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Il pentito Bonaventura: “Giulio Cavalli doveva tacere: la politica lombarda sosteneva la ‘Ndrangheta”

“Dietro i piani di per mettere a tacere per sempre Giulio Cavalli – rivela l’ex reggente della cosca Vrenna-Bonaventura – c’è anche una parte di politica collusa e ambienti istituzionali. Quando venni avvicinato dai De Stefano, loro mi dissero: “Questa qui è anche la volontà di amici nostri politici”
A cura di Gaia Bozza
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Dietro la ‘Ndrangheta, la politica. Luigi Bonaventura, ex reggente della cosca Vrenna-Bonaventura che nell'intervista rilasciata a Fanpage due settimane fa ha rivelato i piani della criminalità organizzata per uccidere l'attore e scrittore Giulio Cavalli, questa volta aggiunge qualcosa in più. Alza il tiro. Di fronte al silenzio delle istituzioni, lui che ha portato all'arresto di oltre 130 membri della più importante cosca di Crotone nel corso dell'operazione Heracles coordinata dal procuratore Pierpaolo Bruni della Dda di Catanzaro, pronuncia la parola "politica". Accanto a politica, Bonaventura aggiunge un dettaglio: "lombarda".

Proprio così: "Dietro i piani di per mettere a tacere per sempre Giulio Cavalli  – rivela a Fanpage.it – c'è anche una parte di politica collusa e ambienti istituzionali, nel senso che le azioni erano fortemente volute anche da qualche politico, nello specifico lombardo. Quando venni avvicinato dai De Stefano, loro mi dissero: "Questa qui è anche la volontà di amici nostri politici". Qualcuno, spiega il collaboratore di giustizia, fa parte anche della politica nazionale. Personaggi pesanti, insomma. E perché dava fastidio, Giulio Cavalli? "Perché parlare di ‘Ndrangheta, nel 2011, in Lombardia era tabù. Era considerato uno ‘scassaminchia'. Oggi è nota la sua presenza al Nord". Sull'area politica, il partito o i partiti dietro queste "volontà" Bonaventura si ferma: "Su questa domanda preferisco non rispondere perché la mia posizione non è molto sicura. Preferisco riferire ai magistrati".

Su queste scottanti rivelazioni, però, nessuno ancora ha bussato alla sua porta. E il collaboratore di giustizia da sette anni, giudicato altamente attendibile e per questo collaboratore di nove procura, la Dna e una procura straniera, e tuttavia senza scorta da sempre, è qui che usa un termine particolare: "scioccato". Da cosa è scioccato? "Dal fatto che nessuno sia venuto a raccogliere queste informazioni che sto rivelando – risponde – nessuno mi ha sentito su questa vicenda, dovrebbe essere il minimo ascoltarmi, mettere sotto protezione me e le informazioni. Sembra che mi stiano lasciando qua, aspettando cosa? Che io muoia e con me le informazioni? Oppure che venga spinto a ritrattare?".

E poi, preoccupazione per Giulio Cavalli: "Potrebbero togliergli la scorta – dice – Ma Giulio è un patrimonio da proteggere. Se ci fosse attenzione da parte della politica, se ci fosse qualcuno che alzasse la voce insieme ad associazioni dell'antimafia sociale, insieme un risultato si potrebbe raggiungere".

Infine, l'appello alle istituzioni, fino ad ora silenti: "Mi rivolgo ad Alfano: si impegni a fare qualcosa per assicurare la giusta protezione a Giulio Cavalli e me. Mi rivolgo al premier Letta, non sottovaluti questa situazione. Non vorrei essere spavaldo né arrogante – aggiunge – Ma a questo punto dico: se Bonaventura è attendibile che si mettesse in protezione, se non lo è che si dichiarasse subito la sua inattendibilità  e venga escluso dal programma di protezione".

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