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Il lavoratore può guardare film porno durante la pausa pranzo. Lo dice la Cassazione

E’ stato respinto il ricorso della Fiat contro il reintegro di un operaio di Termini Imerese che impiegava l’intervallo a guardare film hard. “Non lo ha fatto durante l’orario di lavoro” hanno spiegato i giudici della Suprema Corte, disponendo per l’uomo anche un’indennità pari ai giorni totali dall’allontanamento al ritorno in sede.
A cura di B. C.
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Il dipendente che durante la pausa pranzo è sorpreso a guardare un video pornografico non deve essere licenziato. Lo ha stabilito la Cassazione respingendo il ricorso della Fiat, in cui si chiedeva l’espulsione per un operaio dello stabilimento di Termini Imerese che aveva ammesso di aver visto pellicole a luci rosse durante l'interruzione dell’orario di lavoro.

La storia risale al 7 luglio 2010, quando il licenziamento dell'operaio era stato convalidato dal Tribunale di Termini. Ma la Corte d’appello di Palermo nel novembre 2011 aveva decretato l'illegittimità del provvedimento punitivo, stabilendo il rientro immediato alla Fiat Group Automobiles con tanto di indennità pari alla retribuzione globale dal giorno dell’allontanamento a quello della reintegrazione, oltre al versamento dei contributi previdenziali. Ma la società automobilistica si era opposta, rimarcando che il licenziamento era stato inflitto per giusta causa.

Quindi sulla vicenda ha dovuto esprimersi la Suprema Corte. Secondo la Fiat  "andava considerata la condotta tenuta dal lavoratore che, per prevenire le verifiche aziendali, controllava a mo di vedetta la presenza di personale nelle vicinanze del locale" utilizzato per la visione di film porno. Ma i giudici della Cassazione hanno confermato l'illegittimità del licenziamento inflitto al dipendente, ricordando che gli elementi raccolti contro il lavoratore non erano "sufficienti a fondare la certezza che durante l'orario di lavoro il dipendente si fosse dedicato alla visione dei filmati potendo, tutt'al più, alimentare il sospetto che ciò possa essere avvenuto che però non è idoneo a ritenere provato l'addebito".

Inoltre la Cassazione fa notare che "le asserite ammissioni del dipendente restavano circoscritte al fatto di avere visto lo scorcio di un filmato" pornografico "durante la pausa mensa. Circostanza certamente diversa dall'aver impiegato l'orario lavorativo in attività diverse dalla prestazione".

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