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La morte di Liliana Resinovich

Il marito di Liliana Resinovich: “Vorrei cremarla. Anche Sterpin ha un maglione come quello sequestrato a me”

Sebastiano Visintin, marito di Liliana Resinovich, ha ripercorso la mattina della scomparsa della 63enne avvenuta nel dicembre del 2021. “Può essere che io non sia stato in pescheria, ma per consegnare i coltelli mi bastava fosse aperto il supermercato. Il maglione giallo degli inquirenti? Sterpin ne ha uno uguale”.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Liliana Resinovich e il marito Sebastiano Visintin.
Liliana Resinovich e il marito Sebastiano Visintin.
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"Gli inquirenti sono stati parecchie volte a casa mia, non solo il giorno della perquisizione, e hanno sempre controllato e guardato tutto. La sera in cui sono stato iscritto al registro degli indagati sono venuti in forma quasi mirata". A parlare è Sebastiano Visintin che dopo le indagini a suo carico per la morte di Liliana Resinovich, scomparsa il 14 dicembre del 2021 e trovata morta nel boschetto dell'ex Opp di Trieste il 5 gennaio 2022, ha deciso di ritirarsi per qualche giorno nel Sud dell'Austria. Ora, dopo un periodo relativamente breve di silenzio, ha deciso di "difendersi" dalle accuse ai microfoni della trasmissione Quarto Grado.

"Non so cosa hanno portato via da casa – ha spiegato Visintin – perché sono rimasto in soggiorno visto che non stavo molto bene. Naturalmente dopo mi hanno dato un elenco di tutte le attività che hanno fatto, ma io non l'ho letto. L'ho dato direttamente al mio avvocato".

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Visintin ha parlato delle lame prese dalla sua abitazione nel corso dei controlli. Tra questi oggetti, circa 700 sequestrati dagli inquirenti, vi sarebbero anche alcuni coltelli. "Non è possibile che i coltelli sequestrati siano stati da me nuovamente arrotati dopo la morte di Lilly – ha ribadito Visintin -. Si tratta infatti di lame che non usavo più riposte in alcuni scatoloni. Erano oggetti troppo piccoli che non potevo dare alle persone, anche perché è per loro che riaffilo le lame".

Secondo il marito della 63enne, dunque, quei coltelli sequestrati non sarebbero più stati rimaneggiati. Ma non è l'unico dettaglio sul quale si concentra nella sua "arringa" televisiva. Alla domanda sul maglione giallo sequestrato dalle autorità dopo aver rilevato alcune tracce della stessa stoffa sul cadavere di Resinovich, Sebastiano ha risposto così: "Questo maglione è molto comune a Trieste. L'altro giorno mi ha chiamato una mia amica e mi ha mostrato le foto della squadra di maratoneti nel quale c'è anche Claudio Sterpin (l'amico e primo amore della moglie n.d.r). In quella squadra tutti avevano lo stesso maglio, guarda un po'".

Visintin ha ripercorso anche le tappe del suo "alibi", quello secondo il quale sarebbe uscito al mattino presto per consegnare alcuni coltelli e poi per provare la telecamera GoPro nuova durante un percorso in bicicletta. Una dipendente di una pescheria in via Carducci ha raccontato agli inquirenti di non aver incrociato Sebastiano la mattina del delitto, anche se il suo cellulare aveva agganciato la cella telefonica della zona.

"Questa pescheria si trova all'interno di un supermercato, anche se è del tutto indipendente da quel locale – ha ricordato Visintin -. Può essere che io non ricordi cosa ho fatto quella mattina. Per me era molto facile accedere al locale in qualsiasi giorno a qualsiasi ora perché mi bastava che il supermercato fosse aperto. Potrei essere passato in un altro momento in pescheria e non ricordarlo. La ragazza dice di aver trovato i coltelli sul bancone ma di non avermi incontrato. Io resto convinto di quel che ho detto, ma magari mi sbaglio, si tratta pur sempre di locali che fanno anomalia".

Al ricordo del compleanno di Liliana Resinovich, poi, Visintin ha espresso il desiderio di cremare i resti. "Per averli con me" ha concluso.

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