Il generale Masiello a Fanpage.it: “Cyberattacchi e IA, così l’Esercito si prepara alle guerre del futuro”
"È evidente che il mondo sia cambiato, quindi penso che ci sia la necessità che le Forze armate si adeguino. Sono fiducioso che il governo darà all'Esercito le risorse di cui ha bisogno per arrivare agli standard che sono richiesti. Il ritorno della leva obbligatoria? Difficile, ma andrebbe fatto un ragionamento su un esercito di tipo misto. Ci stiamo preparando a nuove sfide. Penso ad esempio alla guerra sotterranea, che era qualcosa su cui non eravamo pronti ma Gaza ci ha dimostrato che servono anche quelle capacità".
A parlare è Carmine Masiello, Generale di corpo d'Armata, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, che intervistato da Fanpage.it ha parlato delle nuove sfide dell'Esercito italiano, impegnato nella difesa della sicurezza dei cittadini ma anche al mantenimento della pace negli scenari di guerra, dall'Ucraina al Medio Oriente.
Generale Masiello, quanto l'Esercito investe nei giovani e cosa rappresentano i giovani per l'Esercito?
"Tutto. L'Esercito sta investendo nei giovani perché loro, secondo la mia visione, saranno i responsabili, i protagonisti del nostro cambiamento. Fin dal mio insediamento ho voluto che fosse chiaro questo messaggio: l'Esercito potrà cambiare solamente se tutti partecipano e sopratutto se partecipano i giovani. Perché quest'ultimi sono gli unici che hanno la capacità di intercettare rapidamente i cambiamenti. Per questo, li facciamo partecipare al processo decisionale. Questo è il mio obiettivo, che non è semplice in una organizzazione gerarchica perché ci sono tanti filtri. Prima che un'idea possa arrivare dal giovane fino al vertice dell'organizzazione richiede molto tempo. Quindi ho lanciato questo progetto, Distanza Zero, per cercare di unire il centro fino ai reparti in periferia in modo da dare a tutti, indipendentemente dal grado, la possibilità di esprimersi. Dico sempre che le idee non hanno gradi, possono venire da tutti. Stiamo lanciando anche un'altra iniziativa, Un caffè col capo, quindi ogni volta che potrò passerò qualche tempo al di fuori dei legami gerarchici con chi vorrà".
Per fare tutto questo c'è bisogno di investimenti. Secondo lei a che punto siamo in Italia e quanto la spesa dovrebbe aumentare per le Forze Armate?
"È evidente che il mondo sia cambiato, quindi penso che ci sia la necessità che anche le Forze armate si adeguino. Adeguarsi a nuovi scenari significa adeguarsi alle nuove tecnologie. Le tecnologie costano e bisogna fare investimenti in questo senso. La guerra in Ucraina, poi, ci ha dimostrato che ci vogliono tanti uomini, quindi anche su questo va fatta una riflessione, se i numeri che abbiamo sono sufficienti ad affrontare le sfide che si possono presentare all'orizzonte. Sono ovviamente dibattiti complessi su cui hanno vanno fatti ragionamenti di natura politica e tecnica".
Secondo lei allo stato attuale le risorse impiegate sono sufficienti a sviluppare questa sua idea di esercito del futuro?
"Sono sufficienti per lanciare l'idea. Abbiamo sviluppato alcuni progetti, alcuni a livello embrionale, altri sono più avanzati, ma sono fiducioso che il governo darà alle Forze armate le risorse di cui hanno bisogno per arrivare agli standard che sono richiesti".
Si parla spesso di ritorno alla leva obbligatoria. Anche in Parlamento è un argomento di discussione. Cosa ne pensa? La reintrodurrebbe?
"Io penso che la leva oggi sia difficile da reintrodurre, a parte che avrebbe dei costi che non riusciamo nemmeno a ipotizzare. Non abbiamo le caserme, che sono state tutte dismesse, quindi oggi abbiamo le caserme sufficienti per quelli che siamo. A questo va aggiunto il dimensionamento dei quadri, perché servono ufficiali e sottufficiali per addestrarli. Servono mezzi, quindi un investimento decisamente elevato. La leva per altro andrebbe tenuta per un numero di mesi che sarebbero veramente controproducenti nella formazione del singolo, cioè passare 10 mesi in un esercito tecnologico serve a poco, serve più tempo per addestrarsi. Però allo stesso tempo va fatto un ragionamento più ampio, perché ci sono degli incarichi che non devono necessariamente essere coperti da professionisti, perché richiedono skills e capacità tali da poter essere svolti anche da militari di leva. Quindi probabilmente andrebbe fatto un ragionamento su un esercito di tipo misto, come fanno anche altri Paesi. Il dibattito è in corso, ci sono confronti tecnici e politici e si arriverà ad una soluzione".
Ha nominato la guerra in Ucraina, che è solo uno dei tanti fronti caldi aperti al momento, pensiamo anche al Libano e a Gaza. Quale è l'impegno dell'Italia in questi territori?
"I nostri militari sono schierati con una funzione di deterrenza, di presenza, per aiutare a preservare la pace o condizioni di pace che esistono nei teatri operativi dove il governo decide di inviare i nostri militari. Pensiamo per esempio a quelli che abbiamo su tutto il fianco Est, in Bulgaria, Lettonia, Ungheria. Abbiamo militari in Libano in questo momento, che è un teatro particolarmente critico, c'è molta tensione. Abbiamo militari in Africa, in Niger, nel Corno d'Africa, sempre per preservare la pace. Non sono lì per combattere ma sicuramente li addestriamo per questo scopo. Sono sempre pronti per l'evenienza che nessuno vuole succeda mai. I primi a non volere la guerra sono i militari".
Nelle nuove guerre vengono impiegati droni, intelligence informatica, cyberattacchi. Quale è il vostro contributo?
"Ci sono nuovi modelli di combattimento. Se guardiamo all'Ucraina, è un mix tra la Prima guerra mondiale, quindi guerra di trincea, con campi minati e fili spinati, e guerra del futuro, con droni, intelligenza artificiale e disinformazione, con la mente che diventa un vero e proprio campo di battaglia. Ecco, noi siamo preparati e ci stiamo preparando a nuove sfide. Penso ad esempio alla guerra sotterranea che era qualcosa su cui non eravamo pronti ma Gaza ci ha dimostrato che servono anche quelle capacità. Siamo preparati alla guerra anche cibernetica e studiamo la disinformazione, perché anche per noi è un problema, non riguarda solo l'opinione pubblica".
Siamo abituati a vedere i militari anche attivi nelle nostre città, pensiamo a Strade sicure, o per grossi eventi in cui sono stati vicini alla popolazione…
"Per quanto riguarda l'operazione Strade Sicure per l'esercito ci sono 6635 soldati impegnati ogni giorno, ma c'è anche Stazioni sicure, con i nostri soldati impegnati nelle principali stazioni e che danno il loro contributo alla sicurezza. Ci sono poi militari pronti sempre a intervenire. Per dare una idea dei numeri, ci sono sempre più di mille uomini, circa 1250, che sono pronti in tutte le regioni a partire per un primo intervento se serve qualcosa. Sono stati evitati dei suicidi, sono state salvate persone derubate o che hanno avuto incidenti".
Oggi un giovane perché dovrebbe avvicinarsi alla carriera militare?
"Io penso che per avvicinarci alla carriera militare bisogna avere dei valori, mi piace dire un fuoco dentro che arde. C'è un po' un lato vocazionale nell'essere militare. Dobbiamo essere sempre convinti della vita che facciamo".