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Long Covid

Il Long Covid ci è già costato miliardi di euro: “Fino a 8 mesi di assenza dal lavoro per chi ne soffre”

I numeri e l’analisi dell’Inail per Fanpage.it sul fenomeno del Long Covid sul posto di lavoro: “La durata media dell’inabilità temporanea assoluta (ITA) – vale a dire dell’assenza dal lavoro per malattia Covid-19 – con disturbi permanenti – è stata di 130 giorni. Maggiormente colpite le donne del comparto sanitario”.
A cura di Ida Artiaco
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Il Long Covid, la sindrome che può colpire le persone che sono state affette dal Covid-19, sta diventando un grosso problema anche sul posto di lavoro. A dare i numeri del fenomeno è stata l'Inail che ha parlato di inabilità temporanea assoluta (ITA) – vale a dire dell’assenza dal lavoro per malattia Covid-19 – nei soggetti che hanno presentato postumi permanenti dalla durata media di 130 giorni e ha illustrato a Fanpage.it quali sono i settori i cui dipendenti stanno soffrendo dei disturbi tipici di questa nuova patologia. Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di osservare il fenomeno nella sua interezza.

I numeri del Covid-19 sul lavoro

Come ci ha spiegato Patrizio Rossi, Sovrintendente Centrale Sanitario Inail, in base all’ultimo monitoraggio al 30 aprile 2022 dall’inizio della pandemia sono stati denunciati 260.750 infortuni sul lavoro da nuovo Coronavirus. "Se nell’anno 2020 l’incidenza media delle denunce da Covid-19 sul totale di tutti gli infortuni denunciati è stata di una ogni quattro, nel 2021 si è scesi a una su dodici e nel primo quadrimestre 2022 è tornata, come nel 2020, a una su quattro. Il 68,3% dei contagi ha interessato le donne, il 31,7% gli uomini. L’età media dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi".

Per quanto riguarda le attività produttive (classificazione delle attività economiche Ateco- Istat 2007) coinvolte dalla pandemia, ha continuato Rossi, "il settore della sanità e assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili…) registra il 63,6% delle denunce codificate; seguito dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali) con l’8,4%; dal trasporto e magazzinaggio con il 7,3%; dal noleggio e servizi di supporto (servizi di vigilanza, di pulizia, call center…) con il 4,2%; dal commercio all’ingrosso e al dettaglio con il 2,6%; dalle attività dei servizi di alloggio e ristorazione con il 2,3%; dal settore manifatturiero (tra le prime categorie coinvolte gli addetti alla lavorazione di prodotti alimentari, alla lavorazione di prodotti farmaceutici, di metalli, di macchinari e di pelli) con il 2,2%; dalle altre attività dei servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…) con l’1,2%; dalle costruzioni (1,1%) e dai servizi di informazione e comunicazione (0,9%)".

L’analisi per professione dell’infortunato evidenzia la categoria dei tecnici della salute come quella più coinvolta dai contagi con il 37,5% delle denunce (in tre casi su quattro sono donne), l’82,4% delle quali relative a infermieri. Seguono gli operatori socio-sanitari con il 16,6% (l’80,8% sono donne), i medici con il 9,2% (la metà sono donne; oltre un terzo sono medici internisti e generici), gli operatori socio-assistenziali con il 5,8% (l’85,2% donne), gli impiegati amministrativi con il 5,4% (i due terzi sono donne) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (l’80% ausiliari, ma anche portantini, barellieri) con il 4,4% (72,8% donne).

L'esperto sottolinea come "il restante personale coinvolto riguarda, tra le prime categorie professionali: addetti ai servizi di pulizia (2,0%, oltre i tre quarti sono donne), impiegati addetti al controllo di documenti e allo smistamento e recapito della posta (2,0%, di cui la metà sono donne), impiegati addetti agli sportelli e ai movimenti di denaro (1,4%, di cui circa i due terzi sono donne), conduttori di veicoli (1,2%, con una preponderanza di contagi maschili pari al 91,6%), professori di scuola primaria (1,2%, di cui donne il 97,0%) e addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia (1,0%, di cui donne il 29,4%)".

Cosa succede con il Long Covid

Le prime analisi condotte dalla Sovrintendenza sanitaria centrale su un campione di 2024 lavoratori che hanno manifestato persistenti disturbi, tali da determinare postumi permanenti da Covid-19 "sono sinteticamente riportate nei grafici sottostanti, dai quali emerge la percentuale di interessamento dei vari sistemi organo-funzionali coinvolti dagli esiti della malattia. Emerge chiaramente come l’apparato più colpito è quello respiratorio. Va precisato che in ciascun lavoratore con Long Covid sono presenti più disturbi", spiega Rossi.

