una giornata della famiglia a Filadelfia e al viaggio negli Stati Uniti, Francesco aggiunse quello a Cuba per poter parlare con Raúl Castro le condizioni dell’intesa. In quel viaggio a Cuba, dove accompagnai Cristina Fernández de Kirchner, il Papa conobbe i colombiani che stavano trattando la pace nella guerra civile con le Farc, così i colombiani di entrambe le parti si unirono a lui e gli raccontarono cosa stavano facendo. In sei mesi, riuscì a far riaprire le ambasciate reciproche a Cuba e negli Stati Uniti e s’impegnò nel processo di pace colombiano che aveva appena registrato un plebiscito negativo in Colombia. Convocò allora Álvaro Uribe, il più forte oppositore del processo di pace, mentre il presidente colombiano Juan Manuel Santos riceveva il Nobel per la Pace. Quindi li riunì entrambi, con l’intesa di rilanciare il processo di pace, assicurandoli che avrebbe messo il suo corpo a garanzia della firma dell’accordo. Così in altre occasioni mise il suo corpo, la mente, l’anima, la chiesa utilizzandoli come uno strumento di pace. Se n’è andato un uomo che sfidava le decisioni dei potenti. Dobbiamo alcune parole al vocabolario di Francesco, come quella che si riferisce agli “scartati”. Come stanno trattando in questo paese gli anziani: vogliono elevare l’età di pensionamento e tutti i mercoledì i pensionati scendono in piazza e le forze dell’ordine della ministra Patricia Bullrich li caricano con gas al peperoncino: ecco questo succede nel paese del Papa…

Nel discorso di Pasqua, Papa Francesco ha fatto una panoramica di tutti i conflitti mondiali: era un leader internazionale?

Per la reazione dei leader di tutto il mondo alla notizia della sua morte direi di sì. Da tutte le parti, da Obama, Castro, Angela Merkel… Fu una bella relazione quella tra il Papa e Angela Merkel. Al principio lei era assolutamente contraria a tutto ciò che il Papa sosteneva sui rifugiati, poi cominciò a capire e ad aprire la Germania all’accoglienza dei rifugiati, pagando un prezzo sul piano elettorale.

Il suo essere sudamericano gli aveva dato una conoscenza profonda del neoliberismo e delle conseguenze sulla popolazione più fragile: per questo era diventato il Papa degli ultimi, dei poveri?

Certo, lui veniva dall’Argentina che era sprofondata nella crisi. Nel 2001 era già arcivescovo e aveva saputo costruire un tavolo di dialogo tra movimenti sociali e classe politica per poterne uscire. In Europa aveva visto la crisi del 2008 e nella chiesa cattolica le dimissioni di Benedetto XVI erano una reazione contro la burocrazia del Vaticano.

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?

Incontrai Bergoglio dieci giorni prima di andare all’ultimo conclave e gli chiesi se pensava di avere alcuna possibilità, visto che era arrivato secondo nel conclave del 2005 nel quale era stato eletto Benedetto. Mi rispose: “Ho 76 anni, la mia occasione avrebbe potuto essere nel 2005. Ma se Dio ha voluto che io abbia voce e voto in questo conclave, dirò tutto quello che penso vada riformato nella Chiesa”. E la sua diagnosi risultò la più adeguata a guidare la Chiesa. Speriamo che il suo successore sia qualcuno che approfondisca la sua opera. Io paragono Francesco con Giovanni XXIII, che generò una nuova speranza nella Chiesa e per l’umanità. A Giovanni XXIII successe Paolo VI, che fu un esecutore delle sue politiche. Speriamo che il successore di Francesco abbia un profilo come quello di
Poalo VI.

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