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Il monastero di clausura che deve 30mila euro di Tarsu al Comune di Napoli

13 suore devono 4mila euro all’anno al Comune di Napoli, “Una cifra assurda – sentenzia una delle suore – che ci era stata attribuita in base a calcoli fatti sull’intera superficie del monastero e non solo sulla piccola parte che abitiamo, così come invece prevede la legge”.
A cura di Redazione
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Le cappuccine del Monastero delle Clarisse a via Pisanelli, a Napoli, devono al comune partenopeo 30mila euro. Loro, però, hanno ben poco da dare alle casse comunali e, nello specifico, all'esattore di Equitalia. Se poi dovesse venire l'ufficiale giudiziario a pretendere quello che il comune giudica il maltolto, avrà ben poco da prendere, "Qui ci trova – assicura suor Rosa Lupoli al Mattino – il problema sarà farlo entrare visto che siamo monache di clausura. E poi, è bene che si sappia, c’è ben poco da pignorare". A ben vedere si potrebbe arrivare a 500 euro di oggetti: "Volendo – seguita la suora – ci sarebbe una bella statua di Sant’Antonio oppure le ampolle per contenere il vino e l’acqua della messa o, pezzo forte, un paio di candelieri finto argento piazzati ai lati di un crocefisso che, se piace, potrebbe pure essere portato via". Sì, ma 500 euro, non sono 30mila.

I 30mila sono la cifra che le 13 coinquiline del monastero dovrebbero al Comune per la Tarsu, la tassa sullo smaltimento dell'immondizia. Nel 2004, infatti, venne recapitata una notifica di pagamento di 15mila euro: "Una cifra assurda che ci era stata attribuita in base a calcoli fatti sull’intera superficie del monastero e non solo sulla piccola parte che abitiamo, così come invece prevede la legge. Insomma, per il Comune di Napoli dovremmo pagare oltre quattromila euro all’anno di spazzatura. Vi sembra possibile?".

A difendere le cappuccine ci pensa, gratuitamente, l'avvocato Francesco Bile, che sottolinea le differenze tra i consumi di una famiglia e quelle di una comunità votata alla povertà, tra chi abita tutto il suolo in cui vive e chi, invece, ne destina parte importante esclusivamente al culto. Spiega infatti l'avvocato che "Ma come è possibile equiparare la capacità di produzione di rifiuti di 13 suore di clausura, che vestono sempre lo stesso abito, acquistano solo un po’ di cibo e fanno voto di povertà, a quella di un grand hotel?". Inoltre, puntualizza ancora Bile, "In base alla legge le Cappuccine dovrebbero pagare la Tarsu limitatamente alla zona dove vivono e non anche per quella dove svolgono le funzioni religiose. È chiaro che quando si tratta di un luogo dove abitano 13 suore votate alla clausura e alla preghiera, diventa difficile stabilire quale è la zona dedicata all’esercizio del culto e quale no".

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