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La gravità della sindrome da Long Covid, costituita dalle diverse menomazioni biologiche, fisiche e psichiche, è ripartita – secondo il punteggio di invalidità attribuito dal medico Inail – come di seguito:

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Distribuzione delle percentuali di danno, ripartite secondo il punteggio da 1% a 100% e rispettivamente secondo tre diversi momenti di accertamento dal 2020 al 2022, è la seguente:

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Emerge chiaramente, sottolinea Rossi, dai tre grafici come i casi della prima e seconda ondata abbiano dato seguito a disturbi numericamente più importanti e molto più gravi rispetto ai contagi avvenuti nei tempi successivi.

Di seguito si riporta l’analisi per ondate nel campione osservato:

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La durata media dell’inabilità temporanea assoluta (ITA) – vale a dire dell’assenza dal lavoro per malattia Covid-19 – (nei soggetti che hanno presentato postumi permanenti) è stata di 130 giorni. Va pure rilevato come più lunga sia stata la malattia e la riabilitazione con assenza dal lavoro (ITA) e più gravi siano stati i disturbi permanenti. Infatti, la durata media dell’ITA dei casi con postumi maggiori del 15% è stata di 235 giorni.

L'identikit del lavoratore affetto da Long Covid

Ulteriore iniziativa di studio del fenomeno della Sovrintendenza sanitaria centrale Inail è stata la somministrazione di un’apposita scheda ai lavoratori infortunati affetti da Covid-19, che hanno voluto aderire all’intervista (72483). Le finalità della scheda, denominata “Identikit Nuovo Coronavirus” possono essere riassunte nei seguenti punti focali:

  • Assistenza: sostegno ai lavoratori infortunati da COVID-19, cogliendone tempestivamente i bisogni assistenziali;
  • Risk management, per la qualità e l’omogeneità della prestazione: lo strumento, utile per l’istruttoria medico-legale del caso, rappresenta una check list strutturata con una serie di reminder;
  • Statistico-epidemiologica: la scheda consente di pervenire ad una rilevazione epidemiologica distribuita su tutto il territorio nazionale, con attenzione massima agli aspetti lavorativi e allo stato anteriore, ai sintomi riferiti, ai postumi e alla durata della inabilità temporanea assoluta;
  • Telemedicina: modalità sperimentale di lavoro agile per il personale sanitario, riempiendo spazi operativi di funzionalità con attività “non in presenza”;
  • Prevenzione: acquisizione di informazioni utili sull’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (DPI) e di altre misure personalizzate di natura prevenzionale.

"La scheda – chiarisce Rossi – è nata nel 2020 anche dall’esigenza di tracciare un preciso Identikit del lavoratore che ha contratto la malattia Covid-19 sulla base di una rilevazione acquisita direttamente dall’infortunato, con puntualizzazioni degli aspetti lavorativi in concreto svolti, senza derivare le informazioni da categorizzazioni generali statistico-attuariali (mezzo di trasporto utilizzato per gli spostamenti lavorativi, luogo di lavoro e attività svolta in concreto al momento del contagio, utilizzo di dispositivi di protezione individuale, dato epidemiologico familiare e aziendale, sintomatologia riferita, accesso in Ospedale, modalità di conferma diagnostica, durata media del periodo di inabilità temporanea assoluta). L’analisi dei risultati ha consentito di tracciare un preciso identikit dell’infortunato da Covid-19″:

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L'impatto del Long Covid sul comparto produttivo italiano

Per quanto riguarda la ricaduta in termini economici del Long Covid sul comparto produttivo italiano, Rossi spiega che "al riguardo ci si può rifare alle stime dell’Inail generali sul danno economico causato da infortuni e malattie professionali. Nel 2007 esso è risultato pari a quasi 48 miliardi di euro, ovvero più del 3% del PIL secondo i dati dell'Andamento degli infortuni sul lavoro (Dati Inail, luglio 2011). Gli infortuni per contagio da nuovo Coronavirus – oltre al rilevante danno per malattie e per decessi di lavoratori – hanno sostenuto gran parte di tale danno economico dall’inizio della pandemia". In altre parole, ha spiegato Rossi, nell'anno 2020, caratterizzato dall'avvento del Covid, per gli infortuni professionali, che si sono mantenuti stabili, il costo che questi hanno apportato è lo stesso di quello che avrebbero apportato altri tipi di infortunio.

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