Di Lorenzo Barili
A luglio è stato trasmesso alla Commissione Europea la bozza del Pniec, il Piano Nazionale e Integrato Energia e Clima, che regola gli obiettivi di decarbonizzazione del settore energetico in Italia. Il testo è chiamato a recepire le normative sul Green Deal Europeo e sulla sicurezza energetica, Fit For 55 e RepowerEu. Nonostante il rispetto formale del quadro europeo, e l’aumento dei target rispetto al piano del 2019, gli obiettivi delineati dal governo sono tutto tranne che ambiziosi e non permetteranno all’Italia di rimanere in linea con gli Accordi di Parigi, che dovrebbero limitare il riscaldamento globale a 1.5°C.
La bozza di Piano consegnata alla Commissione Europea va nella direzione di rendere l’Italia l'hub europeo del gas. È il cosiddetto "Piano Mattei” per l’Africa. Tra i nuovi impianti contiamo il potenziamento di gasdotti come Tap e Linea Adriatica, l’incentivo alla costruzione di nuove centrali a gas, la realizzazione di un nuovo rigassificatore galleggiante a Ravenna e l’ampliamento degli impianti già esistenti. A questo si aggiunge un’apertura alla realizzazione di Eastmed, un nuovo gasdotto che passerebbe nel mediterraneo orientale.
Ma una transizione energetica lenta non ci salverà dalla crisi climatica, che in questi giorni di ondate di calore record stiamo già vivendo. Già nel 2021, il direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, spiegava che, se i governi volevano prendere seriamente la situazione, avrebbero dovuto evitare qualsiasi nuovo investimento in petrolio, gas e carbone, utilizzando le infrastrutture già esistenti per la transizione. Ogni nuovo investimento nelle energie fossili, ci allontana concretamente dalla transizione.
Alla spinta sul gas si aggiungono obiettivi insufficienti sulle rinnovabili, inferiori a tutti i valori di riferimento. L’obiettivo del Piano, 40% di rinnovabili nei consumi finali lordi di energia, che sale al 65% per i consumi solo elettrici è al di sotto delle possibilità, anche secondo la valutazione dei rappresentanti di Elettricità Futura la Confindustria dell'elettrico, che puntano ad una penetrazione delle rinnovabili dell’84% per i consumi elettrici, in linea con RepowerEU, l’ultimo piano dell’Unione Europea, emanato in risposta alla carenza di gas legata alla guerra in Ucraina.
Entriamo poi nel novero delle false soluzioni. Una è il CCS, la cattura e stoccaggio di carbonio, una pratica che permette di assorbire anidride carbonica nell'atmosfera, per poi trattenerla nel sottosuolo, in ex giacimenti di idrocarburi o in acquiferi salini. Il piano attribuisce un ruolo centrale a questa tecnologia ancora in via di sviluppo, legandola a progetti come quello di ENI a Ravenna, che promette di stoccare 100 mln di tonnellate di CO2 in venticinque anni . Proprio a inizio giugno Hoesung Lee, massimo esperto di clima e presidente dell’IPCC avvertiva: “Fare troppo affidamento sulle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio potrebbe portare il mondo a sorpassare i punti di non ritorno”. Insomma, emettere più anidride carbonica in questo decennio promettendo di assorbirla nel prossimo non è un rischio che possiamo permetterci di correre.
Nel 2022 la produzione elettrica da energie rinnovabili ha superato per la prima volta quella del gas in Unione Europea. Sempre nel 2022 la potenza rinnovabile installata è stata di 440 GW, in crescita esponenziale rispetto agli anni precedenti, superando ogni previsione. Capofila in questa trasformazione è la Cina. Ad ogni anno che passa, ad ogni nuova previsione sul settore energetico gli obiettivi che prima erano solo necessari diventano anche i più realistici. Cosa sta aspettando il governo?
Un altro aspetto importante è quello della trasparenza e della partecipazione democratica.
La bozza di Pniec inviata al Parlamento Europeo non è stata trasmessa al parlamento ed è stata pubblicata sulsito del MASE solo ieri.
La forma della consultazione proposta in fase di redazione del piano, un questionario online che ha ricevuto meno di mille risposte, fa pensare ad un compito minimo, svolto solo per rispettare le normative europee.
La transizione energetica, in quanto spina dorsale della transizione ecologica, dovrebbe essere caratterizzata da una forte spinta dal basso e da un grande coinvolgimento della società civile, che deve avere voce in capitolo sulle decisioni che plasmeranno il nostro futuro.
L’installazione di fonti rinnovabili non è un semplice shift tecnologico, ma un cambio dirompente del modo in cui alimentiamo l’economia, un passaggio da una produzione centralizzata e in mano a poche grandi aziende ad una produzione diffusa, in mano alle persone.
Per questo il coinvolgimento del Parlamento e della popolazione non può essere fatto ex post, come una formalità inutile, ma deve avere una funzione di indirizzo per il piano, rappresentando un passo verso la democrazia energetica. Il risparmio energetico, il passaggio alle energie rinnovabili, l’efficientamento degli edifici, il contrasto alla povertà energetica e la gestione della sicurezza energetica non possono avvenire senza una cittadinanza attiva, consapevole, coinvolta e sovrana.
Per questo la partecipazione e il coinvolgimento nella Valutazione Ambientale Strategica e nelle modifiche del piano svolgeranno un ruolo centrale nel determinare se coglieremo davvero l’opportunità di una transizione ecologica giusta e democratica.
Abbiamo un anno di tempo per influenzare le decisioni che verranno prese per il futuro energetico e climatico del nostro Paese, e siamo sicuri che aziende come ENI e Snam, che in questo momento hanno ruolo centrale nell’influenzare le politiche energetiche del Paese, proveranno a fare lo stesso.
La transizione energetica alle fonti rinnovabili è un grande cambio di paradigma, una finestra che si apre per combattere le disuguaglianze, ridurre le emissioni di anidride carbonica e restituire potere economico ai cittadini. Una finestra che però non rimarrà aperta per sempre.