Il padre di Andrea Papi ucciso dall’orsa: “Uccidere JJ4 non è giustizia, ma vendetta che non serve”
Qualcuno deve avere il coraggio di assumersi la responsabilità della morte di Andrea Papi, il runner ucciso in Trentino sul Mone Peller dall'orsa JJ4. Qualcuno in carne ed ossa con ruoli decisionali "di un certo rilievo", non un animale al quale non può essere imputata la volontà di uccidere. Quest'assunzione di responsabilità, secondo il papà del giovane runner intervistato dal quotidiano La Repubblica, dovrebbe essere spontanea, anche a costo di "fare un passo indietro rispetto alla carica pubblica ricoperta".
"Quella di nostro figlio – spiega Carlo Papi – non è stata una morte naturale. Nessuno si è ancora fatto vivo per chiederci scusa e spiegarci le cause di quanto accaduto. Confidiamo nella Procura di Trento e nei nostri avvocati: il governo attuale della Provincia, come quelli che l'hanno preceduto, hanno il dovere di chiarire, assieme allo Stato, se è stato fatto il possibile per garantire la sicurezza".
Accanto a lui durante l'intervista anche mamma Francesca, che due settimane dopo la morte del figlio segue il dibattito sulla cattura di JJ4 da lontano. Sull'orsa, catturata e rinchiusa nel recinto del Casteller, pende l'ordinanza di abbattimento del presidente della Provincia Fugatti. La misura è stata sospesa dal Tar e sta facendo esplodere in Trentino discussioni dovute a fratture sociali profonde. Sindaci, allevatori, albergatori e commercianti si schierano a favore della morte dell'orsa, firmata poi anche per l'animale MJ5.Per lasciare l'orsa in libertà e restituirla ai cuccioli, decine di associazioni animaliste, petizioni e manifestazioni. Tra chi si oppone all'abbattimento spiccano gli stessi familiari di Andrea Papi e l'Ordine dei veterinari trentini
"La morte di Andrea si poteva evitare – ribadisce il padre del ragazzo – e le istituzioni non hanno fatto nulla per spiegare alla gente come comportarsi con un numero così elevato di orsi, cosa fare per prevenire gli incontri, quali zone non frequentare e come reagire a un attacco. Tutti erano ignoranti e tranquilli, non sono neppure stati installati dei cassonetti anti-orso nei paesi a rischio. Nessuno ha chiesto alla gente se condivideva la reintroduzione degli orsi e non è stata resa compatibile con la nostra e la loro vita". "Le vendette simboliche non ci interessano. La colpa della tragedia non può essere circoscritta a un'orsa e ucciderla non significa fare giustizia. Pretendiamo un'assunzione morale di responsabilità da parte di chi per quasi un quarto di secolo ha gestito gli orsi in Trentino, spingendo tutti nel disastro a cui assistiamo".