Il legame con Giulia Cecchettin, l’omicidio, lo psicologo: l’intero interrogatorio di Filippo Turetta
È il primo dicembre 2023, siamo a Verona, nel carcere di Montorio, ed è il giorno in cui Filippo Turetta, classe 2001, difeso dagli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, compare davanti al pubblico ministero Andrea Petroni per la prima volta dopo l’omicidio della sua ex fidanzata, la 22enne di Vigonovo Giulia Cecchettin.
Quel giorno Turetta – per il femminicidio che ha confessato andrà a processo il prossimo 23 settembre – deciderà di parlare e ammettere le sue responsabilità per la morte di Giulia. Ripercorriamo dall’inizio quella giornata e il racconto che il giovane indagato, attualmente in carcere a Verona, ha fatto alla presenza dei suoi avvocati.
Cosa ha detto Filippo Turetta nell'interrogatorio del 1 dicembre 2023
Filippo Turetta inizia a rispondere alle prime domande personali, parla della situazione familiare e degli studi in Ingegneria biomedica a Padova (la stessa facoltà della vittima). Dice poi che "intende rispondere" durante l’interrogatorio e chiarisce subito di essere "responsabile" e "colpevole" per l’omicidio Cecchettin.
A quel punto il pubblico ministero inizia con chiedere quali erano i suoi rapporti con la vittima, come l’aveva conosciuta e che tipo di evoluzione aveva avuto il rapporto. E così Turetta parla dell’università, dove si sono conosciuti, e poi del fidanzamento nel gennaio 2022: "Ci vedevamo tutti i giorni, abbiamo sempre avuto un bellissimo rapporto, eravamo sempre insieme per quasi tutti i giorni dei successivi due anni, ecco, c’era stata una mini crisi che avevamo avuto nel marzo 2023, che era durata un paio di settimane, ma poi…in cui mi aveva lasciato ma poi, dopo due settimane, eravamo tornati insieme, ecco, magari risolvendo certi problemi e tornando anche insieme più rilassati e meglio di prima".
Quindi le risposte sui loro litigi, anche per l’università, gli insulti e le "minacce" di suicidio di lui. La versione di Turetta è che, anche quando non stava più con Giulia, i due continuavano a vedersi e sentirsi praticamente ogni giorno e che continuavano ad avere quello che lui definisce "un bellissimo rapporto". Nega particolari problemi prima dell’11 novembre, dice solo che "avevamo iniziato a scriverci un po’ meno, lei mi aveva fatto presente che dovevo dedicarmi di più alla mia vita perché la stavo buttando via".
Nei giorni immediatamente precedenti all’omicidio, Turetta aveva accompagnato Giulia Cecchettin in un bar per organizzare la sua festa di laurea (la giovane vittima avrebbe dovuto discutere la sua tesi pochi giorni dopo il delitto).
L'ultima sera insieme al centro commerciale
Si arriva alla sera dell'11 novembre, l’ultima trascorsa insieme al centro commerciale Nave de Vero, a Marghera. Turetta racconta di aver avuto dei regali da dare a Cecchettin, ma che lei ha rifiutato. Tra questi il libro "Anche i mostri si lavano i denti", trovato poco distante dal corpo senza vita della ragazza abbandonato nei pressi del lago di Barcis.
Cenano al centro commerciale e vanno via verso le 23. Poi inizia la discussione. Giulia dice a Filippo che è "invadente", "appiccicoso". "Lei mi aveva rifiutato questo regalo e io magari continuavo a insistere per darglielo, avevamo iniziato a discutere, ad alterarci perché lei poi mi ha iniziato a parlare del fatto che dovevo smetterla di farle regali, di dedicarmi così tanto a lei, perché ero ancora troppo dipendente, troppo attaccato, troppo appiccicoso con lei dovevo… a lei non facevano più piacere i regali, anzi, le davano abbastanza fastidio e non voleva più, insomma, continuare con queste cose, e a vederci", dice Turetta. Che ammette di sapere che Giulia stava sentendo un altro ragazzo.
La lite in auto e l'omicidio di Giulia Cecchettin
"Le urlavo che non era giusto, che non… non doveva essere così, che io avevo bisogno vitale di lei, del nostro rapporto". Ma lei non voleva tornare con lui. Inizia così l’aggressione mortale. "Ero molto arrabbiato. Prima di uscire anche io ho preso un coltello dalla parte posteriore del sedile del guidatore". "L'ho rincorsa, l'ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava: ‘Aiuto' ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio. Mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo. L'ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva, ha sbattuto la testa. L'ho caricata sul sedile posteriore".
