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Il nuovo identikit del boss mafioso Giovanni Motisi: le immagini del latitante in Age Progression

La Polizia di Stato ha diffuso il nuovo identikit di Giovanni Motisi, ricercato dal 1998 e nell’elenco dei latitanti di “massima pericolosità” del “programma speciale di ricerca” del Ministero dell’Interno. Le immagini realizzate grazie alla tecnica dell’Age Progression.
A cura di Ida Artiaco
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Giovanni Motisi è ricercato dal 1998 ed è nell'elenco dei latitanti di "massima pericolosità" del "programma speciale di ricerca" del Ministero dell’Interno. Nessuno sa dove si trovi e dopo la morte di Matteo Messina Denaro è diventato tra i primi sulla lista dei mafiosi da prendere, oltre che l'ultimo grande latitante protagonista della fase stragista di Cosa Nostra.

Oggi la polizia di Stato ne ha diffuso un nuovo identikit, con due possibili varianti del suo viso, ricostruite con la tecnica dell'Age Progression, da tempo usata dalla Polizia Scientifica, che consistente nell’invecchiamento fisionomico progressivo, ultimamente perfezionata grazie all'intelligenza artificiale.

Sfruttando le professionalità e le avanzate tecnologie del Servizio di Polizia Scientifica della Polizia di Stato, sono state "rivisitate" ed attualizzate alcune immagini del latitante, risalenti agli anni ’80 ed alla fine degli anni ’90. Tale attività tecnica ha consentito di realizzare un prototipo con alcune possibili variazioni degli attuali connotati del viso di Motisi.

Si tratta di un ulteriore tentativo di stringere il cerchio delle indagini per arrivare alla cattura del latitante. "Questo identikit darà un grosso contributo all'attività investigativa, nello specifico alle attività condotte dal servizio centrale operativo e dalla Squadra mobile di Palermo, ma speriamo che possa utilizzato anche da qualche cittadino per fornire informazioni agli investigatori e contribuire alla sua cattura", hanno spiegato dalla Polizia di Stato.

Motisi, condannato all’ergastolo, è ritenuto responsabile, con sentenze definitive, dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, omicidio, strage, porto e detenzione abusiva di armi da guerra, incendio doloso, estorsione. In particolare, è stato condannato anche per gli omicidi del vice questore aggiunto Antonino Cassarà e dell’agente di scorta Roberto Antiochia del 6 agosto del 1985 a Palermo.

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