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Il padre assoldò un sicario per spezzargli le dita perché gay: “Da bimbo mi diceva: ‘O sei calciatore o fr**io”

È stato condannato a risarcire il figlio per aver pagato un sicario per rompergli le dita e impedirgli di fare il chirurgo. L’uomo voleva rovinare la vita del figlio medico perché omosessuale. “Mio padre non lo ha mai accettato, quando ero piccolo mi diceva: ‘o sei calciatore o sei fr**io’ “.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Immagine di repertorio
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Il padre ingaggiò un aggressore per spezzargli le dita della mano e impedirgli di fare il chirurgo, il lavoro per il quale aveva tanto studiato negli anni. Alla base dell'aggressione commissionata, il fatto che il figlio 48enne fosse gay. Il medico ha ora ottenuto un risarcimento in denaro per lo stress arrecatogli dal padre, oggi ottantenne.

L'uomo, geometra in pensione, negli anni ha trovato mille modi diversi di privare della serenità il figlio e il suo compagno, minacciato più volte tramite profili social falsi.

"Sapevo come la pensava – ha raccontato il chirurgo di Torino al Corriere della Sera – ma non sapevo fino a dove avrebbe potuto spingersi. Ricordo che da ragazzino a me non piaceva il calcio e lui ne era patito. Diceva cose tipo: o sei un calciatore o sei un fr**io. Oggi ci parliamo solo tramite avvocati". Il medico ha raccontato di minacce e insulti continui, atti vandalici contro di lui, contro il suo compagno e perfino contro la sorella. "Non so cosa avesse detto all'uomo che avrebbe dovuto rompermi le dita – ha ricordato il 48enne -. Lui mi seguì e si convinse che non valeva la pena rovinarmi la vita. Mi disse che aveva bisogno dei soldi che mio padre gli aveva promesso e allora abbiamo messo in scena un finto pestaggio, in modo che almeno lo pagasse".

"Mia madre era una donna molto forte, se non lo fosse stata non avrebbe mai potuto sopportare tutto quello che mi è successo. È sempre stata dalla mia parte e io mi sono schierato con lei quando c'è stata la separazione. Mio padre ha iniziato a incattivirsi con me proprio in quel periodo, anche se per lui la mia omosessualità era un problema da sempre".

"Mio padre voleva controllare tutto. Il primo studio medico l'ho aperto in un immobile di sua proprietà e poi mi sono reso indipendente perché gli insulti contro di me erano continui. A quel punto non poteva più minacciarmi di togliermi le chiavi a ogni discussione. Lo pativa molto. Non so come siamo riusciti ad uscirne, onestamente. Il mio compagno è rimasto con me nonostante mio padre, ma non posso dire che sia stato semplice".

"Con i suoi amici ci insultava – ha ricordato il chirurgo -. Io ho detto apertamente che ero omosessuale a circa 30 anni. Mia madre lo immaginava, per lei non fu una sorpresa. Mio padre invece l'ha presa malissimo pur immaginandolo, ovviamente. Quando con il mio compagno andavamo a prendere la nostra barca, ormeggiata vicino alla sua, ci apostrofava con termini offensivi insieme agli amici".

Il chirurgo ha spiegato di non aver vissuto la propria battaglia in tribunale come "una lotta civile". "Sono contento di come siano andate le cose, lo sono per me e per quello che viene riconosciuto in questa sentenza, ossia il danno biologico causato da un comportamento omofobo. Penso sia un passo avanti per tanti.Per il futuro ho bei progetti sul mio lavoro, poi ho ancora qualche questione da chiudere con mio padre".

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