E ancora, dice davanti al pm di aver colpito più volte Giulia. "Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia. Mi ricordo che era rivolta all’insù verso di me. Si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo. L'ultima coltellata che le ho dato era sull’occhio". Carica di nuovo la ragazza in auto e inizia la sua fuga verso il lago di Barcis dove abbandonerà il cadavere della ragazza prima di scappare verso la Germania, dove poi dopo giorni verrà arrestato.
Nel corso dell’interrogatorio Turetta ha tentato di giustificare il “kit” per l’omicidio. In auto il giovane aveva nastro adesivo, coltelli, sacchi neri, cose che a suo dire erano lì "per ogni evenienza". Se nella sua Fiat Punto aveva coltelli da cucina è perché, dice, aveva avuto "pensieri suicidi". Mentre lo scotch con cui ha tentato di tappare la bocca all'ex fidanzata dice che intendeva utilizzarlo "per la festa di laurea di Giulia, per attaccare il papiro, i volantini". Elementi che invece, secondo la Procura di Venezia, vanno a supporto della premeditazione dell'omicidio della studentessa di Vigonovo.
"I miei amici sapevano che tenevo molte cose in macchina, ma non credo sapessero dei coltelli", risponde così a una domanda del pm. In un altro momento dell'interrogatorio, la contestazione del pm ha riguardato gli "istinti suicidi" di cui Turetta si era detto perseguitato anche dopo la morte di Giulia, durante la sua fuga verso la Germania. Due cose, l'idea di togliersi la vita, e contemporaneamente nascondere il cadavere per non farlo trovare, che secondo il magistrato "non viaggiano su binari paralleli". "Se uno si vuole suicidare, liberarsi del corpo sarebbe apparentemente l’ultimo dei problemi", dice il pm.
La fuga in Germania e l'arresto
Durante il lungo interrogatorio Turetta ha anche spiegato di essersi disfatto del cellulare di Giulia subito dopo aver lasciato la zona industriale di Fossò, sabato notte, buttandolo in un fossato assieme al coltello dell'omicidio e al suo tablet. "Ho gettato il coltello, il suo telefono, e il tablet mio non molto dopo Fossò, in un piccolo fossato di una strada laterale". Il computer di Giulia, invece, "l'ho messo fuori dalla macchina, in una strada di Aviano".
Turetta parla della fuga in auto, dell’arrivo in Germania, di come ha vissuto quei giorni mangiando solo qualcosa che aveva con sé in auto. Dei soldi spesi per fare benzina e che aveva finito poi quando è stato arrestato. E dell’arresto arrivato quando, dopo aver cercato notizie su internet "per trovare il coraggio" di uccidersi, ha visto i genitori che speravano in un suo ritorno e questo lo avrebbe spinto a cambiare idea.
Il rapporto tra Turetta ed Elena Cecchettin e i colloqui con lo psicologo
Davanti al pm, Filippo Turetta parla anche dei suoi rapporti con Elena Cecchettin, la sorella di Giulia: "Non avevamo molto rapporto. Lei era un po' una persona un po' difficile, poi lo sentivo che fin dall'inizio che non le ero mai piaciuto". "C'era un motivo particolare?”, domanda il magistrato. "Uhm non lo so, penso un po' perché lei magari era molto protettiva nei confronti di sua sorella, quindi bastava anche solo una litigata che facessimo per farmi, tra virgolette, non vedere bene da lei".
E racconta anche di avere "accennato" a uno psicologo dei suoi "intenti autolesionistici". Allo psicologo "avevo riferito che stavo molto male, non avevo più voglia di fare niente". Quando il pm prova ad approfondire lui dice che sì, aveva "accennato" alla possibilità di farsi del male, pur senza parlare nei dettagli di questo. "In modo deciso e proprio dicendoglielo esplicitamente no. Magari gli avevo accennato che avevo avuto il pensiero che ci avevo pensato però". Il rapporto con lo psicologo non si era concluso, i due avrebbero dovuto vedersi poche settimane dopo il femminicidio.
Le parole dell'avvocato di Turetta
Al termine del lungo interrogatorio del primo dicembre 2023 l'avvocato Giovanni Caruso ha voluto mettere a verbale di avere spiegato al suo assistito che "la riparazione, il perdono, la richiesta di perdono sono cose serie, ammesso che il perdono possa mai essere concesso, e che oggi abbiamo semplicemente affrontato questioni tecniche, che la giustizia riparativa è una cosa seria, quindi dicendo: mi assumo la responsabilità che non ci siano speculazioni sul fatto che oggi Filippo non dica nulla in proposito".