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Il naufragio dei bimbi del 2013 “era prevedibile”: quattro indagati per omicidio doloso

La procura di Agrigento ha respinto la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Roma nei confronti del comandante della nave Libra e dei tenenti in servizio il giorno del naufragio, modificando l’ipotesi di reato da “colposa” a “dolosa”.
A cura di Biagio Chiariello
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Il naufragio dell'11 ottobre 2013, in cui morirono 268 profughi siriani, tra cui 60 bambini era “ampiamente prevedibile”. Per questo motivo il tribunale di Agrigento ha respinto la richiesta di archiviazione per i 4 ufficiali della Guardia Costiera e della Marina Militare finiti sotto inchiesta in seguito alla tragedia della nave di migranti affondata senza che nessuno accorresse in loro aiuto. Dopo le rivelazioni dell'Espresso, che ha diffuso gli audio delle strazianti telefonate del medico siriano che nel naufragio ha perso due figli, la magistratura ha deciso di cambiare l'ipotesi di indagine che finora era stata di omicidio colposo e omissione di soccorso. I quattro, infatti, ora sono indagati per l'ipotesi di omicidio con l'aggravante del dolo eventuale. La richiesta di archiviazione avanzata il 4 di aprile dalla procura di Roma è stata respinta dai colleghi siciliani che ha invece disposto l'iscrizione coatta nel registro degli indagati per i quattro ufficiali, tutti in servizio il giorno del naufragio, fra cui il tenente di vascello Catia Pellegrino, all'epoca comandante del pattugliatore Libra della Marina Militare, oltre ai due tenenti di vascello della sala operativa della Guardia costiera, Clarissa Torturo, e Antonio Miniero, e il comandante in capo del Cincnav, il centro operativo della Marina militare, ancora da identificare.

Il giudice per le indagini preliminari di Agrigento, Francesco Provenzano, nel provvedimento osserva che l’articolo 98 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare recita che “Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile… presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo e proceda quanto più velocemente è possibile al soccorso delle persone in pericolo, se viene a conoscenza del loro bisogno di aiuto”. La nave Libra aveva la possibilità di intervenire “e in tempo utile ad evitare l’annegamento di 300 persone, ma tale soccorso non si è attivato”. Inoltre secondo il magistrato la centrale operativa di Roma della Guardia costiera “era ben a conoscenza del dato che tra Malta e l’Italia non vi era un accordo per l’esatta individuazione delle zone Sar di competenza previste dalla Convenzione di Amburgo; ben sapeva che in altre occasioni Malta, a causa dell’eccessiva estensione della zona Sar che si era attribuita, aveva fatto mancare il proprio intervento… L’evento tragico era quindi ampiamente prevedibile e rappresentabile, ma non ci si è attivati adeguatamente, accettando quindi che si potesse verificare l’epilogo tragico collettivo come poi è avvenuto. Tale circostanza configura l’ipotesi del dolo eventuale che si innesta sulla causazione dell’evento ai sensi dell’articolo 40 secondo comma del codice penale”.

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